Coronavirus, paziente chiama e dottore non risponde: scatta indagine per lesioni personali colpose

Decine di telefonate senza esito. L’assistito, malato di Covid, denuncia il suo medico e la Procura di Padova apre un’inchiesta.

Dopo la denuncia di un 58enne che ha lamentato omissioni e ritardi nelle cure contro il coronavirus, la Procura di Padova ha iscritto nel registro degli indagati un medico di base con studio a Pianiga (Venezia), contestandogli il reato di lesioni personali colpose

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Tutto è iniziato il 7 dicembre 2020, quando il paziente, all’epoca dei fatti residente a Pianiga, apprese che un amico con il quale era stato in contatto la settimana precedente era risultato positivo al Covid-19. I suoi timori di essere rimasto contagiato aumentarono allorché la febbre gli salì a 38, inducendolo a chiamare il suo medico di famiglia per farsi prescrivere il tampone. Non sarebbero però bastate cinque telefonate per ricevere risposta, Così la moglie si rivolse alla guardia medica, ottenendo la ricetta per il test molecolare, effettuato nella stessa serata all’ospedale di Camposampiero (Padova).    

Il 9 dicembre l’uomo avrebbe provato a contattare nuovamente il medico curante (al quale l’Asl, come da prassi, aveva comunicato l’esito del test): nove telefonate, stavolta, con tanto di messaggi lasciati in segreteria. Solo all’ultima chiamata, tuttavia, avrebbe ricevuto risposta, ma dalla dalla segretaria, la quale gli riferì che il tampone era risultato positivo. “Nel pomeriggio del 10 dicembre, dopo altre due telefonate senza risposta al mattino, il suo medico di base lo ha chiamato, lo ha anche rimproverato per la discussione avuta con la sua segretaria, gli ha comunicato che il 17 dicembre si sarebbe potuto sottoporre a un nuovo tampone all’ospedale di Dolo e gli ha ordinato la cura”

, spiegano gli avvocati del paziente.

I sintomi, però, si aggravarono in fretta. L’11 dicembre il 58enne richiamò il medico, il quale stavolta rispose, assicurandogli che avrebbe inviato una mail all’Usca per una visita domiciliare. “Il nostro assistito ha atteso l’11, il 12 e il 13 dicembre, ma non è mai arrivato nessuno, e intanto la temperatura era schizzata a 39,5-40 – continuano i legali –. L’indomani, lunedì 14, non essendo scesa la febbre, il paziente fin dal mattino ha richiamato lo studio del medico di famiglia, ma su 17 telefonate è riuscito a parlare solo una volta con la segretaria: il dottore era impegnato. Questi si è fatto vivo nel pomeriggio, ma solo per assicurargli che avrebbe ricontattato l’Usca, che però nemmeno l’indomani si sarebbe vista”.

A quel punto fu contattato il 118 e l’uomo fu portato all’ospedale di Camposampiero. Il giorno dopo fu trasferito a Padova, dove il personale sanitario che lo prese in carico riuscì a salvarlo in extremis, per poi dimetterlo il 5 gennaio.

Redazione Nurse Times

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