Infermiere e rischio Infettivo

Gestione del catetere vescicale, le evidenze per la pratica infermieristica

Alcune delle ultime revisioni sistematiche pubblicate dalla Cochrane Collaboration,  confermano che la “confusione” rispetto ad un tema, apparentemente scontato, come quello della gestione del catetere vescicale continua a permanere

Alcune delle ultime revisioni sistematiche pubblicate dalla Cochrane Collaboration,  confermano che la “confusione” rispetto ad un tema, apparentemente scontato, come quello della gestione del catetere vescicale continua a permanere

Le domande che si pongono i professionisti dell’assistenza sono molteplici.

La sostituzione del catetere è una tecnica pulita o asettica?

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La clorexidina è superiore alla soluzione salina per la pulizia del meato uretrale?

Quali lubrificanti dovrebbero essere usati?

Sono migliori gli outcomes per i pazienti, in termini di prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza, se ad occuparsi della gestione del catetere sono gli infermieri anziché altri operatori con una preparazione insufficiente?

E ancora, il tipo di catetere deve essere scelto o meno, tenendo conto delle esigenze del singolo paziente?

E’ giusto tener conto del comfort del paziente?

E, infine, è davvero necessario cateterizzare la maggior parte dei pazienti sottoposti a questa pratica?

Fintanto che, studi randomizzati e controllati di qualità non daranno una risposta a tutti questi quesiti, i professionisti continueranno a porsi queste e altre domande ancora, che sono in definitiva quelle che contano davvero per i nostri pazienti.

Ma andiamo con ordine e partiamo dall’analisi delle Linee Guida basate sull’evidenza, che sono per autorevolezza e data di emissione le ultime ad essere state pubblicate, oltre che dall’analisi della letteratura più recente.

In che modo, dunque, queste pubblicazioni ci aiutano nel dirimere dubbi o questioni insolute?

Le Linee Guida prese in considerazione sono quelle di: Epic3: National Evidence-Based Guidelines for Preventing Healthcare-Associated Infections in NHS Hospitals in England, 2014 (Le Linee Guida per la Prevenzione delle Infezioni Correlate all’Assistenza negli Ospedali Inglesi) e le Linee Guida della SHEA (La Società Scientifica degli Epidemiologi Americani): Strategies to Prevent Catheter-associated Urinary Tract Infecions in Acute Care Hospitals, 2014 Update (Strategie per la prevenzione delle infezioni delle vie urinarie negli Ospedali per acuti, 2014).

Secondo le Linee Guida della SHEA, le infezioni delle vie urinarie sono tra le infezioni quelle che hanno un’incidenza maggiore tra tutte le ICA (infezioni correlate all’assistenza); di queste ben il 70% – 80% sono attribuibili a cateterismo vescicale, dal 12% al 16% dei pazienti ricoverati in Ospedale svilupperà un’infezione urinaria e per ogni giorno di permanenza in situ del catetere vescicale il rischio di acquisire una batteriuria aumenta dal 3% al 7%.

I dati forniti da Epic3, ci dicono che le infezioni del tratto urinario si attestano intorno al 19% di tutte le infezioni correlate all’assistenza, con una percentuale che varia tra il 43% ed il 56% delle infezioni, che è correlata a cateterismo vescicale.

Le infezioni delle vie urinarie possono essere ricorrenti, non complicate (la distinzione tra queste ultime e le infezioni complicate, come ci ricorda la Linea Guida della Regione Emilia Romagna, Dossier 190-2010, “è utile soprattutto ai fini terapeutici e sono le cistiti nelle donne non in gravidanza, non immunocompromesse, senza anomalie funzionali o anatomiche delle vie urinarie e che non hanno segni di infezione sistemica o invasione tissutale). Tutte le infezioni urinarie che non rientrano in questa definizione vengono definite complicate”.

Le batteriurie, invece, sono contraddistinte dalla presenza di batteri nelle urine con o senza presenza di sintomi di infezione e possono essere asintomatiche.

Fattori di rischio per l’insorgenza delle infezioni delle vie urinarie:

  • La durata della cateterizzazione (virtualmente tutti i pazienti cateterizzati da almeno un mese sviluppano una batteriuria);
  • L’età, il sesso femminile, la senescenza e il non mantenimento di un circuito chiuso;
  • Malattie renali, neutropenia, e sesso maschile.

Altri fattori che concorrono a determinare le batteriurie sono la presenza di “biofilm” e le incrostazioni del catetere.

I fattori di rischio per l’insorgenza delle infezioni delle vie urinarie nei bambini non sono ben note e descritte. Va detto, anche, che queste Linee Guida si applicano agli adulti e ai bambini di età uguale o superiore all’anno che richiedono cateterizzazioni a breve termine (< 28 giorni).

 Per ciò che attiene alla durata della cateterizzazione è stato stimato da Epic3 che il 15% – 25% dei pazienti hanno un catetere vescicale durante la loro permanenza in Ospedale e questa percentuale cresce per quei pazienti ricoverati in Terapia Intensiva. Il rischio di infezioni in questo caso è associato anche al metodo della cateterizzazione oltre che alla permanenza in situ.

La batteriuria si sviluppa nel 30% dei pazienti cateterizzati già dopo 2 – 10 giorni e il 24% di queste si trasformano in vere e proprie infezioni delle vie urinarie; di queste il 3.6% sviluppa un’infezione secondaria come una batteriemia o una sepsi, che fa si che il tasso di mortalità oscilli tra il 10% e il 33%.

Le infezioni delle vie urinarie sono associate a prolungamento dell’ospedalizzazione, ri-ammissione e incremento della mortalità.

Problemi di discomfort per il paziente associato a cateterismo vescicale e rimozione dello stesso sono comuni, ma generalmente poco attenzionati.

Il trattamento sia delle infezioni delle vie urinarie, che delle sequele che vi possono essere in aggiunta, contribuiscono all’insorgenza dell’antibiotico resistenza negli Ospedali e le patologie urogenitali sono tra le cause primarie delle infezioni causate dall’antibiotico resistenza.

Le infezioni delle vie urinarie, inoltre, rappresentano un fardello economico non indifferente, nella sola Gran Bretagna ogni anno si spendono 99 milioni di sterline per far fronte al problema. Tuttavia è impossibile fare una valutazione globale del costo di queste infezioni.

Le strategie per ridurre le infezioni da cateterismo vescicale sono dunque:

Valutazione della necessità del cateterismo stesso: negli Ospedali per acuti il rischio di sviluppare una batteriuria aumenta del 5% per ogni giorno di permanenza in situ del catetere; le migliori pratiche enfatizzano il fatto dell’importanza della registrazione delle varie fasi della procedura di inserimento, gestione del catetere.

Ma quali sono le indicazioni per il cateterismo a breve termine?

Premesso che, bisognerebbe considerare tutte le alternative al cateterismo vescicale e assicurarsi di che lo stesso venga rimosso prima possibile, il cateterismo trova la sua indicazione nel caso in cui vi siano problemi ostruttivi o quelli che richiedono un’attenta misurazione della diuresi o l’uso per delle procedure chirurgiche specifiche quali la chirurgia urologica o per permettere la guarigione ottimale dei tessuti in caso di presenza di ulcere o lesioni da pressione, per minimizzare il discomfort per il paziente stesso e, come eccezione, al paziente in fin di vita.

Il cateterismo vescicale a breve termine non dovrebbe essere utilizzato per la gestione dell’incontinenza.

 Se, talvolta, l’uso del cateterismo vescicale è necessario, l’indicazione clinica dell’inserzione non è sempre chiara e esplicitata. In questa direzione vanno le indicazioni per attivare dei meccanismi di stop o di richiamo che ricordino di rimuovere il catetere non appena non sia più necessario.

Tipi di cateteri: quali i migliori e in quali casi?

Le evidenze scientifiche indicano che l’incidenza delle infezioni delle vie urinarie nei pazienti non è influenzata, nel breve termine (1 settimana), dal tipo di materiale da cui è composto il catetere. Le preferenze per un tipo di catetere piuttosto che per un altro sono influenzate dall’esperienza clinica e da problematiche di tipo allergico.

Andrebbero usati cateteri di piccolo diametro (gauge) con un palloncino di ancoraggio, riempibile con non più di 10 cc di soluzione salina sterile, per minimizzare traumatismi vescicali. I cateteri con un diametro maggiore vanno utilizzati nella chirurgia urologica, dove il rischio di occlusione da coaguli è presente. Dovrebbero essere utilizzati cateteri di lunghezza diversa in base al sesso del paziente.

Non vi è particolare differenza, nell’insorgenza delle infezioni delle vie urinarie, nell’uso di cateteri al silicone o al lattice. Dalla revisione della letteratura si è visto che i cateteri rivestiti di ioni d’argento sono associati ad una diminuzione dell’incidenza della batteriuria.

Alcuni studi suggeriscono che i cateteri pre- impregnati di antibiotico siano efficaci nel ridurre le infezioni delle vie urinarie rispetto ai cateteri standard, tuttavia gli studi esaminati sono di scarsa qualità.

Inserimento del catetere, quale tecnica utilizzare?

Sebbene l’argomento rimanga controverso, i principi legati alle buone pratiche e le indicazioni derivanti da alcune revisioni sistematiche e dalle opinioni degli esperti, concordano nel sostenere che l’inserimento vada fatto con tecnica asettica e da personale qualificato e competente.

Utilizzare soluzione salina sterile per la pulizia del meato uretrale prima dell’inserimento del catetere.

Praticare l’igiene delle mani prima e dopo aver manipolato il catetere.

Utilizzare un lubrificante, in confezione monodose, per minimizzare il traumatismo uretrale e il discomfort ed evitare traumatismi.

Gestione del catetere, come va usato il sistema di drenaggio?

Il mantenimento della sterilità e dell’uso del circuito chiuso, sono di fondamentale importanza per la prevenzione delle infezioni delle vie urinarie. Secondo Epic3 il rischio di infezioni si riduce dal 97% all’8% – 15% se si passa da un circuito aperto ad uno chiuso.

Le mani vanno lavate prima e dopo la gestione del catetere e vanno indossati dei guanti non sterili.

Le sacche di raccolte vanno cambiate solo secondo le indicazioni del produttore e la sacca va svuotata in un contenitore mono-persona.

Attenzionare che il flusso dell’urina non sia impedito da attorcigliamenti del tubo di connessione tra il catetere e la sacca. La sacca di raccolta, per finire, va posta sotto il livello della vescica e va agganciata al letto e non va posta, mai, a terra. Non lasciare che la sacca di raccolta si riempia del tutto (fino a tre-quarti). Utilizzare la tecnica asettica per ottenere un campione di urina.

Pulizia del meato uretrale, è necessario utilizzare una soluzione con antisettico?

La pulizia quotidiana del meato uretrale non va fatta con antisettici o saponi antimicrobici, basta la semplice igiene quotidiana.

Irrigazione e lavaggio vescicale, prevengono le infezioni delle vie urinarie?

La letteratura disponibile è oramai concorde nel dire che non vi è nessun beneficio derivante da queste pratiche, per la prevenzione delle infezioni delle vie urinarie. L’irrigazione può essere richiesta solo nel caso di indicazioni specifiche di tipo urologico.

Trattamento delle batteriurie asintomatiche, va fatto?

Non bisogna fare nessun screening per le batteriurie asintomatiche e nessun trattamento antibiotico, eccetto che per le procedure invasive urologiche.

Strategie di implementazione delle buone pratiche

Educazione dei pazienti, dei familiari e dei professionisti

I professionisti devono essere formati per gestire al meglio tutte le varie fasi del cateterismo vescicale.

I pazienti ed i loro parenti e caregiver/badanti devono essere educati e aiutati nella gestione del catetere presso il domicilio del paziente, anche attraverso la consegna di opuscoli scritti.

Quali interventi utilizzare per la prevenzione delle infezioni delle vie urinarie?

Due nuove raccomandazioni tratte dalle Linee guida Epic3, suggeriscono di utilizzare:

  • Protocolli e/o istruzioni operative per l’inserimento del catetere;
  • Utilizzo di ecografia per la corretta gestione della ritenzione urinaria in vescica;
  • Reminders per la pronta rimozione del catetere;
  • Audit e feedback per monitorare l’adesione alle buone pratiche;
  • Formazione continua.

Inoltre:

Nessun paziente dovrebbe essere trasferito senza che nella lettera di dimissione vi siano indicazioni circa:

  • Le motivazioni per la cateterizzazione;
  • L’indicazione clinica che indichi la necessità di continuare con il cateterismo;
  • E una possibile data di rimozione dopo giusta rivalutazione.

Sebbene le infezioni delle vie urinarie non rappresentino, fra tutte le infezioni correlate all’assistenza, quelle che destano maggiormente scalpore è pur vero che sono, insieme alle batteriemie da catetere vascolare, quelle sulle quali si può incidere maggiormente con una adeguata gestione e cura.

Quindi, perché non farlo?

 

Rosaria Palermo

 

Fonti:

www.icpsne.org

www.his.org.uk

www.evidentlycochrane.net

 

 

 

 

 

Rosaria Palermo

Infermiera dal 1994. Attualmente, infermiera specialista del rischio infettivo presso l'ARNAS Garibaldi di Catania. Ho una laurea magistrale e due Master, uno in Coordinamento e l'altro in Management del rischio infettivo. Faccio parte del Direttivo di ANIPIO (Società Scientifica degli Infermieri Specialisti del Rischio Infettivo) dal 2016. Penso che lo scatto nella nostra professione debba essere culturale, prima di ogni cosa. Nelson Mandela diceva che la conoscenza è l'arma più potente di cui gli esseri umani dispongano, ed è ciò che permetterà alla nostra professione di ritagliarsi gli spazi che le competono.

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Rosaria Palermo

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