La triscaidecafobia, secondo la tradizione greca, è la paura sconsiderata per il numero 13, ancora più irragionevole se si associa al venerdì 13.
“Venerdì 13 marzo”… E’ proprio in questa data che ha avuto inizio la mia avventura come infermiere di supporto nel reparto di malattie infettive per assistere i pazienti affetti da Covid-19. Una data che, come un bisturi implacabile, è penetrata nel mio cuore, ma anziché lasciare cicatrici ha creato un sentiero di speranza tutto da percorrere.
In questo viaggio, perché è proprio così che voglio definirlo, ho avuto la possibilità di conoscere nuovi colleghi, veri professionisti che non si sono mai tirati indietro, continuando a fare il loro lavoro. Semplici Donne e Uomini, non eroi, che con vero amore per la loro professione hanno deciso di non arrendersi e continuare a lottare giorno dopo giorno contro le avversità che la vita ci presenta.
Ogni giorno, avvolti nelle loro tute protettive, hanno lasciato a casa figli, mogli e mariti, superando la paura, per assistere chi in questa emergenza ha veramente bisogno di aiuto, di supporto, di ascolto. Grande professionalità e spirito di gruppo alberga in ognuno di loro, che con le loro gesta e le loro parole assistono e danno cura ai loro pazienti come fossero loro cari.
Se è proprio nei momenti difficili che l’uomo tira fuori il meglio di sé, provate a immaginare quando questi uomini lavorano insieme per un unico scopo. Ho visto una direzione ospedaliera che in pochi giorni è riuscita nell’impossibile: creare dal nulla aree per i pazienti positivi al Covid-19, creare aree sub-intensive, riorganizzare il personale, modulare protocolli, ottimizzare le risorse e tanto altro ancora.
Se dietro ogni esperienza si nasconde un’occasione di cui poter fare tesoro, quel venerdì 13 marzo non ha nulla a che fare con la paura. Prima di essere medici, infermieri, operatori o qualsiasi altro professionista, siamo Uomini. Uomini capaci di costruire sentieri da percorrere per evadere da quella paura che sta affliggendo le nostre famiglie e i nostri cari. Un sentiero chiamato speranza.
Daniele Emidio Fagone La Zita
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