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Incendio nella Rsa di Milano: un infermiere e 5 oss per 173 ospiti

I dipendenti lamentavano da tempo la mancanza di personale e si erano anche rivolti ai sindacati. Per la Proges, società che gestisce la struttura, il numero degli operatori presenti era quello previsto per legge. Polemiche sulla probabile causa dell’incendio (una sigaretta)

Un infermiere e cinque oss per 173 ospiti. Questo il numero di sanitari al lavoro nella residenza Casa per Coniugi di Milano, divenuta tristemente nota per l’incendio che nella notte di venerdì ha provocato la morte di sei persone, oltre a 81 feriti, di cui due gravi. Non c’era nessun medico in servizio. Due camici bianchi si erano dimessi nei mesi scorsi, ma non ne era stato ancora assunto uno in sostituzione.

Due delle vittime, le occupanti della stanza 605, in cui si è sviluppato l’incendio, erano donne di 69 e 87 anni, e sono morte carbonizzate. Le altre quattro, un uomo di 73 anni e tre donne di 75, 85 e 84, sarebbero decedute a causa dell’inalazione di fumo. Delle 81 persone portate in ospedale, due erano in codice rosso, 14 in codice giallo e il resto in codice verde.

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La dinamica dell’accaduto è ancora la vaglio degli inquirenti, ma si presume che a scatenare l’incendio sia stata una sigaretta non spenta. Le fiamme avrebbero prima raggiunto le lenzuola di un letto e poi una bombola per l’ossigeno, che successivamente sarebbe esplosa, come dimostrato dai frammenti ritrovati nella stanza. Le prime indagini hanno inoltre rilevato un malfunzionamento degli impianti per la rilevazione di fumo.

La conferma dei sospetti sulla causa dell’incendio arriverebbe dal ritrovamento di un pacchetto di sigarette nella stanza 605, sotto il corpo di una vittima. Ed è proprio sulle sigarette che la parente di uno degli ospiti lancia l’allarme. Isabella parla col Corriere della Sera mentre si trova all’ingresso della Rsa Virgilio Ferrari, dove il suo papà è ora ospitato,a soli 200 metri da quella andata a fuoco. La società che gestisce le due strutture è la stessa.

Proprio mentre parla con un giornalista vede consegnare a un signore alla reception un po’ di sigaretta. “Voi siete matti a dare sigarette a persone così fragili – esclama -. Non sono stupita di quanto è successo. Per me era scontato. Ho sempre detto che si sarebbe saltati in aria. Non sto dicendo che non dovessero essere date, ma che dovessero essere più controllati. Perlomeno che non lasciassero anziani incustoditi a fumare”.

Altre polemiche riguardano il funzionamento dei sistemi di sicurezza. “Avevo notato nelle camere i campanelli da suonare quando gli ospiti hanno bisogno di assistenza non funzionavano”. A rivelarlo è una dipendente della Rsa, che il giorno dell’incendio lei non era però presente: “Io lavoro qui, ma sono in malattia da più di un mese. Sono venuta a prendere le mie cose dopo l’incendio”. E aggiunge: “Ho sentito un giorno un addetto dell’antincendio che è venuto a fare la guardia perché non funzionava l’impianto. Quindi lo sapevo”.

Tornando al personale sanitario, da tempo lamentava di essere insufficiente per gestire la cura degli anziani, soprattutto durante i turni di notte. “In sei abbiamo salvato 170 persone”, hanno detto gli interessati. Una dipendente, per altro non di turno al momento dell’incendio, ha riferito all’Ansa: “Sono stata chiamata dalle reception verso le 3:30. La mia collega era disperata e, piangendo, mi chiedeva di venire a dare una mano”.

La stessa dipendente ha poi ribadito: “Eravamo troppo pochi in turno”. E ha aggiunto che da tempo si erano rivolti ai sindacati proprio per lamentare la mancanza di personale: “Abbiamo fatto una riunione del sindacato perché anche noi abbiamo paura di accudire tanti ospiti la notte. La risposta della Rsa è stata che stavano provvedendo, di portare pazienza e che avrebbero sistemato”.

La società Proges, che gestisce la struttura ha fatto sapere che il numero degli operatori presenti nella struttura nella notte dell’incendio – un infermiere, cinque oss, il custode e l’addetto antincendio – era quello previsto per legge. Inoltre ha tenuto a precisare che l’obbligo è di reperibilità, non di presenza, e che un medico era correttamente reperibile.

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