Ormai da qualche giorno fa molto scalpore la lettera della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) avente ad oggetto gli infermieri di famiglia e comunità. Il segretario provinciale di Ferrara, Claudio Casaroli, parla addirittura di “ingerenze indebite” e di abuso di professione: un’ accusa molto grave.
Diventa impossibile, di conseguenza, non parlare della tematica delle competenze avanzate. La definizione di competenze avanzate, purtroppo, è ancora molto confusa. Mentre sono disponibili prove sull’impatto degli infermieri con competenze avanzate sugli esiti dei pazienti, non è per nulla chiaro cosa sia l’infermieristica avanzata. A livello nazionale non esiste, difatti, riconoscimento formale in tal senso.
L’infermiere, ribadiamolo, non vuole fare il medico. L’infermiere di famiglia e comunità è un professionista responsabile dei processi infermieristici in ambito familiare e di comunità, con conoscenze e competenze specialistiche nelle cure primarie e sanità pubblica. Non è l’assistente di studio del medico di medicina generale. Non è “assunto” dal medico di famiglia, né gli toglie nulla delle prerogative di diagnosi e cura, ma è una figura professionale che, insieme ad altre, forma la rete integrata territoriale
, prende in carico in modo autonomo la famiglia, la collettività e il singolo.A livello infermieristico, con l’eccezione della figura del caposala, che sviluppa una competenza più manageriale che clinica, non esiste un riconoscimento formale delle competenze acquisite, che viene invece lasciato a livello aziendale. Il problema centrale è il riconoscimento di una progressione di carriera e inevitabilmente anche economica che tenga conto dell’esperienza e delle competenze.
Non è inoltre opportuno prendersela con la figura dell’infermiere di famiglia, considerando che l’azione, per il futuro, dovrà essere concentrata in particolare sulla promozione e protezione della salute. I problemi di salute e l’aumentata speranza di vita della popolazione sono infatti elementi tali da richiedere interventi multidisciplinari e multiprofessionali per prendere in carico l’assistito direttamente sul territorio. Prendersela con la figura dell’infermiere di famiglia non è dunque un atteggiamento saggio per le sfide sanitarie che ci attenderanno nel futuro.
Martina Benedetti
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