Anche se l’assenza di un registro nazionale per l’endometriosi non permette stime precise, in Italia le donne affette da questa patologia potrebbero raggiungere i tre milioni, circa il 10% di quelle in età fertile. L’endometriosi si manifesta con dolore pelvico, mestruazioni molto dolorose, disturbi gastrointestinali o urinari durante il ciclo mestruale e riduzione della fertilità. Circa il 30-40% di donne affette da endometriosi, infatti, è sterile.
L’assistenza alle donne con endometriosi è molto frammentata: in assenza di percorsi multidisciplinari standardizzati in grado di integrare cure primarie e assistenza specialistica, la variabilità degli approcci diagnostico-terapeutici non garantisce esiti ottimali e genera sprechi da sovra e sotto-utilizzo di test diagnostici e trattamenti. Recentemente i nuovi livelli essenziali di assistenza hanno inserito l’endometriosi nell’elenco delle patologie croniche e invalidanti. Questo garantisce alle donne con gli stadi più avanzati di malattia l’esenzione per alcune prestazioni diagnostiche, mentre le terapie efficaci per ridurre la sintomatologia dolorosa (trattamenti ormonali, analgesici) rimangono a carico delle pazienti.
«Troppe donne – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – rimangono ancora senza diagnosi per molti anni, con peggioramento della qualità di vita, progressione della malattia e peregrinazioni tra consulti specialistici e indagini diagnostiche non sempre appropriate. Ecco perché la prima grande sfida è diagnosticare una malattia spesso non “sospettata”, identificando precocemente segni e sintomi sin dai primi consulti, in particolare nelle adolescenti».
«Le donne con diagnosi di endometriosi – continua il presidente – spesso non ricevono informazioni adeguate sulla loro malattia, mentre per loro è fondamentale conoscere l’impatto clinico, sessuale, psicologico e sociale della malattia, al fine di effettuare scelte terapeutiche informate. Di conseguenza, la seconda grande sfida per i medici è quella di fornire informazioni personalizzate sulla base di aspettative e preferenze individuali e flessibili al tempo stesso».
Le linee guida NICE definiscono anche precisi requisiti tecnologici e professionali per l’erogazione dei percorsi diagnostico-terapeutici, sottolineando la necessità di offrire cure integrate e coordinate sotto il segno dell’approccio multiprofessionale e multidisciplinare: dal medico di medicina generale ai consultori; dai servizi di ginecologia ai centri specializzati per l’endometriosi, in Italia purtroppo ancora un lontano miraggio.
«L’approccio diagnostico-terapeutico dell’endometriosi – conclude Cartabellotta – presenta ampi margini di miglioramento. In particolare, riconoscere la presentazione clinica ai fini di una diagnosi precoce, informare adeguatamente le donne sulle possibili opzioni terapeutiche e costruire una rete integrata di servizi rappresentano obiettivi irrinunciabili per migliorare gli esiti clinici e il benessere delle donne, oltre che per ridurre i costi diretti e indiretti della malattia».
Le “Linee guida per la diagnosi e il trattamento dell’endometriosi” sono disponibili sul sito www.evidence.it/endometriosi e nell’allegato seguente.
Fondazione Gimbe
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