Draoli (Opi Grosseto): “Amministrate un ente che esige una tassa. Una quota importante di colleghi vi odierà a prescindere”

Riportiamo il pensiero del presidente dell’Ordine toscano (foto), nonché membro del comitato centrale Fnopi.

Tutto ciò che si giudica e si valuta lo si fa secondo parametri personali, in termini anche di tornaconto diretto e tangibile. Credo sia piuttosto umano. Una riflessione a voce alta sul ruolo di rappresentanza, nel mio caso professionale, ma che mi ha fatto cambiare completamente percezione, ad esempio, anche sulla politica generale.

Lo spunto nasce da un pronunciamento nazionale sull’utilizzo dei social che in poche parole dice: non è etico né deontologico per dei professionisti della cura evitare la discussione anche feroce ma civile e concentrarsi su infamie, rabbia, offese, minacce. Un pronunciamento di assoluto buon senso, resosi necessario dopo una serie di casi deplorevoli (da Forchielli a Magalli, passando per Angelelli). Casi assolutamente legittimi, dove esprimere pensieri contrari e/o sdegnati che sono diventati passerelle di ferocia, dall’insulto scherzoso alle minacce di morte.

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Ebbene, anche un documento simile ha ricevuto risposte decontestualizzate del tipo “sì, ma l’Ordine che fa”, “si ma l’ordine, però”, “sì, ma fate altro”, “ma”, “però”. È in parte frustrante perché conferma che certe posizioni risentono di una contestazione latente a prescindere dai contenuti e dalle azioni.

Ho vissuto interventi palesemente di grande portata che hanno comunque generato una strisciante polemica perché “c’è sempre qualcosa di più importante”. Che va bene, pur se genera il #maiunagioia. Sei costretto dopo un po’ a farti scivolare tutto addosso, se non, peggio, a maturare un terribile senso di distanza dai problemi, e non è proprio giusto che accada.

Ai tanti colleghi neo-presidenti o neo-consiglieri mi son ritrovato infatti spesso a dire: “Amministrate un ente che esige una tassa. Potete anche offrire la colazione al bar a tutti per tre anni e ottenere le migliori delibere per la professione, ma mettetevi l’anima in pace: una quota importante di colleghi vi odierà a prescindere”.

Viviamo in un’epoca dove la forma è più importante della sostanza e dove la delega fiduciaria conta nulla. Ho incontrato una collega che mi porterà a fare un esposto su una situazione particolare. Qualche mese fa abbiamo denunciato un’altra situazione alle autorità competenti. C’è stato un caso recente in cui abbiamo supportato un collega con lo studio legale. Consiglieri che si impegnano continuamente ad ascoltare e ad accogliere quello che vivono e recepiscono per poter offrire un percorso di supporto.

Niente di tutto questo trova spazio sui social o sul web. A volte sono bastate delle telefonate o degli incontri istituzionali per sanare altre criticità e anche questo non ha trovato spazio comunicativo social. Non tutto può essere reclamizzato. Non tutto può essere sbandierato.

I motivi sono molteplici, in genere di opportunità o di strategia o di tutela delle persone coinvolte, ma comunque mirati a ottenere una risoluzione, non a mostrare “quanto siamo incisivi e bravi”. Non tutto può essere socializzato, non tutti i percorsi positivi si rendono o si possono rendere visibili e spesso non nell’immediato. Non tutto può essere comunicazione fine a se stessa, a meno che si viva solo per dimostrare qualcosa che magari non c’è, e non credo che sia la strada giusta.

Se non comunichi, magari con fare aggressivo, non esisti. Accanto a questi, ci sono sicuramente stati interventi poco incisivi, o altre segnalazioni che non hanno avuto seguito fortunato, o colleghi che non hanno avuto quello che si aspettavano. Ma ecco che dovremmo ragionare secondo prove documentate, dove ci siamo messi in gioco.

Hai segnalato qualcosa e ha avuto un seguito, un accoglimento, un ritorno? Evviva! Non hai avuto il seguito che ti aspettavi? (poi, magari, non poteva esserci un seguito positivo perché spesso si tende a recepire come fatto bene o fatto male solo ciò che si vuole, non ciò che si può. Come chiedere di poter disattendere una legge, avere un no come risposta, e credere di aver subito un torto non dalla legge, ma dall’interlocutore che ti dice che non può farci nulla. Ma va pur bene, si comprende).

Ecco, allora abbasso e… buh! Comunque, almeno questo sarà il frutto di una relazione. Di un cercare e cercarsi, di un parlarci, di un confrontarsi e di avere un risultato che può dare un giudizio pur sempre personale, negativo o positivo, ma almeno con un senso reale. Invece si tende a generalizzare, a osservare passivamente, a non cercare relazioni con le istituzioni, a giudicare ponendosi passivamente.

Una sorta di ummarell delle istituzioni. Anzi, spesso si è convinti che aver scritto un post su un problema equivalga a dire “io ho fatto il mio”. No, non basta un post e nemmeno un tag. Un post di denuncia a volte smuove qualcosa, a volte no. Scrivere un post o un commento non equivale ad “aver fatto qualcosa” o ad “aver segnalato la cosa”. Non è relazione, questa, né formale né informale.

In tutto questo, comunque, il disegno di interesse generale va sempre a farsi benedire. Ché se il problema risolto comprende la tua situazione unica e particolare, bene. Altrimenti conta poco o nulla. Quindi? Una polemica autoreferenziale, la mia? No, non è la mia intenzione. Piuttosto un invito a cercarsi. A cercarsi davvero. A cercarsi alla pari. Al riconoscere, l’uno negli altri, persone che si incontrano e che provano a fare qualcosa di buono. O che comunque si mettono in gioco, anche fosse per contendere una posizione elettiva. Ma almeno si mettono in gioco.

Un invito a chiederci sempre: proviamo a sollevarlo davvero il problema, non a scriverlo a caso con un tweet, e vediamo se si può fare qualcosa. Le cose migliori che sono uscite dall’Ordine sono sempre state il frutto di una segnalazione, di un suggerimento, di un incontro. Abbiamo sempre poco tempo (io, poi, ultimamente pochissimo), ma proviamo ad incontrarci di più.

Nicola Draoli
Presidente Opi Grosseto

 

Redazione Nurse Times

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