Infermieri

“Io, infermiera 24enne, in cura dall’analista dopo un anno di precariato e di demansionamento”

Riportiamo qui, per intero, la testimonianza di una infermiera di Roma. Una lettera dura, disperata, scritta per sfogarsi, per non sentirsi sola e per raccontare circa le reali condizioni lavorative cui sono costretti moltissimi infermieri italiani

Riportiamo qui, per intero, la testimonianza di una infermiera di Roma. Una lettera dura, disperata, scritta per sfogarsi, per non sentirsi sola e per raccontare circa le reali condizioni lavorative cui sono costretti moltissimi infermieri italiani

“Caro Alessio,

Sono una tua collega di Roma, laureatasi un anno fa e che da altrettanto tempo sta combattendo con il sistema lavorativo del nostro ambito. Appena laureata ho lavorato un mese in una Rsa, scontrandomi con una realtà allucinante in cui mi mettevano in mano la scopa e il mocio e dovevo pulire insieme ai colleghi tutta la struttura, gestita da due Oss.

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Purtroppo ho dovuto accettare una cosa di questo genere perché avevo bisogno di lavorare, ma ho resistito solo un mese in quelle condizioni allucinanti. Dopodiché ho cominciato a lavorare con varie cooperative e con alcune ho interrotto subito il rapporto di lavoro perché mi mandavano a fare la badante a casa delle persone, dovevo anche cucinare e stare zitta e ringraziare per il posto favoloso che mi avevano proposto.  Ovviamente ho chiuso dopo poco i rapporti con questa gente.

Ho lavorato poi in aiuto della Croce Rossa, come presidio fisso per lo Stadio Olimpico ed altri eventi sportivi, pagata pochissimo, ma ‘almeno è lavoro’, mi dicevo. Ho lavorato in assistenza domiciliare sempre per altre cooperative, sempre per assistenze di ‘badantismo’ più che infermieristiche. Finalmente la svolta,  dopo mesi e mesi di frustrazione, mi presero in ospedale tramite una cooperativa, ma ovviamente dopo un mese suddetta coop perse l’appalto e venimmo tutti licenziati.

Qualche giorno fa poi mi contatta tramite email una clinica riabilitativa del nord Italia, in Liguria, dicendomi se dall’oggi al domani ero disposta a trasferirmi; così, senza pensarci due volte, ho organizzato la partenza e sono arrivata in Liguria, stanca per le 9 ore di treno, ma piena di speranze. Mi avevano detto che questa clinica aveva anche vari reparti e che avrei lavorato nei reparti di gastroenterologia, medicina… arrivo li ed in realtà il posto era un Rsa camuffata da clinica riabilitativa.

I reparti non esistevano e soprattutto volevano che sia io che un’altra ragazza adescata da Napoli con la promessa di lavorare in camera operatoria, dormissimo in stanze accanto a quelle dei pazienti. Ci avevano messo anche i turni spezzati così che non avremmo avuto modo di uscire da questa sottospecie di struttura carceraria. Al mio rifiuto di lavorare in questo posto, in quelle condizioni, mi sono trovata in mezzo ad una strada alle 9 di sera. Il giorno dopo ho dovuto riprendere il treno per tornare a casa.

Adesso mi sento davvero demoralizzata

. Ho preso già un appuntamento e martedì prossimo andrò da uno psicologo. E pensare che ho solo 24 anni… Sono demoralizzata perché in molti mi dicono che dovrei accettare tutto questo e  conviverci, accettare di lavorare in posti che secondo me andrebbero chiusi, malpagata e soprattutto in veste da OSS.

Un altro lavoro che mi hanno proposto è stato per uno studio infermieristico, dove tuttora cercano un infermiere che lavori sia allo studio sia in assistenza domiciliare, tutto il giorno, tutti i giorni, spostandosi con il mezzo proprio da Albano laziale a Pomezia, Velletri e poi di nuovo Roma. Per (rullo di tamburi) 500 euro al mese, versati dalla garanzia giovani (VEDI) messa a disposizione dall’INPS.

La cosa che mi fa piangere è che chi mi ha proposto questa cosa era un’infermiera…ma come si fa?! Volevano che avessi a che fare anche con pazienti critici… Per 500 euro al mese! Di cui solo 200 mi sarebbero andate via solo di benzina! E mi hanno anche detto che non sarei dovuta andare a fare i concorsi pubblici, perché volevano una persona che stesse fissa lì da loro.

Adesso non so davvero cosa fare, caro Alessio…ho bisogno di lavorare e finirò anche io per mettere annunci simili a quelli che pubblichi (VEDI), con sofferenza, perché per me sarà un vero dolore. Ho studiato, ho fatto tanti corsi di formazione post laurea, mi sto per iscrivere al master in coordinamento…e per lavorare sarò costretta a propormi come badante.

Perdonami, mi sono dilungata troppo, ma ci tenevo a dire la mia, a sfogarmi con chi può capire quello di cui sto parlando. Ho mandato il curriculum per tornare a fare la cameriera o la commessa, almeno lavoro nel frattempo e mi occuperò di cose diverse dal mio ambito, per evitare le sofferenze del demansionamento.

Volevo solo sapere se secondo te  (perdonami il ‘tu) faccio bene a non accettare lavori del genere, nonostante io non abbia l’appoggio di nessuno in questa mia scelta. ‘Non esiste il lavoro perfetto’ dicono, ‘il lavoro è pur sempre lavoro’.

Grazie per l’attenzione,

Marta”

Cara Marta… Oltre che privatamente, scrivo anche qui la mia risposta per te; così che anche molti altri colleghi nella tua stessa situazione (che anche io conosco molto bene, VEDI), che sono tantissimi, trovino il coraggio di agire: oltre che non accettare certe condizioni aberranti, è di vitale importanza segnalare e denunciare! Sempre e comunque!

Lo dice il codice deontologico dell’infermiere!

L’Ordine di Roma, ad esempio, garantisce l’anonimato ai propri iscritti (VEDI)… Fattici una chiacchierata.

 

Alessio Biondino

Redazione Nurse Times

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