Coronavirus, ecco perché i bambini si ammalano meno

Uno studio italiano ha individuato il motivo nella Neuropilina 1, molecola molto meno espressa nel tessuto epiteliale nasale dei più giovani.

Fin dall’inizio della pandemia, medici e ricercatori si sono interrogati sui motivi della differente espressività clinica dell’infezione da coronavirus in età pediatrica. I bambini e i giovani di età inferiore ai 20 anni hanno infatti una suscettibilità a contrarre l’infezione pari a circa la metà rispetto agli adulti e, oltre ad essere molto spesso asintomatici, presentano quadri clinici comunque molto meno severi (e più spesso a carico del tratto gastrointestinale), con una prognosi nettamente migliore ed una letalità decisamente inferiore rispetto agli adulti.

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Il gruppo di ricercatori coordinati da Roberto Berni Canani, professore di Pediatria dell’Ateneo Federico II e Principal Investigator del CEINGE-Biotecnologie Avanzate, ha ora svelato la causa di queste differenze. Gli studiosi hanno analizzato i campioni biologici ottenuti dalle alte vie del respiro e dall’intestino (le due principali vie di ingresso del coronavirus nel nostro organismo) di bambini e adulti sani, dimostrando che una molecola, denominata Neuropilina 1 e molto meno espressa nel tessuto epiteliale nasale dei bambini.  Si tratta di un recettore in grado di potenziare l’entrata del virus SARS-CoV2 nelle cellule e la diffusione nell’organismo. La Neuropilina1 ha un ruolo cruciale nel consentire l’attacco al recettore ACE-2 con cui la proteina Spike del coronavirus si lega per entrare nelle cellule dell’ospite.

Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Frontiers in Pediatrics, è frutto di una collaborazione tra gruppi di ricerca operanti presso il CEINGE-Biotecnologie Avanzate

e guidati rispettivamente da Roberto Berni Canani (tra l’altro membro della Task Force per gli studi del Microbioma dell’Università di Napoli Federico II) e Giuseppe Castaldo (professore dell’Università Federico II, Principal Investigator e coordinatore della Diagnostica CEINGE), con i gruppi di ricerca dell’Università degli Studi Federico II, guidati da Elena Cantone e Nicola Gennarelli e dell’Università Vanvitelli, guidati da Caterina Strisciuglio.

«Abbiamo identificato un importante fattore in grado di conferire protezione contro SARS-CoV-2 nei bambini – afferma Roberto Berni Canani –, che si aggiunge ad altri fattori immunologici che stiamo studiando. La definizione di questi co-fattori sarà molto utile per la creazione di nuove strategie per la prevenzione ed il trattamento del Covid-19».

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