Il trattamento retributivo delle festività infrasettimanali dell’infermiere ospedaliero.

Il 17 dicembre 2012, il collega Mauro Di Fresco, pubblicò sul quotidiano giuridico “Studio Cataldi” quanto segue, a  dimostrazione che l’esegesi sulla questione che oggi ha accolto la Cassazione, era già stata risolta 8 anni  prima dal fondatore dell’Associazione Avvocatura Degli Infermieri, mentre tutti, all’epoca, erano contrari.  

Purtroppo, nessun infermiere chiese di perorare una causa del genere.  

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L’entità e la modalità di calcolo del pagamento delle festività infrasettimanali lavorate, hanno causato molte polemiche  giuridiche e, soprattutto, contrattuali, che hanno visto contrapposte due fazioni agguerrite (per ovvi motivi economici):  l’infermiere, che pretende il pagamento delle festività infrasettimanali in tutte le fattispecie lavorate, e il datore di lavoro  che, diversamente, protende per un pagamento applicato solo in determinate situazioni.  

Il primo gennaio di ogni anno, il 06 gennaio (Epifania), il lunedì dopo Pasqua, il 15 agosto (Assunzione della beata  vergine Maria), il primo novembre (Ognissanti), l’08 dicembre (Immacolata Concezione), il 25 dicembre (Natale) e il 26  dicembre (oltre il giorno festivo previsto dalla contrattazione in cui ricorre il santo Patrono del comune in cui insiste la  sede di lavoro come il 29 giugno a Roma per i santi Apostoli san Pietro e Paolo), sono tutte festività infrasettimanali.  Il 25 aprile (anniversario della Liberazione), il primo maggio (festa del lavoro) e il 02 giugno (fondazione della  Repubblica) sono festività nazionali.  

Ebbene non vi è alcuna differenza tra le due tipologie festive se non che la legge ha disciplinato esclusivamente le festività  nazionali e non quelle infrasettimanali.  

Per cui, nel silenzio legislativo, le festività infrasettimanali sono state regolate dal contratto collettivo.  Quindi, mentre il lavoro svolto durante le festività nazionali è tuttora regolato dalla legge 31 marzo 1954 n. 90 (che ha  parzialmente novellato la vigente legge 27 maggio 1949 n. 260) il lavoro svolto durante le succitate festività  infrasettimanali è regolato, nel S.S.N., dall’art. 9 del C.C.N.L. Integrativo Comparto Sanità 20 settembre 2001 (che ha  novellato sia l’art. 20 del C.C.N.L. 01 settembre 1995 che l’art. 34 del C.C.N.L. 07 aprile 1999). 

Le parti sociali hanno redatto l’art. 9 che non ha portato alcuna innovazione normativa; ha semplicemente disciplinato il  lavoro svolto durante le festività infrasettimanali esattamente come la legge n. 90/59 regola le festività nazionali. Infatti, la legge, per quanto interessa la figura dell’infermiere ospedaliero, recita: nelle festività nazionali “lo Stato, gli  Enti pubblici … sono tenuti a corrispondere ai lavoratori da essi dipendenti … la normale retribuzione globale di fatto  giornaliera compreso ogni elemento accessorio.

La normale retribuzione sopra indicata sarà determinata ragguagliandola a quella corrispondente ad un sesto dell’orario settimanale contrattuale o, in mancanza, a quello di legge (cioè se l’infermiere riposa il giorno di festa, la retribuzione mensile deve essere comunque corrisposta per intero ovvero non si computa nel monte ore il giorno di festa, non si detrae il giorno di festa, ma se i lavoratori) prestano la loro opera nelle suindicate festività, è dovuta, oltre la normale retribuzione globale di fatto giornaliera, compreso ogni  elemento accessorio, la retribuzione per le ore di lavoro effettivamente prestate, con la maggiorazione per il lavoro  festivo”.  

La legge dispone, quindi, che il giorno di festa lavorato deve essere normalmente retribuito oltre all’indennità festiva.  Di primo acchito sembrerebbe esserci una contraddizione: se l’infermiere non lavora deve essere corrisposta la normale  retribuzione, se lavora deve essere corrisposta la normale retribuzione.  

In verità, nella prima eventualità deve essere corrisposta la normale retribuzione perché non si deve tener conto nel  computo mensile della giornata di festa.  

Nella seconda, invece, si applica la stessa regola della prima cioè la retribuzione mensile deve essere normalmente  corrisposta (non si deve computare il giorno di festa in negativo) ma essendo stato lavorato, vanno aggiunte nel computo  mensile le ore prestate, per cui dette ore saranno nomenclate come straordinario festivo avendo, l’infermiere, lavorato oltre  l’orario mensile di base.  

La legge non prevede espressamente la voce “straordinario”, ma esso è la naturale conseguenza della logica giuridica  contabile.  

Se l’infermiere raggiunge le ore mensili previste (calcolate senza tener conto della festa infrasettimanale o nazionale) è  ovvio che le ore lavorate nel giorno di festa eccederanno quelle di base divenendo straordinarie e, per tali, dovranno essere  pagate.  

Difatti, il C.C.N.L. ha pragmatizzato, per le festività infrasettimanali, la regola legislativa scritta per le feste nazionali  chiamandolo, appunto, “straordinario”.  

La legge continua: “Qualora la festività ricorra nel giorno di domenica, spetterà ai lavoratori stessi, oltre la normale  retribuzione globale di fatto giornaliera, compreso ogni elemento accessorio, anche una ulteriore retribuzione  corrispondente all’aliquota giornaliera”. 

Se il giorno festivo cade di domenica, non spetterà lo straordinario festivo, ma l’indennità festiva giornaliera perché il  legislatore, quando usa la locuzione “spetta la normale retribuzione globale di fatto giornaliera” intende dire che va  corrisposta la retribuzione mensile senza scomputi. – Suprema Corte di Cassazione, 16.02.2004 n. 2918; 26.03.2004 n.  6112; 02.09.2004 n. 17764.  

Difatti se si analizza la legge n. 90/59, si noterà che se non si lavora la festa nazionale, verrà corrisposta la  retribuzione giornaliera, se invece si lavora, verrà corrisposta oltre la retribuzione giornaliera anche lo straordinario.  In realtà l’infermiere, nel secondo caso, non percepirà nella busta paga due voci separate (retribuzione ordinaria e  retribuzione straordinaria), ma solo quella straordinaria perché quella ordinaria è assorbita nella retribuzione  conglobata cioè quella che una volta veniva chiamata di base.  

Pertanto, l’esegesi qui esposta dimostra che la locuzione “spetta la normale retribuzione globale di fatto giornaliera” è da  intendersi quella conglobata sulla retribuzione di base.  

Ovviamente, in caso di lavoro domenicale che supera le ore contrattuali mensili, spetterà la  retribuzione straordinaria ordinaria e non festiva oltre l’indennità festiva ex art. 44, co. 12 del  C.C.N.L. Comparto sanità 01 settembre 1995 (mai abrogato).  

La regola è ancora confermata, oltre che dalla legge n. 90/1959, dall’art. 5 della legge 27 maggio 1949, n. 260.  La regola del primo caso, cioè dell’infermiere che non lavora nel giorno di festa (per cui viene corrisposta la normale  retribuzione mensile), si applica anche nel caso in cui l’infermiere/a, nel giorno di festa, risulti: in infortunio, in malattia,  in gravidanza, in puerperio, in assenza facoltativa seguente al puerperio, in congedo  matrimoniale, in ferie, in permesso e assenza per giustificati motivi, per riduzione dell’orario normale giornaliero o settimanale di lavoro, in sospensione dal lavoro o qualunque altra causa di sospensione indipendente dalla volontà del  lavoratore, in sospensione dal lavoro dovuta a riposo compensativo di lavoro domenicale, in sospensione dal lavoro  dovuta a coincidenza della festività con la domenica od altro giorno festivo considerato tale dai contratti collettivi,  compresa la celebrazione del Santo Patrono della località ove  si svolge il lavoro.  

L’art. 4 della legge n. 90/1959 dispone che tali regole non devono pregiudicare eventuali condizioni più favorevoli ai  lavoratori contenute nei contratti collettivi.  

Ritornando all’art. 9, co. 1 del C.C.N.L. Integrativo Comparto Sanità 20 settembre 2001, si deve  evidenziare che l’infermiere che lavora in un giorno festivo infrasettimanale, può decidere se farsi  retribuire o recuperare tale giornata lavorata.  

Se optasse per il pagamento, l’infermiere non dovrà presentare nessuna richiesta all’amministrazione e verrà corrisposta  la retribuzione straordinaria festiva (sempreché le ore mensili lavorate raggiungano le ore mensili di base), se, invece,  optasse per il recupero, godrà di un riposo compensativo, ma dovrà manifestare la propria scelta all’amministrazione  entro 30 giorni dalla festività lavorata (non verbalmente ma per iscritto, con data certa perché sull’infermiere ricade  l’onus probandi).  

Questo sistema temporale (silenzio = assenso di pagamento – richiesta entro 30 gg. = dissenso di pagamento per cui deve  scattare il recupero per evitare l’illecito datoriale del’ingiusta locupletazione e, per taluna giurisprudenza penale,  l’appropriazione indebita) tiene anche conto della prassi in uso nel S.S.N. che liquida le competenze straordinarie nella  busta paga del secondo mese successivo a quello di maturazione (diversamente sarebbe impossibile rispettare i termini).  

Così anche l’attività prestata in un giorno feriale non lavorativo (co. 2), a seguito di articolazione di lavoro su cinque  giorni, dà titolo, a richiesta del dipendente, a equivalente riposo compensativo o alla corresponsione del compenso per  lavoro straordinario non festivo, sempre secondo la regola della festività infrasettimanale (esempio di analogia legis).  Secondo lo scrivente, il sistema così pattuito deve essere riconsiderato perché francamente sbilanciato riguardo gli interessi  del lavoratore e quelli del datore.  

Se è posta dinanzi all’infermiere un’opzione, ciò significa che la scelta non dovrebbe basarsi su interessi squisitamente  economici, altrimenti si indurrebbe il prestatore di lavoro a scegliere per la prima indicazione con sacrificio della  seconda; ma su interessi pressoché simili, che producono simili vantaggi, altrimenti non si potrebbe parlare di opzione.  Atteso ciò, il riposo compensativo avvantaggia il datore di lavoro perché viene semplicemente eliminata la prestazione  lavorativa.  

Per meglio comprendere tale tesi, seguiamo l’iter logico del seguente schema:  

– lavoro > retribuzione = il datore di lavoro perde 6 ore di retribuzione straordinaria festiva + indennità festiva  giornaliera + retribuzione accessoria;  

– lavoro > riposo compensativo = il datore di lavoro perde solo 6 ore di retribuzione ordinaria.  Lo schema dimostra che vi è uno sbilanciamento del rapporto sinallagmatico che regola il contratto a prestazioni  corrispettive (come quello del Comparto Sanità) per cui se si dovesse ripristinare la legalità del principio della  prestazione corrispettiva, si dovrebbe eliminare lo scompenso apportando una retribuzione integrativa che ribilanci il  rapporto sinallagmatico (cioè tanto lavoro tanto devo essere retribuito, come stabilisce l’art. 36 della Costituzione),  ovvero: 

– lavoro > retribuzione = il datore di lavoro perde 6 ore di retribuzione straordinaria festiva + indennità festiva  giornaliera + retribuzione accessoria;  

– lavoro > riposo compensativo = il datore di lavoro perde solo 6 ore di retribuzione ordinaria per cui, a titolo di reale  compensazione (altrimenti il riposo non si chiamerebbe compensativo), dovrebbe corrispondere all’infermiere la differenza  tra le 6 ore straordinarie festive (che avrebbe dovuto pagare) e le 6 ore ordinarie in realtà pagate oltre l’indennità festiva  giornaliera in euro 17,82 (l’indennità festiva giornaliera è pari ad euro 17,82 come previsto dall’art. 25, co. 2 del  C.C.N.L. Comparto Sanità 19 aprile 2004 che ha rideterminato le vecchie 15,49 euro di cui all’art. 44, co. 12 del  C.C.N.L. 01 settembre 1995) se l’attività lavorativa è di durata superiore alla metà del turno o di euro 8,91 se è di  durata inferiore alla metà del turno ma almeno di due ore (art. 44, co. 12, C.C.N.L. 01.09.1995) oltre la retribuzione  accessoria (che, di norma, non viene mai corrisposta).  

In pratica (i valori sono riferibili all’Azienda Policlinico Umberto I di Roma), se l’infermiere optasse per la retribuzione,  l’ospedale verserebbe euro 17,03 X 6 ore = euro 102,18, le indennità giornaliere (indennità di sala operatoria, rischio,  ecc.), oltre euro 17,82 di indennità festiva; se l’infermiere decidesse per il riposo compensativo, l’ospedale verserebbe (di  

fatto, nulla in più, perché liquiderà la busta paga mensile) euro 11,63 X 6 = euro 69,80 ma non verserebbe né l’indennità  festiva né gli emolumenti accessori.  

Il vantaggio economico dell’ospedale, in caso di riposo compensativo, supera i 50 euro e questo spiega perché le aziende  ospedaliere tendono, in violazione di legge, a produrre circolari e disposizioni regolamentari affinché, con martellante  opera di convincimento, si induca subdolamente il personale sanitario a chiedere il riposo compensativo anziché il  pagamento degli straordinari.  

Tale problema è facilmente superabile con un ricorso per decreto ingiuntivo che rimando ad una mia pregressa specifica  trattazione.  

Ma le problematiche sulla tematica de qua riguardano anche il pagamento degli accessori che, di norma, non vengono  mai corrisposti in caso di riposo goduto durante la festività.  

Invece, come abbiamo visto, la legge prevede, oltre la normale retribuzione mensile senza alcun scomputo del giorno  festivo non lavorato, anche gli accessori cioè le diverse indennità che oggi costituiscono un importante apporto economico  alla busta paga dell’infermiere.  

Le regole appena viste si modificano in presenza di un infermiere turnista.  

Per esempio, in caso di ferie, se l’infermiere non è turnista, la giornata festiva infrasettimanale deve essere scomputata dal  periodo di ferie, ma se l’infermiere è turnista e nel giorno di festa infrasettimanale avrebbe dovuto lavorare, allora su  quel giorno deve spendersi le ferie cioè deve essere giustificato con le ferie (parere ARAN RAL 1076).

Tale interpretazione è opinabile ma fintantoché non verrà contestata in sede giudiziaria, giusta o  sbagliata che sia, questa è la regola che gli ospedali applicano.  

Parimenti lo stesso principio permette agli ospedali di non corrispondere lo straordinario festivo infrasettimanale ma solo  l’indennità festiva giornaliera agli infermieri turnisti se la festa infrasettimanale cade nella domenica che, secondo il  turno, deve essere lavorata. – Tribunale Brescia, 04.12.1996, est. Cassia; Suprema Corte di Cassazione, Sez. Lav., 09  aprile 2010 n. 8458.  

In questo caso eventuali straordinari verranno corrisposti in via ordinaria e non festiva o festiva notturna (cioè verrà  pagato il 15% della retribuzione oraria e non il 30% o il 50%).  

Interessante è la problematica prevista per gli infermieri di religione ebraica che riconoscono le proprie festività.  Ebbene un infermiere ebreo dipendente del S.S.N. dovrà sottostare alle regole appena viste perché imposte dalla legge e  dal C.C.N.L. alla totale ed indifferenziata massa di lavoratori, ma negli ospedali in cui vigono le regole ebraiche, il  principio giurisprudenziale di derivazione legislativa qui appena esaminato, esercita i propri effetti giuridici vincolando  il datore al pagamento di quanto stabilito dalla legge n. 90/1959 che, tra l’altro, si applica ad litteram legis anche ai  datori di lavoro privati.  

Tale legge è in combinato disposto con l’art. 4 della legge 8 marzo 1989, n. 101 che così dispone: Ai lavoratori ebrei è  concesso di osservare il riposo sabbatico che va da mezz’ora prima del tramonto del sole del venerdì ad un’ora dopo il  tramonto del sabato. Le ore lavorative non prestate il sabato verranno recuperate la domenica o in un altro giorno senza  alcun diritto al compenso per lavoro straordinario. 

L’art. 4 si applica anche alle festività infrasettimanali ebraiche: 2 giorni di capodanno (Rosh Hashanà), vigilia e  digiuno di espiazione (Kippur), 4 giorni di festa delle capanne (Succoth), festa della legge (Simhat Torà), 5 giorni di  Pasqua (Pesach), 2 giorni di Pentecoste (Shavuoth) e un giorno di digiuno.  

I giorni del mese vengono fissati e pubblicati annualmente nella Gazzetta Ufficiale.  

Nel panorama giurisprudenziale appaiono, raramente, delle sentenze opposte a quanto qui esaminato perché ritengono  che non si debbano differenziare, sul piano retributivo festivo infrasettimanale, gli infermieri turnisti da quelli a  settimana corta o lunga.  

Aldilà delle sentenze minoritarie, si cita spesso Cass. SS.UU. del 17 aprile 2007 n. 9097 che però è parafrasata a  sproposito in quanto non riguarda la materia sanitaria, bensì comunale, non esamina il merito ma, fondamentalmente, la 

questione di giurisdizione e, marginalmente, il discrimine tra l’indennità di turno (fondata sul disagio) e lo  straordinario del festivo infrasettimanale (che dai Comuni sono dichiarati non cumulabili), ma nulla dice in merito al  pagamento degli straordinari festivi che cadono nel turno di lavoro.  

Concludendo, l’unica azione che ritengo realmente costruttiva per meglio disciplinare la realtà lavorativa ospedaliera, è  quella di promuovere la modifica del C.C.N.L. (che le leggi succitate non impediscono) e prevedere una specifica clausola  risolutoria per gli infermieri turnisti.  

Diversamente dovremo ancora sottostare ai contraddittori pareri delle istituzioni che non potranno  mai comprendere effettivamente l’ambiente lavorativo dell’operatore sanitario. 

Autore: Prof. Dott. Mauro Di Fresco    

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