Egregi colleghi Infermieri, gruppi professionali, sindacati, ordini, associazioni,
Quante volte abbiamo sentito parlare di unione, o meglio della sua totale mancanza all’interno della nostra categoria?
Da decenni, l’atteggiamento dominante sembra essere quello dell’abbandono ad uno stato di cose che appare immutabile: “Tanto non cambierà mai nulla”.
Forse è giunto il momento di chiederci se e quanto si sia provato davvero a cambiare le cose!
Come si può intravedere, la nostra professione ad oggi viene rappresentata da una miriade di gruppi, da diversi sindacati e da una federazione. Saremo troppi? Forse. Io dico che il punto focale non è la quantità, ma la forma che si vuole dare a tutte queste rappresentanze. Tanti ma uniti: questa è la forma corretta.
Non è così e lo sappiamo benissimo.
La realtà è una: “Siamo troppo divisi su numerosi temi simili.”
Nessuno vuole il demansionamento della nobile professione che svolgiamo, e tutti chiediamo considerazione e rispetto per il nostro ruolo. In altre parole, tutti vogliamo le stesse cose!
Vi chiedo quindi, quanto abbia senso creare egoistiche lotte individuali di fronte ad un’idea condivisa da varie fazioni, come se questa dovesse obbligatoriamente avere un marchio di proprietà.
E tutto questo quando magari si grida apertamente alla libertà di pensiero, mentre dietro le quinte si continua a coltivare una forte chiusura ideologica.
“Proclamo ad alta voce la libertà di pensiero e muoia chi non la pensa come me”, disse Voltaire.
Impossibile unire e rappresentare 450.000 infermieri in un unico organismo; la storia ce lo insegna. Si tratta di un’utopia e per realizzarla come minimo si dovrebbe cambiare la coscienza di migliaia e migliaia di colleghi, indirizzandoli verso la GIUSTA associazione, il GIUSTO sindacato, la GIUSTA organizzazione .
Il punto è: chi decide dove sta il giusto? Chi potrebbe porsi sopra le parti e con quale diritto? In nome di quale purezza?
Spesso un’opinione viene contraddetta più per il tono con cui viene espressa o l’antipatia per chi la esprime, che per il suo contenuto. Quale dunque dovrebbe essere il reale metro di giudizio condiviso?
Se volessimo trovare il male all’interno della nostra professione, lo troveremmo in questo concetto appena espresso.
Colleghi, noi rappresentiamo una professione intellettuale in grado di poter ragionare in maniera autonoma. Il GIUSTO diventa soggettivo e arrivare ad una buona rappresentanza sindacale o politica, nelle condizioni in cui siamo, non basta.
Serviranno decenni, forse anche più e non abbiamo tutto questo tempo.
TEMPORA MUTANTUR, NOS ET MUTAMUR IN ILLIS.
I tempi cambiano, e noi cambiamo con essi.
Il cambiamento è ora e possiamo farlo solo insieme. Mettendo da parte i simboli, i marchi, i copyright ideologici; ponendo sul medesimo tavolo i temi, le azioni, le idee da condividere, lottando e morendo uniti per difendere i nostri diritti.
Mi duole dirlo ma credo che chi intenda lottare individualmente – consapevole come già detto che la rappresentanza arriverà tra decenni o forse mai – persegue in realtà scopi prettamente personali, di partito.
La collaborazione è doverosa, poiché solo insieme saremo una forza. Siamo l’esercito che abbiamo sempre voluto, che auspichiamo da tempo immemore.
Come può esistere un conflitto tra due fazioni diverse, ma che perseguono gli stessi obiettivi? L’idea adesso è comune, tutti la pensiamo allo stesso modo. Quale motivo abbiamo per mancare all’appello?
Dovrà terminare il tempo dell’egoismo, dovrà terminare il tempo delle lotte interne. Sarà troppo tardi quando lo capiremo?
Abbiamo altri motivi per alimentare la divisione?
Fatevi avanti. Forza.
Dott. Giuseppe Piazza, Presidente di Infermieri In Cambiamento.
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