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Ictus cerebrale, come l’integrazione territorio-ospedale riduce i tempi di intervento

Al Congresso nazionale SNO è stato presentato il “modello Toscana”. Il neurologo Gino Volpi: “Fondamentali le associazioni di soccorso per riconoscere i primi segnali di ictus”.

“La gestione della fase acuta di un ictus cerebrale è sempre più dipendente da una completa integrazione tra ospedale e territorio”. Ne è convinto il dottor Gino Volpi, direttore S.O.C. Neurologia e Neurofisiopatologia degli ospedali San Iacopo di Pistoia e SS Cosma e Damiano di Pescia (Azienda USL Toscana Centro), che ha parlato del “modello Toscana” nella gestione della fase acuta dell’ictus cerebrale nel corso del 62esimo Congresso Nazionale della SNO (Scienze Neurologiche Ospedaliere).

L’evento si è aperto ieri a Firenze ed è in programma fino al 30 settembre presso il Palazzo degli Affari. “Il recente significativo miglioramento dei tempi di intervento che si è registrato negli ultimi due anni in regione Toscana – ha detto il dottor Volpi – è stato raggiunto grazie alla comunicazione tra 118 e ospedale, prima che il paziente avesse raggiunto il pronto soccorso (prenotifica), e quindi trattamento del paziente subito spostato in sala TC e subito trattato con trombolisi venosa (door to needle time)”.

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Nel primo quadrimestre del 2023, infatti, in Toscana il 72% dei pazienti è arrivato con prenotifica in pronto soccorso, e di questi l’86% è stato poi trattato con tempi medi intorno ai 30 minuti, come stabilito dalla World Stroke Organization come gold standard, a significare che la prenotifica resta il “nodo essenziale” nel trattamento dell’ictus cerebrale sia ischemico sia emorragico.

“I tempi di trattamento del paziente, una volta raggiunto il pronto soccorso, sono governati da protocolli ormai definiti e collaudati sul modello ‘pit stop’ delle gare automobilistiche – ha proseguito il dottor Volpi -. Il nodo cruciale resta quindi la fase territoriale, cioè il pronto riconoscimento dei sintomi dell’ictus da parte del paziente e dei familiari, il pronto riconoscimento della patologia neurologica acuta da parte dei mezzi di soccorso che giungono sulla scena, la rapida comunicazione con la centrale del 118, il pronto invio del paziente e il contemporaneo contatto con il neurologo in pronto soccorso che è in grado, con i dati fornitigli telefonicamente, di contattare i familiari e predisporre il protocollo trattamento in TC all’arrivo del paziente”.

Secondo il neurologo, per un riconoscimento dei primi segnali dell’ictus cerebrale, è comunque necessaria una sempre più attiva campagna di informazione sul territorio rivolta alla popolazione, servendosi “anche di associazioni di volontariato, come A.L.I.Ce.”, sia di una “formazione continua alle associazioni di soccorso (come Misericordia e Croce Rossa) che per prime arrivano sulla scena e per prime identificano i segni dell’ictus”.

L’ictus, sia ischemico sia emorragico, è infatti una patologia tempo-dipendente e ogni minuto è “cervello salvato” sottolinea infine il dottor Volpi, che conclude: “Siamo impegnati con i responsabili dei 118 della Toscana in corsi di formazione continua alla numerosa platea delle associazioni di pronto soccorso, perché siamo convinti di poter migliorare ulteriormente i tempi di intervento e quindi anche ove necessario le centralizzazioni per trattamenti locoregionali di neuroradiologia interventistica”.

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