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Direttiva 2013/55/UE e ennesimo attacco alla professione infermieristica

Nello schema di decreto legislativo che recepisce la direttiva 2013/55/UE in materia di regolamentazione delle professioni in ambito europeo vi sono molte novità che vanno, per la nostra professione, ben oltre la creazione di una tessera professionale europea al fine di permettere l’esercizio della propria professione, nel nostro caso infermieristica, oltre i confini nazionali in un contesto di regole comuni.

Difatti, nel testo, sono esplicitate nero su bianco le competenze che la normativa europea prevede per gli infermieri. Nello schema di Decreto legislativo viene affermato, tra le tante cose, che l’infermiere in qualità di responsabile dell’assistenza generale infermieristica ha “la competenza di individuare autonomamente le cure infermieristiche necessarie utilizzando le conoscenze teoriche e cliniche attuali nonché di pianificare, organizzare e prestare le cure infermieristiche nel trattamento dei pazienti, sulla base delle conoscenze e delle abilità acquisite, in un’ottica di miglioramento della pratica professionale, (…) la competenza di orientare individui, famiglie e gruppi verso stili di vita sani e l’autoterapia, sulla base delle conoscenze e delle abilità acquisite, la competenza di avviare autonomamente misure immediate per il mantenimento in vita e di intervenire in situazioni di crisi e catastrofi, la competenza di fornire autonomamente consigli, indicazioni e supporto alle persone bisognose di cure e alle loro figure di appoggio, la competenza di garantire autonomamente la qualità delle cure infermieristiche e di valutarle(…) la competenza di analizzare la qualità dell’assistenza in un’ottica di miglioramento della propria pratica professionale come infermiere responsabile dell’assistenza generale“.

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Una bozza molto chiara, per la nostra professione ma non per la FNOMCEO. Il 23 Dicembre, infatti, la dott.ssa Chersevani, presidente della Federazione Nazionale dell’ordine dei medici chirurghi e odontoiatri, se ne è uscita con la classica lettera che esprime la visione che molti suoi colleghi hanno della nostra professione.

“Il provvedimento non fa chiarezza e crea incertezze in ordine alla formulazione dei requisiti richiesti per l’esercizio delle attività professionali nel settore sanitario”. Afferma la presidentessa.

Un po’ come è stato affermato in altre situazioni dove all’infermiere era richiesto di ricoprire un ruolo di protagonista assoluto, come, a titolo esemplificativo,  nel caso dell’apertura del reparto a gestione infermieristica di Perugia.

La dott.ssa Chersevani chiede, quindi, una modifica alla bozza del decreto legislativo. Peccato che è un testo molto chiaro, come quando chiarisce le competenze dell’infermiere in ambito di emergenza, sottolineando, se ce ne fosse ancora bisogno, che le uscite fuori luogo dei medici sul ruolo di professione autonoma dell’infermiere in abito di emergenza territoriale sono solo espressione di egocentrismo esagerato di questi sanitari.

“Di fronte alla forte ambiguità del testo in approvazione – continua la Chersevanisottolineiamo con forza che spettano, a garanzia del paziente, al medico e solo al medico, la diagnosi e la prescrizione a fini preventivi, terapeutici e riabilitativi, nonché la titolarità e la responsabilità di tutte le decisioni relative alla salute del paziente, la conseguente e necessaria unitarietà dei percorsi clinico-assistenziali che esse comportano e i correlati assetti organizzativi”.

“Solo i percorsi formativi dei medici, – prosegue la presidentessa – infatti, a differenza dei profili attinenti alle altre professioni sanitarie, possono garantire le professionalità ed esperienze necessarie per tutelare il paziente in riferimento agli aspetti diagnostici e terapeutici. Pur nel rispetto delle autonomie e delle prerogative delle altre professioni sanitarie, prime fra tutte quella infermieristica, (…)”

.

Infine, viene manifestata forte perplessità della Fnomceo anche in merito al cosiddetto “accesso parziale” che “non può trovare applicazione per le professioni sanitarie proprio per tutelare la salute pubblica e le competenze delle singole professioni oggetto di laurea triennale, il cui ruolo professionale è stato stabilito con specifici decreti ministeriali. A titolo di esempio ricordiamo che l’infermiere professionale o l’igienista dentale, nel nostro ordinamento sanitario, esercitano la loro attività seguendo le indicazioni del medico o dell’odontoiatra; qualora subentrassero nel nostro Paese figure diverse con competenze più estese si verrebbe a creare una situazione di sovrapposizione di competenze con quelle del medico o dell’odontoiatra creando inevitabile criticità alla migliore erogazione dell’assistenza sanitaria e confusione fra i cittadini”.

Da questo ennesimo attacco alla nostra professione, dalle parole della presidentessa della FNOMCEO si evidenzia un’ignoranza inaccettabile da parte di persone che ricoprono incarichi così importanti.

Parlare, nel 2016 (ormai ci siamo), ancora di infermieri professionali (termine abolito ben 22 anni fa, con il DM 739/94) e di infermieri che lavorano esclusivamente secondo le indicazioni del medico vuol dire non conoscere le più elementari norme di regolamentazione sanitaria e professionale.

Da una presidente di un ordine importante come quello dei medici ci aspetteremo ben altro. Sicuramente di vedere e sentire parlare con cognizione di causa e non con la sola voglia di difendere il proprio orticello, arrivando a ricercare una supremazia sterile, improduttiva e pericolosa per l’utente.

Se una persona ha necessità di vedere risolta la propria situazione di salute ha diritto ad avere la figura professionale più idonea che, con le proprie competenze, sia capace di decidere autonomamente e risolvere il suo problema in modo efficace, efficiente e sicuro. Ma non sempre questo professionista è il medico ma, può essere anche un infermiere che, in qualità di responsabile dell’assistenza infermieristica, mediante le conoscenze derivanti dalla scienza infermieristica, senza necessità dell’intermediazione del medico che, giustamente, nulla conosce di assistenza infermieristica. Ci sono medici che sono consci dei limiti della loro professione e ci sono medici che credendosi onniscienti si permettono di mettere voce nelle decisioni autonome infermieristiche, prescrivendo attività, ausili e altro materiale prettamente inutile o, addirittura, dannoso per l’assistito.

L’atteggiamento di questa brutta realtà dei medici mi ricorda il comportamento di un bambino che, pur di non perdere, ne fa e ne dice di tutti i colori, fino a prendere il gioco di suo proprietà per andarsene via e impedire ai suoi amici di continuare a giocare. La soluzione non è certo quello di continuare a perpetuare attacchi verso una professione che è rappresentata da professionisti che non necessariamente hanno solo una laurea triennale, cosa con cui questi medici piace riempirsi la bocca per giustificare le loro posizioni ma che, addirittura, possono aver studiato per lo stesso numero di anni, se non di più, arrivando anche a raggiungere il titolo derivante dal dottorato di ricerca.

Ci auspichiamo che i toni si abbassino e che inizi un confronto produttivo e sinergico, ricordando di mettere davanti davvero, e non solo per dare aria alla bocca, i bisogni di salute espressi dai cittadini.

Carmelo Rinnone

Redazione Nurse Times

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