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Defibrillatore: tipologie, funzionamento e voltaggio

Un apprfondimento a cura di Emergency Live ci permette di conoscere meglio il defibrillatore, dispositivo importantissimo in caso di arresto cardiaco.

Il defibrillatore è un dispositivo capace di generare una scarica elettrica controllata al fine di ristabilire il ritmo del battito del cuore in caso di arresto cardiaco o alterazioni del ritmo stesso. E’ utilizzato in ambito medico sanitario ed è in grado di interrompere un’aritmia utilizzando corrente continua che lo alimenta con una bassa tensione. Questa può arrivare fino a 220 volt a partire da 15 circa, grazie a un trasformatore con alimentatore a rete.

Solitamente il defibrillatore è alimentato da batteria ricaricabile, a rete o corrente continua a 12 volt. E’ composto da due elettrodi che vanno posizionati a destra e sinistra del torace del paziente, mentre il “nucleo” analizza i dati a esso trasmessi. Per funzionare correttamente ed essere a norma di legge, questo dispositivo necessita di una regolare manutenzione.

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Defibrillatore: tipologie e funzionamento

Il defibrillatore manuale ha due elettrodi che erogano la scarica sul torace del paziente. La modulazione di frequenza è responsabilità del soccorritore.

Il defibrillatore semiautomatico funziona in modalità semi automatica, appunto, effettuando elettrocardiogramma della vittima in modo da verificare se sia necessario intervenire o meno.

Il defibrillatore automatico va collegato al paziente e procederà automaticamente erogando lo shock se la vittima ha subito arresto cardiaco.

Altra tipologia di defibrillatore è quello interno, piccolo stimolatore alimentato da batterie. Proprio grazie alle sue ridotte dimensioni è possibile impiantarlo nel muscolo cardiaco. La sua funzione è di registrare eventuali anomalie, intervenendo nel momento in cui ce ne fosse bisogno.

I circuiti del defibrillatore

I defibrillatori sono composti da due tipi di circuito: uno a bassa e uno ad alta tensione. Il primo, di 10-16 V, alimenta tutte le funzioni, a partire dai monitor fino ai microprocessori. Il secondo riguarda il meccanismo di carica e scarica dell’energia di defibrillazione, che può arrivare fino a 5000 V.

Sono dispositivi dotati di resistenza interna, in modalità automatica o manuale, in base al tipo di defibrillatore, l’energia accumulata dal condensatore viene scaricata. Per trasmettere lo shock al paziente si aziona il pulsante di scarica: si avrà la chiusura del circuito elettrodi-monitor e verrà rilevato il tracciato dell’elettrocardiogramma.

Voltaggio ed energia del defibrillatore

Il defibrillatore, alimentato da batteria ricaricabile, ha un voltaggio che varia dai 10 ai 16 volt se il circuito è a bassa tensione, e può a raggiungere i 5.000 V dell’energia di defibrillazione. L’energia di scarica è in genere pari a 150, 200 o 360 J. Nell’adulto, l’energia di scarica richiesta è di circa 200 J alla prima erogazione, mentre nella seconda può arrivare anche fino a 300 J.

Con l’utilizzo dello stesso quantitativo di energia si ottengono livelli di corrente più elevati una scarica dopo l’altra. L’aumento della corrente trasmessa si ha con una quantità di erogazione energetica superiore. Se i primi due shock non dovessero essere efficaci per la defibrillazione, la terza scarica dovrà aumentare la sua energia fino ad arrivare a 360 J.

La costante applicazione di energia si accumulerà nel condensatore. La corrente erogata è legata a resistenza o impedenza che vi è tra gli elettrodi del defibrillatore. L’impedenza è la resistenza al flusso di elettroni, misurata in Ohm, mentre la pressione che spinge gli stessi elettroni viene definita potenziale elettrico. Questo viene misurato in volt.

La defibrillazione consente il passaggio di un flusso di elettroni per una breve unità di tempo attraverso il cuore. Genera quindi corrente, che si misura in ampere. Avremo pertanto passaggio di elettroni per pochi millisecondi attraverso il cuore mediante una sostanza che genera resistenza sotto una certa pressione.

I rischi che possono generarsi utilizzando il defibrillatore riguardano l’elevata impedenza, che porta a una ridotta efficacia, generando scintille tra gli elettrodi e aumentando il pericolo di ustioni. Ciò ha maggiore probabilità di verificarsi specialmente per i pazienti nei quali si ha scarso contatto elettrico per via della peluria, che agevola il formarsi di aria tra cute ed elettrodi.

Per evitare ustioni è necessario anche assicurarsi che gli elettrodi non si tocchino tra loro, che non tocchino bendaggi, cerotti transdermici, e così via. E’ fondamentale osservare le norme di sicurezza al fine di assicurarsi che il voltaggio del defibrillatore non sia rischioso per la salute della vittima.

Redazione Nurse Times

Fonte: Emergency Live

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