Il cuore oltre l’ostacolo …

Vi è qualcosa di più, al secondo piano padiglione Asclepios del Policlinico di Bari, vi è qualcosa di più che di un semplice manipolo di uomini e donne che, giorno dopo giorno, muovono i loro passi nei  meandri sanitari e burocratici.

Di fronte a mille difficoltà ed avversità: turni massacranti, personale ridotto all’osso, materiale non sempre sufficiente e consono a soddisfare bisogni e necessità dei singoli pazienti e, come se non bastasse (ultima in ordine cronologico), l’entrata in vigore da novembre 2015, della legge 61/2014 (legge europea 2013-bis) in materia di turni e riposi a dare il colpo di grazia, la spada di Damocle sulla testa di professionisti ormai da anni, abituati a barcamenarsi, ad ingegnarsi, a sacrificarsi (anche) oltre il dovuto per poter consentire alla “barca” dell’assistenza infermieristica di solcare mari quanto meno più tranquilli.

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Sono proprio questi infermieri (anche se tale realtà è ormai presente nella stragrande maggioranza dei reparti), giorno dopo giorno, a gettare letteralmente – e non è un semplice eufemismo dato il reparto di appartenenza – il “cuore oltre l’ostacolo”.

Vorrei ora porre, all’attenzione dei nostri lettori, una lettera di Alessandra Pignocchi “Ore 3.15 di una notte di turno come tante …”. La cristallina ricostruzione di quello “sporco lavoro”, di quel continuo dare dietro le quinte, lontano dai riflettori, tra quattro mura ormai “amiche”…

Ore 3.15 di una notte di turno come tante …

“Ore 3.15 di una notte come tante passate davanti a dei monitor che mi dicono se il cuore fa il suo sporco lavoro.

Alcuni dai rintocchi lenti … altri così confusi da decidere ancora che strada prendere ed è proprio a questi che sono dedicati i miei occhi e quelli delle mie colleghe.

A quest’ora tutto sembra tranquillo, silenzioso, ma in un attimo tutto potrebbe cambiare. Ed è forse per questo che amo questo lavoro, è la mia parte concreta, razionale, i miei piedi a terra.

Io che mangio pane e sogni, avere uno schiaffo dal Mondo è sempre qualcosa di necessario.

Questo lavoro mi ha insegnato a non dare mai nulla per scontato, a fare i conti con la morte, a dare risposte esaurienti che non lascino mai dubbi e punti di domanda.

Mi ha dato la capacità di scegliere, a volte in un nanosecondo, dare le priorità, importanza e capire il valore del Domani.

Il cuore è un appartamento a poco prezzo, 4 stanze, un riscaldamento poco autonomo e collegamenti wifi con il cervello in cui downloadare tutti i buoni e i cattivi pensieri.

Il cuore non guarda in faccia a nessuno, accelera su strade pericolose e rallenta in curva con l’alta probabilità di farsi male.

Il cuore è un mare di onde su cui poche persone riescono a surfare.

Scambiano l’amore con la passione.

Scambiano un fidanzamento con una toppa per la solitudine.

Quando dividi la notte con delle persone, riesci a comprendere ogni sfumatura … le parole non hanno strutture, non hai maschere da indossare e ti ritrovi a parlar di te come non faresti con nessuno.

Quando hai tra le mani la vita delle persone, non esistono più rancori, diatribe, antipatie … le tue colleghe sono il prolungamento delle tue braccia, dei tuoi pensieri, del saper fare e del saper essere.

Fuori la nebbia sembra aver celato la città sotto un manto di magia, dentro di me tutto invece sembra più chiaro.

Giorni fa ho visto una puntata di Grey’s Anatomy in cui un vecchietto era intrappolato nel suo appartamento insieme alla moglie mentre tutto stava prendendo fuoco.

Avevano solo due opzioni per salvarsi; aspettare l’arrivo lento dei pompieri o gettarsi dalla finestra. Lui decide di gettarsi, abbraccia forte sua moglie e così avvinghiati si buttano dalla finestra. Lui di schiena con lo scopo di salvarla.

Allora ho pensato se io lo farei mai per qualcuno (a parte la mia famiglia) ma soprattutto ho pensato se qualcuno lo farebbe per me… ed è forse lì che tutto in me è stato più chiaro.

Mi è nato un sorriso, di quelli che sembrano la felicità ed ho capito che anche in mezzo al fuoco potrò sentirmi sempre al sicuro.

Mi viene in mente una frase di Bukowski “È Natale da fine ottobre. Le lucette si accendono sempre prima, mentre le persone sono sempre più intermittenti. Io vorrei un dicembre a luci spente e con le persone accese”.

Ore 3.22 di una notte come tante passate davanti a dei monitor che mi dicono se il cuore fa il suo sporco lavoro… il mio sì. E le luci sono spente”.

Scupola Giovanni Maria

 

Giovanni Maria Scupola

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Giovanni Maria Scupola

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