Digiuno preoperatorio: un imperativo da cambiare

Proponiamo un interessante contributo della nostra collaboratrice Anna Arnone.

Il digiuno preoperatorio è stato un imperativo comportamentale per anni, soprattutto per ovviare al rischio di aspirazione polmonare che può evolvere poi in polmonite chimica, una delle complicanze più temute.

Il medico J. Lister, nel 1883, fu il primo a parlare di digiuno dai solidi 6 ore prima dell’intervento e 2 ore dai liquidi chiari. Queste raccomandazioni, però, non furono applicate nella pratica clinica a lungo in seguito ad alcuni casi complicati, per cui si tornò al nulla per os dalla mezzanotte e fu mantenuto per circa un secolo.

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Nel 1974 i medici Roberts e Shirley condussero uno studio sperimentale su una scimmia per valutare la quantità necessaria di contenuto gastrico affinché si verificasse un’aspirazione polmonare all’induzione dell’anestesia. Conclusero che bastavano 0,4 ml/kg affinché si verificasse con un pH inferiore a 2,5. Nei tempi odierni si è notato che in oltre il 50% dei pazienti che digiunano è presente un contenuto gastrico superiore a 0,4 ml/kg. Nonostante ciò, l’ab ingestis si verifica in un caso su 10mila. Pare chiaro, quindi, che queste siano misure indirette, e non direttamente correlate al rischio di aspirazione.

È importante sottolineare che lo stress metabolico, l’anestesia e un organismo in condizioni critiche aumentano la secrezione di ormoni controregolatori, riducono la secrezione di insulina, aumentando quindi l’insulino-resistenza, e aumentano la gluconeogenesi. Tutto ciò porta a iperglicemia perioperatoria, che deve essere trattata dall’equipe in quanto la glicemia nel post-operatorio deve rimanere inferiore ai 180 mg/dl per ridurre il rischio di infezione della ferita chirurgica.

Nell’analisi degli studi possono sorgere due filoni: l’insulino-resistenza

e la somministrazione di un drink a base carboidrati due ore prima dell’induzione. Come è stato analizzato negli studi, il lungo periodo di digiuno, aggiunto al trauma chirurgico, implica un aumento della risposta infiammatoria, della secrezione di catecolamine e degli ormoni catabolici quali glucagone e cortisolo. Questo aumenta l’insulino-resistenza e l’iperglicemia associata.

Di contro, si è osservato che somministrare un drink da 200 ml a base di carboidrati 2 ore prima dell’induzione non aumenta il contenuto gastrico e non altera il pH, per cui non si riscontrano complicanze aumentate. Anzi, questa somministrazione riduce la durata della degenza per gli interventi la cui durata di degenza post-operatoria è superiore ai 2 giorni, riduce le insulino-resistenze, l’iperglicemia. Infine, da non sottovalutare, migliora il benessere dell’assistito poiché riduce la fame, la sete, la cefalea e l’irritabilità.

Il protocollo ERAS (Enanced Recovery After Surgery) nasce alla fine del 1900 e tra le sue varie indicazioni, previste per migliorare gli outcome della persona assistita e il decorso post-operatorio, consiglia proprio la somministrazione di un drink 2 ore prima di un intervento. Tra i suoi scopi vi sono quelli di ottimizzare la riattivazione e la riabilitazione dei pazienti dopo un intervento chirurgico, una ripresa funzionale più precoce, una riduzione delle complicanze post-operatorie, una durata inferiore della degenza con costi sanitari contenuti.

Anche le linee guida ASA (American Society of Anesthesiologists) rendono più flessibili le indicazioni riguardanti il digiuno, consigliando la somministrazione di liquidi chiari 2 ore prima dell’intervento e l’assunzione di un pasto leggero 6 ore prima dell’induzione.

Dalla letteratura emerge dunque che, per i pazienti che abbiano uno o più fattori di rischio per aspirazione polmonare quali l’obesità, l’ernia iatale, le patologie testa-collo, le patologie gastrointestinali, non vi sono ancora delle raccomandazioni sicure per abolire il digiuno preoperatorio. Sarà l’anestesista, quindi, a valutare caso per caso.

Nel nulla per os appare chiaro che gli svantaggi superano i vantaggi e la somministrazione di un drink a base di carboidrati può migliorare gli outcome post-operatori, ridurre l’insulino-resistenza e migliorare il benessere dell’assistito.

Anna Arnone

 

Redazione Nurse Times

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