Coronavirus, come procede la diffusione del vaccino?

Italia seconda in Europa dopo la Germania. Francia in ritardo. Scelte particolari in Gran Bretagna e India.

L’Europa (ma non solo) è alle prese con le difficoltà di produzione e di somministrazione del vaccino contro il coronavirus. Persino la virtuosa Germania, in testa nel continente per numero di iniezioni (165mila), deve fronteggiare interruzioni locali, dovute alla carenza di fiale, e problemi di mantenimento della catena del freddo, per la scelta di ordinare grosse quantità di vaccino tutte insieme. La Francia, la più arretrata fra le grandi nazioni europee, con poche centinaia di iniezioni, paga la grossa quota di cittadini scettici (una delle più alte del mondo) e la poca convinzione del governo.

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Da lunedì dovrebbero iniziare le somministrazioni fra il personale sanitario over 50. In Italia la distribuzione e la somministrazione stanno procedendo dal 27 dicembre senza intoppi: gli uffici del commissario per l’emergenza, Domenico Arcuri, hanno sottolineato che il nostro Paese si colloca al secondo posto in Europa.

Nemmeno in Gran Bretagna, il Paese che ha puntato tutto su una partenza sprint, la situazione è rosea. È vero che Londra ha già superato la boa del mezzo milione di vaccinati e procede spedita verso il milione, ma a prezzo di scelte e compromessi che lasciano perplessi molti esperti nel mondo. Non solo per l’approvazione accelerata dei vaccini di Pfizer-BioNTech e del campione locale di AstraZeneca e Oxford. Ma anche per le scelte, negli ultimi due giorni, di ritardare la somministrazione delle seconde dosi ai già vaccinati, dando la precedenza a chi deve ancora ricevere la prima dose. E di autorizzare, se necessario, l’uso per la seconda dose di un vaccino diverso da quello della prima. Pratica sconsigliata dalle stesse ditte produttrici, perché non testata durante le sperimentazioni.

La Germania, che ospita la BioNTech, la quale ha messo a punto l’unico vaccino usato finora in Europa (prodotto con Pfizer), scalpita per il numero contenuto di dosi acquistato dalla Commissione Europea (300 milioni). Uscendo dal binario degli accordi continentali (e causando malumori fra i paesi partner), ha acquistato in proprio altri 30 milioni di dosi. Fra i politici tedeschi, c’è chi scalpita perché Berlino acquisti più dosi in modo indipendente dal resto d’Europa. A Marburg

la Germania avvierà presto una nuova linea produttiva del vaccino Pfizer-BioNTech, ma le strettoie restano.

Nelle case di riposo, la scelta degli anziani da vaccinare subito (71mila finora gli ospiti delle Rsa immunizzati) è stata affidata al sorteggio. Di “grave fallimento” ha parlato ieri, in un’intervista al giornale Welt, una rappresentante dell’Accademia nazionale delle scienze leopoldina, la neurologa Frauke Zipp. “Perché la scorsa estate è stata prenotata una maggiore quantità di dosi?”, si è chiesta. Ieri il fondatore di BioNTech, Ugur Sahin, aveva rilasciato un’intervista allo Spiegel: “Il processo in Europa non è stato rapido e diretto come in altre nazioni”.

Le dose acquistate, in teoria, sono sufficienti per tutti. L’Europa ha comprato 2,1 miliardi di dosi da sei ditte produttrici. Ma arriveranno con il contagocce per tutto il primo trimestre del 2021. Pfizer e BioNTech daranno al continente (quasi mezzo miliardo di persone) 300 milioni di dosi, sufficienti a immunizzare 150 milioni di individui. Moderna, finanziata con 2 miliardi di dollari dalla Casa Bianca, si preoccuperà di rifornire soprattutto il mercato americano, lasciando all’Europa 160 milioni di dosi residue. Dovrebbero essere autorizzate il 6 gennaio.

AstraZeneca, che con 400 milioni di dosi doveva rappresentare uno dei serbatoi principali del continente, è rimasta frenata da un errore di dosaggio durante le sperimentazione e dalla pubblicazione di una serie di dati di efficacia non del tutto coerenti. Dovrà condurre test aggiuntivi. Ma nonostante i dubbi, il vaccino messo a punto con l’università di Oxford dovrebbe essere approvato in Europa alla fine di gennaio e contribuire a placare la nostra sete di fiale.

Due milioni di dosi a settimana sarà la capacità produttiva del vaccino inglese, secondo quanto pubblicato dal quotidiano The Times. Il giornale cita fonti dell’azienda “autorevoli”, ma pur sempre anonime, in linea con una politica di annunci non ufficiali che sta infastidendo le autorità regolatorie sia in Europa che negli Stati Uniti. L’Fda americana non a caso ha annunciato che l’approvazione di AstraZeneca non avverrà prima di aprile. Eppure neppure gli Usa navigano in acque tranquille. Avevano programmato di vaccinare 20 milioni di persone entro il 31 dicembre. Si trovano attorno ai 4.

Il via libera ieri del vaccino inglese da parte dell’India (oltre che della Gran Bretagna) aprirà, almeno in parte, il rubinetto delle fiale nei Paesi in via di sviluppo. Il Serum Institute indiano da solo produrrà un miliardo di dosi di AstraZeneca. Ma l’efficacia media del prodotto inglese (70%) resta lontana da quella dei vaccini a Rna di Pfizer-BioNTech e di Moderna, la cui tecnologia non è alla portata del Serum Institute.

In Europa, a fine marzo, dovrebbe arrivare la primavera anche sul fronte dei vaccini, con Johnson&Johnson (400 milioni di dosi, senza necessità di un richiamo). I test dell’azienda americana sono finiti. Si sta mettendo insieme il dossier da sottoporre alle autorità regolatorie. Sanofi, un altro grande produttore da 300 milioni di dosi insieme a Gsk, non ha raggiunto un’efficacia soddisfacente nelle sperimentazioni. Dovrà ripetere altri test, arriverà così solo a estate inoltrata.

La tedesca CureVac (405 milioni di dosi), infine, sta procedendo più lentamente e potrà essere approvato nell’ultimo trimestre. Dopo l’estate, se tutto andrà bene, l’Italia potrebbe ricevere anche le prime dosi del suo vaccino, messo a punto dalla biotech ReiThera di Castel Romano. I test di fase uno sono stati completati, ma mancano ancora la due e la tre e i fondi scarseggiano. Se tutto andrà bene, dall’azienda laziale potrebbero uscire 10 milioni di dosi al mese.

Redazione Nurse Times

Fonte: la Repubblica

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