Coronavirus, l’epidemiologo Ciccozzi: “Per far adattare il virus bisogna vaccinare almeno il 75% della popolazione”

L’esperto dice la sua sull’incubo varianti e sulle strategie da porre in atto per contrastare la pandemia.

Cos’è una variante? Quali sono quelle che devono preoccupare di più? Ci sarà la necessità di un richiamo per i vaccini, magari tra un anno, e con quali costi per i sistemi sanitari mondiali? Questi i temi dell’intervista in tema di coronavirus realizzata dall’agenzia di stampa Dire con Massimo Ciccozzi (foto), direttore dell’Unità di Statistica medica ed epidemiologica dell’Università Campus Bio-medico di Roma.

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L’incubo varianti, in particolar modo quella inglese, che sembra aggredire anche i bambini, non rende tranquilli, nonostante la campagna over 80 e under 55 sia partita per alcune professioni. Può spiegarci che cos’è una variante e cosa dobbiamo aspettarci in questi mesi dal maledetto virus?

“Una variante è un virus che fa una mutazione e che in qualche modo gli offre un vantaggio evolutivo. Il cambio di un aminoacido, rispetto a quello che possiede naturalmente, offre la possibilità al virus di una maggiore diffusione e a volte di una maggiore letalità. Questo coronavirus è più contagioso ma non letale. Le mutazioni che offrono al virus un vantaggio evolutivo sono sulla proteina Spike, o meglio sul ‘sito di aggancio’ al recettore nostro cellulare. Nell’ultimo mese abbiamo visto tre varianti importanti: inglese, brasiliana e sudafricana.

È notizia fresca, quella di una variante inglese che sembra provenire dalla Nigeria e possa dare problemi ma sono in corso degli studi a riguardo. La variante inglese è quella che circola maggiormente in Europa e presenta una mutazione importante, che è la 501y, che dà il vantaggio al virus nella diffusione rispetto la mutazione 614dg, che da noi già aveva sostituito il ceppo originario di Wuahn a febbraio scorso, che peraltro circolava in tutta Europa, ma non se ne è parlato più di tanto. Non capisco adesso la paura della variante inglese. Sappiamo che il sistema da adottare è sempre lo stesso: mascherina e distanziamento.

La seconda mutazione brasiliana e sudafricana potrebbe preoccupare un po’ di più perché sembra che intervengano sugli anticorpi. Se rende efficace gli anticorpi, rende meno efficace – ma di poco – un vaccino perché questo funziona stimolando proprio gli anticorpi, ma non azzera assolutamente l’efficacia vaccinale. Gli stessi inglesi dicono che la variante inglese è aggressiva con i bambini. Non sono d’accordo: il virus non distingue età e il sesso. Il virus infetta e basta. Probabilmente i bambini si infettano perché, fermo restando che c’è maggiore contagiosità, non hanno le stesse accortezze anti contagio degli adulti”.

Le voci che circolano anche dopo i primi incontri tra il Cts e il nuovo Governo Draghi lasciano pensare a nuove restrizioni e lockdown mirati. Dall’altra parte c’è chi invoca la zona rossa in tutta la nazione per un periodo limitato per azzerare i contagi. Lei per cosa opterebbe e perché?

“Farei lockdown mirati, visto che stiamo parlando di diffusioni di varianti, perché la diffusione non è omogenea in tutto il territorio nazionale, ma è a cluster. Ce ne sono quattro o cinque, in questo momento. Prima andrei chirurgicamente a fermare questi cluster e nell’ambito di una sorveglianza molecolare, che è in via di discussione e si sta iniziando ora, per cui non abbiamo oggi elementi per capire bene quante varianti ci sono in giro, sparse a macchia di leopardo.

Ma se con queste misure locali non accade nulla nell’arco di 15 giorni, allora è chiaro che bisogna fare un ‘giro di vite’. Attenzione, però, ricordiamo che il lockdown stretto fatto lo scorso anno non ha azzerato la curva, e avevamo comunque almeno un centinaio di casi al giorno mai andati a zero. Se ci comportiamo male, vanno messe regole strette. Credo però che, esclusa l’estate scorsa, ci siamo comportati correttamente”.

Questi vaccini validati o in fase di validazione finale da parte delle agenzie regolatorie saranno in grado di rispondere alla varianti? E saranno necessari richiami, ad esempio tra un anno, e con quale costi per il Ssn?

“Questi vaccini funzionano, per ora, anche sulle varianti di cui abbiamo parlato, se le varianti rimangono queste. Dico così perché, più il virus circola, più è possibile che faccia mutazione. E se ne trae un vantaggio evolutivo, queste si fissano e rimangono sulla proteina spike.

Per ora non sembra questo il caso, ma se abbiamo mutazioni che cambiano la Spike in maniera importante, abbiamo comunque i vaccini Pfizer e Moderna che sfruttano l’Rna messaggero, e i dati presentati dalle stesse company dichiarano che in sei settimane riescono a modificare questo Rna e a produrre una nuova proteina. Questo perché l’Rna Messaggero induce il nostro sistema a produrre anticorpi, e ciò avviene su sintesi chimica in modo semplice e veloce. Insomma, si può produrre tanto Rna messaggero nel giro di due o tre giorni. Ma la sintesi della proteina è biologica, per cui ci vuole più tempo.

Visto che il virus non se ne vuole andare, dobbiamo fare in modo che si adatti il più possibile a noi, cioè quella che è definita evoluzione convergente in termini filogenetici ed evoluzionistici. Quindi si adatterà a noi, si ritrarrà in qualche modo, e allora diventerà endemico e dunque non ci farà quasi più male. Può darsi che a intervalli regolari di tempo dovremo vaccinarci con richiami, ma l’importante è fare in modo che il virus si adatti il più possibile a noi. Per fare questo dobbiamo vaccinare almeno il 75% della popolazione, in modo che l’effetto gregge faccia il resto insieme all’uso dei Dpi. Solo così il virus perderà forza”.

Sempre in riferimento al piano vaccinale, numeri alla mano, potevamo organizzare di più e meglio? Pensiamo ai pazienti non over 80 (più giovani)m ma con comborbilità importanti, e ai pazienti oncologici, che ancora non sono chiamati in causa. E l’Italia in tal senso come si posiziona?

“A posteriori posso dire che si poteva fare di meglio. Il nostro problema grosso è stato sulle scorte del vaccino, dunque potevamo fare un contratto forse migliore? Di sicuro avrei organizzato magari le vaccinazioni in maniera più ‘militare’, grazie a un coinvolgimento maggiore dell’esercito, delle caserme, con più medici. Avrei vaccinato giorno e notte, avrei organizzato più hub. Insomma, avrei guardato al modello israeliano nel quadro di un piano vaccinale strategico”.

Redazione Nurse Times

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