Ictus e TIA: breve ciclo di doppia terapia antipiastrinica più efficace della sola aspirina per prevenire recidive

Questo il risultato di uno studio che include i dati di 21.459 pazienti.

Secondo una nuova metanalisi pubblicata online su Stroke, i pazienti trattati con doppia terapia antipiastrinica (DAPT) immediatamente dopo un ictus da lieve a moderato o un attacco ischemico transitorio (TIA) ad alto rischio hanno un rischio inferiore di eventi recidivanti rispetto a coloro ai quali è stata prescritta la sola aspirina. Lo studio include i dati di 21.459 pazienti di quattro studi randomizzati di confronto tra DAPT a breve termine (21-90 giorni) e aspirina da sola in questa popolazione: FASTER, CHANCE, POINT e THALES.

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“La monoterapia antipiastrinica non dovrebbe più essere lo standard di cura per questi pazienti”, affermano gli autori, guidati dal primo autore Kirtipal Bhatia, dell’Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York, sotto la supervisione dall’autore senior Arman Qamar, del NorthShore University Health System di Evanston. “Tutti questi pazienti, se il rischio di sanguinamento non è elevato, devono ricevere aspirina e un inibitore P2Y12, preferibilmente clopidogrel, per un periodo di 21 giorni e quindi passare alla monoterapia antipiastrinica”, sostengono.

La possibilità di attuare una medicina personalizzata – Rispetto alla sola aspirina, la DAPT fino a 3 mesi era associata a un minore rischio di ictus ricorrente (RR 0,76; IC al 95% 0,68-0,83), anche se con un rischio più elevato di sanguinamento maggiore (RR 2,22; IC al 95% 1,14-4,34) a un follow-up compreso dai 30 ai 90 giorni. Nel complesso i pazienti trattati con DAPT avevano minori rischi di eventi avversi cardiovascolari maggiori (MACE) (RR 0,76; IC al 95% 0,69-0,84) ed eventi ischemici ricorrenti (RR 0,74; IC al 95% 0,67-0,82) e non c’era differenza per ictus emorragico.

L’età media dei pazienti in tutti e quattro gli studi era di 62-68 anni, mentre la percentuale di pazienti di sesso femminile negli studi variava dal 3% al 47%. Questi risultati hanno implicazioni per il futuro della medicina personalizzata, secondo Qamar e colleghi, specificando che non tutti gli ictus e i TIA dovrebbero essere trattati allo stesso modo.

“Questa metanalisi convalida il fatto che, in questi pazienti, la monoterapia con aspirina non dovrebbe essere il trattamento di routine e che la maggior parte dei pazienti dovrebbe ricevere un breve ciclo di DAPT – precisano gli autori -. Generalmente, in questi studi era all’incirca da 21 a 90 giorni, ma un regime di 21 giorni appare ragionevole”. Il rischio più elevato di sanguinamento osservato con DAPT non deve essere ignorato, ma sembra essere guidato dall’uso di ticagrelor.

Mentre lo studio CHANCE-2 in corso potrebbe portare maggiore chiarezza su questo endpoint, gli autori al contempo sostengono che “incoraggerebbe i medici che si prendono cura di questi pazienti a intraprendere forse l’approccio CHANCE, che offre il giusto equilibrio con aspirina e clopidogrel per 21 giorni e poi monoterapia antipiastrinica”. E aggiungono: “Potrebbero essere quindi in grado di ottenere una significativa riduzione degli eventi ischemici senza un grande aumento del rischio di sanguinamento maggiore”.

Prospettive future – L’uso della funzione piastrinica o dei test genetici per guidare la scelta dell’inibitore P2Y12 potrebbe essere un’opzione per un’ulteriore personalizzazione in questa popolazione, ma la ricerca è limitata, scrivono Qamar e coautori. Peraltro i test farmacogenomici sono molto economici.

Il team di Qamar ha aggiunto che vorrebbe anche che gli studi futuri includessero una maggiore percentuale di pazienti di sesso femminile, nonché di soggetti con ictus cardioembolici o che necessitano di anticoagulazione e che hanno ricevuto una terapia trombolitica, tutte popolazioni spesso escluse dagli studi precedenti.

Elogi e critiche da un esperto del settore«La scelta è davvero chiara: la doppia terapia antipiastrinica è il farmaco giusto per questi pazienti», commenta S. Claiborne “Clay” Johnston, della Dell Medical School alla University of Texas di Austin, principal investigator per THALES.

Per quanto riguarda l’inibitore del P2Y12 da usare, non ci sono ancora dati sufficienti per supportare un concorrente di alto livello, sostiene: «Sia clopidogrel sia ticagrelor sono una scelta molto ragionevole insieme all’aspirina. La scelta non ragionevole è quella di trattare con un solo farmaco. Le preoccupazioni per l’emorragia non dovrebbero superare il beneficio. Quest’ultimo  è molto più forte del rischio, che guida davvero la necessità di trattare questi pazienti».

Johnston muove però una critica agli autori della metanalisi per il fatto di avere incluso solo i rischi relativi e non quelli assoluti, sottolineando che «la riduzione degli eventi ischemici è un po’ più grande dell’aumento del rischio di emorragia». Inoltre, prosegue, mentre gli autori dello studio parlano di DAPT su misura per i pazienti in base al loro rischio di ischemia o emorragia: «La realtà è che non sappiamo come personalizzarla. Non ci sono prove che l’età o il sesso o il peso o una storia di diabete o ipertensione o di una qualsiasi di queste cose consentano di scegliere un paziente che abbia maggiori probabilità di beneficiare della DAPT o minore probabilità di esserne danneggiato».

Riguardo ai test farmacogenomici, infine, Johnston si dice d’accordo con il team di Qamar sulle loro potenzialialità e in effetti afferma che il loro uso in CHANCE-2 potrebbe fornire ulteriori informazioni. Ma per ora, osserva, i risultati spesso arrivano troppo lentamente per poter essere utilizzati in termini pratici.

Redazione Nurse Times

Fonte: PharmaStar

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