Coronavirus, carenza di posti letto al Policlinico di Bari: Pronto soccorso allo stremo

Code di ambulanze all’esterno della struttura. Le prime operazioni sul paziente sono effettuate sulle barelle del 118.

Nell’area Covid del Policlinico di Bari non è facile trovare letti disponibili e spazi per accogliere i pazienti, alcuni dei quali sono sulle carrozzine o hanno bisogno di ossigeno. Diverse le ambulanze in coda all’esterno e molte persone biusognose di cure stazionano sulle lettighe degli stessi mezzi di soccorso. E di ora in ora cresce la pressione sugli ospedali pugliesi. Come ha ammesso dal governatore Michele Emiliano, sono soprattutto le strutture delle province di Bari e di Taranto quelle più in sofferenza per l’aumento esponenziale dei casi di coronavirus. In questi giorni, se tutto va bene, dovrebbe iniziare il trasferimento dei malati all’ospedale realizzato nella Fiera del Levante.

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Il caos ambulanze al Policlinico è un problema molto grave, perché il Pronto soccorso è allo stremo. In pratica è accaduto che due equipaggi del 118 sono dovuti rimanere in attesa che venissero loro restituite le barelle, nel frattempo condotte con i pazienti all’interno del nosocomio, per riprendere la corsa e raccogliere altre chiamate. «Purtroppo sì, al momento siamo in emergenza – conferma Vito Procacci, direttore del Ps –. Abbiamo di gran lunga superato i livelli di marzo 2020. E i pazienti sono molto più giovani e molto gravi».

«Purtroppo le prime operazioni sul paziente sono effettuate sulle barelle stesse – spiegano al Policlinico –. Ogni volta che arriva un paziente, prima di liberare la barella del 118 e indipendentemente dal fatto sia arrivato dichiarandone la positività conclamata, sono messe in essere tutte le procedure necessarie: dalla visita diagnostica alla stabilizzazione. Solo dopo il paziente può essere condotto nel reparto e restituita la barella all’ambulanza». Nel frattempo i soccorritori del 118 procedono alla loro sanificazione, svolta anche sul marciapiede davanti al Pronto soccorso, e quindi all’interno dell’ambulanza, barella compresa, una volta rientrata. «Per ogni ricovero un paio di ore di attesa – commentano dal Policlinico –, che equivalgono a bloccare il mezzo prima di essere di nuovo operativa».

Già da qualche settimana si è costretti a chiedere sempre più spesso agli operatori del 118 di dirottare i codici giallo e verde, e i no-Covid, quando è possibile, sono mandati alle strutture più vicine, come l’ospedale Di Venere e il San Paolo. Nonostante la possibile assistenza domiciliare dell’Usca, il panico scatenato dal respiro corto e da una saturazione in discesa libera fanno correre il paziente a chiamare il 118 e a fare del Pronto soccorso del Policlinico l’immediato punto di riferimento. «Da domenica notte abbiamo dovuto applicare il piano ufficiale “massiccio afflusso pazienti” – spiega Procacci –, che ci ha consentito di recuperare spazi».

Inevitabile l’effetto domino. Preoccupa, infatti, anche la scarsità di ossigeno a disposizione della struttura. «Abbiamo subito fatto un rifornimento straordinario – conferma il direttore –. Ormai si consumano quasi 50 bombole al giorno. Domenica notte abbiamo trasformato la Sala Rossa in Semintensiva Covid, recuperando altri dieci posti letto. Il passaggio successivo è stato spostare la sala rossa nell’accettazione e, di conseguenza, l’accettazione è stata spostata nella sala attesa codici verdi. Così abbiamo ottenuto un sostanziale raddoppio degli spazi assistenziali. Tutto ciò in attesa dell’imminente attivazione di altre due sale di Semintensiva nel Pronto soccorso». Un’altra sala operatoria, attrezzata con le macchine per la ventilazione assistita, è alla palazzina Asclepios, ma viene gestita dalla Rianimazione.

Redazione Nurse Times

Fonte: La Gezzetta del Mezzogiorno

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