Massimo Randolfi

“Forchielli ha ragione. Le lauree scientifiche complete sono altre. Gli infermieri non possono certificare il proprio lavoro, lo fa il medico per loro”

Le dichiarazioni rilasciate da Alberto Forchielli hanno causato un vero e proprio finimondo nel mondo degli infermieri.

L’economista è stato ritenuto colpevole di aver denigrato la professione, affermando come chi non abbia voglia di studiare possa andare a fare l’infermiere. In un grossolano tenttativo di scusarsi ha poi dichiarato che “Nonostante sia un mestiere utile, diventare infermiere è più breve e semplice di una laurea scientifica completa.

Ma non tutti i colleghi sarebbero in disaccordo con Forchielli. Riportiamo di seguito il parere di Patrizia Leoni, infermiera in possesso di laurea triennale, magistrale e master in area critica tutti ottenuti con lode
Ha perfettamente ragione il dr. Forchielli e forse, se la FNOPI non interviene, è perché dovrebbe ammettere ciò che ci nega da sempre: la verità.
Le “lauree scientifiche complete“, quelle di serie A per intenderci, offrono ai professionisti un loro campo d’azione, all’interno del quale possono muoversi a 360 gradi.
Noi infermieri non possiamo neanche certificare il nostro lavoro, lo fa il medico per noi. Alcuni chiosano che il 3+2 coinvolga anche professioni nobili come Ingegneria e la stessa Economia. Vero. Ma alla fine del percorso di studi, loro saranno ingegneri ed economisti.
Il nostro 3+2? Ridicolo! Con il 3 sei infermiere/oss/ota/jolly; Facendo il 2 muti forma e non vieni investito neanche di un vero titolo:”dottore in scienze infermieristiche ed ostetriche”. Che razza di roba è?
Una brutta roba che ti pone davanti ad un bivio: hai le conoscenze giuste? Diventi dirigente e non ti scolli dalla poltrona fino al giorno della pensione e guai a colui che prova ad affibbiarti l’appellativo di infermiere.
Non hai le conoscenze adeguate? Puoi gettare la tua laurea senza alcun valore in un cassetto e passerai la tua vita lavorativa ad obbedire agli ordini di un infermiere con meno titoli di te, ma in possesso di master.
Ma attenzione!    Il master deve essere necessariamente in coordinamento, perché gli altri master, tutti non professionalizzanti, sono solo carta straccia pagata a peso d’oro. Altro che master in una prestigiosa università anglosassone.
Siamo esseri strani noi infermieri: ci offendiamo se le persone che ci guardano esprimono il loro giudizio su di noi, ma non battiamo ciglio se la nostra professione la ritroviamo compresa nel contratto sanità insieme all’idraulico e al tecnico delle caldaie.
Tutti operai, anche i laureati. Non ci ribelliamo neanche al fatto che nei corsi di laurea in infermieristica vengano insegnate “materie scientifiche” come il rifacimento del letto con angolo o il lavaggio dei piedi. Per carità, sosteniamo esami su tante materie scientifiche di tutto rispetto, con vasto programma di medicina e chirurgia e farmacologia, e posso assicurare che nessuno ci fa degli sconti anzi.
Ma ci ha pensato la legge 42/99 a dirci che non dobbiamo calpestare l’orticello del medico. Ma per onestà devo anche dire che la legge 190/2014 al comma 566 definisce il nostro ruolo, le competenze avanzate, le responsabilità, le funzioni e gli obiettivi degli infermieri.  Finalmente un vero professionista della salute!
Peccato che, quattro anni dopo non abbiamo ancora i decreti attuativi di quella legge. Eppure secondo Cantone, Presidente Anac:-
“Servono regole chiare,  l’ambiguità sulle competenze è disastrosa: tutti si sentono autorizzati a non fare niente”.
Io ringrazio questo professionista, che con le sue parole ci ha schiaffeggiato in pieno viso, proprio come farebbe un caro vecchio amico che vuole metterci di fronte alla realtà: dopo venti anni dalla laurea cosa siamo, come siamo cambiati, di cosa si occupano ora gli infermieri, sono simili agli infermieri anglosassoni, quali possibilità di carriera hanno, ma soprattutto, è servita loro la laurea?
Non so a chi conviene l’infermiere laureato in quest’Italia che rimuove il Presidente dell’AIFA nel silenzio e indifferenza più totale da parte dei nostri organi di rappresentanza, subito dopo che questi si è permesso di affermare che è arrivato il momento per gli infermieri italiani di prescrivere farmaci.
Penso che noi infermieri laureati serviamo solo per dispensare prestigiose cattedre universitarie e a mantenere i baroni nelle facoltà di medicina, visto il numero sempre più esiguo di studenti medici.
Quindi cari colleghi, se non ci muoviamo con forza e determinazione  per uscire da questo limbo in cui ci hanno relegato, non abbiamo neanche il diritto di indignarsi.

La replica della collega potrà indubbiamente offrire innumerevoli spunti di riflessione.

Simone Gussoni

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Dott. Simone Gussoni

Il dott. Simone Gussoni è infermiere esperto in farmacovigilanza ed educazione sanitaria dal 2006. Autore del libro "Il Nursing Narrativo, nuovo approccio al paziente oncologico. Una testimonianza".

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