Coronavirus, ormone dello stress definisce pazienti più a rischio

Lo rivale una ricerca dell’Imperial College sull’incidenza dei valori di cortisolo.

Un esame del sangue, semplice e di basso costo, potrebbe diventare una chiave per selezionare le persone che hanno contratto il virus Sars-CoV-2 e sono a maggior rischio di sviluppare forme cliniche più gravi dell’infezione. Sotto la lente d’ingrandimento della scienza, in chiave di possibile screening da effettuare subito al momento del triage una volta scoperta la positività, potrebbe essere la valutazione dei valori del cortisolo, meglio noto come ormone dello stress.

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La ricerca dell’Imperial College – Secondo uno studio pubblicato su Lancet Diabetes & Endocrinology, infatti, valori elevati di cortisolo sarebbero associati con un rischio più elevato di decesso in caso di malattia. La logica conseguenza di questa osservazione è che, selezionando i pazienti in base a questo parametro, si potrebbe definire chi è più a rischio di andare incontro a intubazione e quindi a trattamento in terapia intensiva.

La ricerca è stata condotta dagli scienziati dell’Imperial College di Londra, coordinati da Waljit Dhillo, che comanda la divisione della struttura londinese dedicata al diabete, all’endocrinologia e al metabolismo. Lo studio ha preso in esame 535 pazienti con sospetto di infezione da Sars-CoV-2, ricoverati in tre diversi nosocomi della capitale inglese nel periodo che va dal 9 marzo al 22 aprile di quest’anno. Entro 48 ore dall’accettazione in ospedale è stato valutato, insieme ovviamente agli altri test diagnostici, il valore del cortisolo nel sangue. E sono emerse le prime valenze interessanti relative a questo parametro, visto che nei 403 soggetti ricoverati e riconosciuti con Covid-19 il livello di cortisolo è risultato più elevato rispetto a quanto osservato in chi invece non aveva la malattia.

L’ipotesi – Si dirà: la scienza ha ormai rilevato come l’ormone dello stress salga di livello quando siamo sottoposti a un intervento chirurgico o stiamo affrontando un’infezione di origine virale. Ma parlando del Sars-CoV-2 non esistono certezze sull’azione del virus sulla produzione dell’ormone. O meglio, come si segnala nella ricerca, al momento non esistono certezze anche se i dati relativi ai pazienti colpiti da Sars dimostravano come i malati che sviluppavano il quadro respiratorio più grave potevano andare incontro a una risposta che stimolava la produzione di cortisolo. Quindi si poteva ipotizzare una reazione simile anche per l’infezione da Sars-CoV-2. La ricerca ha dimostrato che, a fronte di valori di cortisolemia nel sano e a riposo si aggira tra 100 e 200 nanomoli per litro e tende a scendere ancora nel sonno, nei pazienti con Covid-19 si arrivava anche oltre i 3mila, con livelli più alti di quelli osservati dopo un intervento chirurgico impegnativo.

Stress come parametro – Dall’indagine emerge poi che, tra i deceduti, chi aveva valori inferiori a 744 nanomoli per litro alla prima rilevazione aveva una sopravvivenza media di 36 giorni, contro i 15 giorni di chi superava questi valori. Insomma, valori abnormemente elevati di cortisolo nel sangue potrebbero diventare un marcatore in grado non solo di cogliere chi può essere a maggior rischio in caso di infezione, ma anche e soprattutto di semplice impiego. In futuro, secondo quanto riporta lo stesso Dhillo in un documento dell’Imperial College, a fianco della valutazione dell’ossimetria anche il livello dell’ormone dello stress potrebbe diventare un parametro per identificare chi è a maggior rischio e richiede più facilmente cure intensive.

Redazione Nurse Times

Fonte: Il Sole 24 Ore

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