Il disgusto è da sempre un’arma contro infezioni e malattie

Una sensazione assai sgradevole, che proviamo spesso quando guardiamo, tocchiamo, annusiamo assaggiamo un alimento andato a male, o le sostanze espulse dal nostro organismo, o a quanto di più sporco e maleodorante ci si para davanti: trattasi del disgusto, che ci fa arricciare il naso e riempire la fronte di rughe, è qualcosa che diamo per scontato da sempre.

Ma che, in realtà, è una delle emozioni primarie alla base della sopravvivenza e dell’evoluzione della nostra specie, come paura, tristezza, gioia, rabbia e sorpresa.

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Così spiega Francesco Mancini, docente di psicologia clinica presso l’Università degli Studi Guglielmo Marconi di Roma, le cui parole sono state riportate da Focus: “Il disgusto ha avuto un’importante funzione evolutiva. È un meccanismo biologico che ci protegge dall’ingestione di sostan­ze tossiche e dannose, e si è evoluto nei nostri antenati proprio come strumento di difesa da malattie e infezioni.”

A livello neurofisiologico, la regione del nostro encefalo direttamente coinvolta in questa sensazione è l’insula, tanto che se a causa di un trauma quest’area viene danneggiata, la sgradevole emozione scompare, così come le sue espressio­ni facciali tipiche.

Ma oggi, in generale, il disgusto, è ancora così importante e ‘affidabile’ per la nostra salvaguardia? O tale emozione, col passare dei millenni, ha subito delle inevitabili contaminazioni culturali che hanno in qualche modo ‘confuso’ questa nostra innata emozione?

Mancini sottolinea come, nel tempo, ogni popolazione ha ‘eletto’ le proprie sostanze ripugnanti, soprattutto nell’alimentazione. Per noi occidentali, per esempio, è oggi rivoltante anche solo immaginare di mangiare insetti, mentre per le popolazioni asiatiche e africane è un costume normale.”

Alcuni studi di neuroimaging hanno addirittura dimostrato che il disgusto è contagioso e senza necessariamente venire a contatto con la sostanza ‘incriminata’. In uno di questi, condotto all’Istituto di neuropsicologia di Marsiglia (Francia) e pubblicato su Neuron, ad alcuni volonta­ri è stato fatto annusare un liquido male­odorante, mentre altre persone stavano a guardare. Ebbene: l’attività cerebrale di queste ultime, così come l’espressione che assu­meva il loro volto, erano assai simili a quelle tipiche di chi è disgustato.

E le donne sono più sensibili degli uomini, “forse perché questa emozione protegge non solo loro stesse, ma anche la prole” afferma Mancini.

Anche secondo l’antropologo evoluzionista all’Università della Cali­fornia di Los Angeles (Usa), Daniel Fessler, le femminucce sarebbero assai più ‘schizzignose’ e le nausee dei primi tre mesi di gra­vidanza non sarebbero altro che una estrema forma di protezione: in questo periodo, infatti, caratterizzato da un sistema immunitario meno efficace, per le donne sarebbe molto importante stare lontane da ciò che può causare infezioni e ma­lattie a loro stesse e al loro bambino.

Alessio Biondino

Redazione Nurse Times

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