È fatto di divieto assoluto la consolidata tendenza alle foto in divisa oppure al riprendere atti e procedure su pazienti
Costituirebbe reato e configurerebbe un contravvenire a disposizioni deontologiche del professionista sanitario.
Stop all’abbandonarsi a selfie ed autoscatti con la divisa in quanto, l’atto, ne minerebbe l’immagine dell’intera famiglia professionale.
Lo scatto e/o la pubblicazione potrebbero diventare giusta causa di licenziamento.
Soprattutto se viene violata la privacy del paziente.
Nel Dicembre 2015 la President e Barbara Mangiacavalli durante una intervista sulla vicenda di selfie scattati durante un intervento chirurgico nel napoletano affermava che “Il nostro dovere è la difesa e la tutela dei pazienti”.
Quindi oltre alla violazione del concetto di privacy si potrebbero configurare altri illeciti. Talvolta è l’ingenuità, talvolta si è consapevoli perché ben informati sulle norme.
Difatti una condivisione su un social di massa comporterebbe la diffusione di dati sensibili (tanto di Colleghi quanto di pazienti) e a tal proposito si richiama il sonoro monito Il D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 che all’art. 15 del suddetto Codice della Privacy richiama in tutto e per tutto la disciplina civilistica in materia di risarcimento del danno da illecito (art. 2050 c.c., assimilando la disciplina del trattamento dei dati personali a quella dello svolgimento di attività pericolose).
Gli illeciti penali invece sono previsti dagli articoli 167-172 del Codice della Privacy. In particolare, è punito con la reclusione da 6 a 18 mesi, il trattamento illecito di dati personali (ovvero in violazione del Codice della Privacy) da cui derivi nocumento al titolare degli stessi, ovvero con la reclusione da 6 a 24 mesi, la comunicazione o diffusione di dati illecitamente trattati, indipendentemente dal potenziale danno che derivi a terzi. Entrambe le fattispecie di reato presuppongono il dolo specifico nonché un preventivo trattamento dei dati personali, effettuato però in violazione delle disposizioni contenute negli articoli 18, 19, 23, 123, 126 e 130 del Codice della Privacy.
Con la condotta (presumibilmente goliardica!) si potrebbe logorare anche il rapporto Infermiere/Cittadino, già precario e caratterizzato da una lotta dell’infermiere per delineare la sua nuova identità professionale e le sue nuove competenze in ragione a titoli di studio e formazione continua.
Non per ultimo il richiamo al Codice Deontologico (all’art.42 sancisce che l’Infermiere: ”… tutela la dignità propria e dei colleghi, attraverso comportamenti ispirati al rispetto e alla solidarietà.”) e ai profili di decadimento etico…
CALABRESE MICHELE
FONTE:
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