Sono circa 25mila i neonati prematuri che ogni anno vengono alla luce nel nostro Paese. Piccoli e fragilissimi, a volte con un peso inferiore ai 1.500 grammi, si affacciano alla vita e iniziano la loro sfida tra le quattro mura della terapia intensiva neonatale (TIN). Un percorso duro, a volte molto lungo, che i piccoli dovranno affrontare fuori dal grembo della mamma, ma con la fondamentale vicinanza dei genitori.
“Purtroppo, in alcuni casi, e mi riferisco a quello che sta succedendo nel conflitto Israele-Palestina, i gesti per tutelare i nostri neonati sono tutt’altro che semplici – afferma Luigi Orfeo, presidente della Società Italiana di Neonatologia (Sin) –. Sto pensando alle ultime notizie che abbiamo letto, che ci riferiscono la morte di sei neonati prematuri all’ospedale di Al Shifa e l’impossibilità per le Terapie Intensive Neonatali (TIN) di funzionare a causa della mancanza di elettricità. Tutte le guerre sono terrificanti, ma non si dovrebbe mai arrivare al punto di coinvolgere i civili e soprattutto di colpire bambini e neonati”.
L’intera comunità può e deve essere coinvolta. Gesti piccoli e semplici sono alla portata di tutti: degli operatori e dei genitori, ma anche degli amministratori e dei decisori. Fondamentale è coinvolgere anche le amministrazioni degli ospedali e le direzioni sanitarie, affinché sia abbattuta la prima e più alta barriera tra un neonato prematuro e la sua famiglia. La porta della TIN, che dovrebbe essere aperta h24, cosa che invece, purtroppo, non avviene ancora in tutti i reparti del nostro Paese.
“Evidenze scientifiche dimostrano come facilitare l’intervento di mamma e papà contribuisca alla riduzione dello stress e dell’ansia nei genitori e al miglioramento di diversi outcome per il bambino – continua Orfeo –. Tra questi la riduzione della retinopatia della prematurità e della durata della degenza, l’aumento della velocità di crescita, l’aumento dell’allattamento al seno e migliori punteggi nelle scale che valutano lo sviluppo neurocomportamentale”.
Un’evoluzione qualitativa della FCC è la Family Integrated Care (FICare), che sostiene la piena integrazione delle famiglie nella cura dei loro bambini in TIN, attraverso un quadro completo di interventi con quattro pilastri principali: l’ambiente, progettato o adattato per sostenere la partecipazione attiva h24; l’educazione ed il supporto dell’equipe della TIN, in particolare nell’opera di coinvolgimento e sostegno dei genitori ad essere caregiver primari per il loro bambino; l’educazione/supporto psicologico dei genitori, attraverso percorsi di sostegno strutturatianche tra pari,con la presenza di genitori senior opportunamente formati; la partecipazione attiva dei genitori a tutte le attività di reparto.
La protezione dell’ambiente sensoriale e il coinvolgimento precoce dei genitori rappresentano,quindi,i punti chiave per migliorare gli outcome in TIN. Lo mostra un recente lavoro che riporta i risultati di un progetto di miglioramento volto a ridurre del 50%, in tre anni, l’incidenza della emorragia ventricolare di grado elevato (sIVH) in neonati di peso inferiore a 1.000 grammi (ELBW).
“Ancora oggi, nonostante le numerose evidenze scientifiche, nella maggior parte delle TIN italiane, manca una visione del ruolo essenziale delle famiglie come parte integrante dell’esperienza assistenziale – spiega il presidente dei neonatologi –. Riteniamo che il ruolo della Sin, in stretta collaborazione con le associazioni dei genitori, sia fondamentale per proporre percorsi formativi e supporti organizzativi per l’implementazione delle cure centrate sulla famiglia e per il conseguente miglioramento qualitativo dei nostri reparti. Un piccolo gesto che può sicuramente portare grandi risultati”.
Redazopne Nurse Times
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