Coronavirus, al via la somministrazione del vaccino Pfizer: dopo quanto tempo si è al sicuro?

La casa produttrice assicura una forte protezione già dopo la prima dose, ma per la copertura completa serve circa un mese.

Il vaccino Pfizer/BioNTech contro il coronavirus è stato soministrato a Margaret Keenan, quasi 91enne dell’Irlanda del Nord, la prima persona al mondo a beneficiarne. Ma quanto ci vorrà veramente, per lei e per tutti coloro che prossimamente saranno vaccinati, per potersi dire finalmente al sicuro? La casa produttrice ha dichiarato che il vaccino va somministrato in due dosi a distanza di tre settimane l’una dall’altra e che l’efficacia è raggiunta a distanza di sette giorni dalla seconda dose.

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Ugur Sahin, ceo e co-fondatore di BioNTech, ha detto anche: «Lo studio di fase 3 indica che un alto tasso di protezione contro Covid può essere raggiunto molto rapidamente già dopo la prima dose». Un documento pubblicato dall’americana Food and Drug Administration (Fda), secondo quanto riporta il New York Times, parla di “una forte risposta immunitaria nei primi 10 giorni dalla somministrazione della prima dose”.

La Fda ha rilasciato proprio oggi un’analisi dettagliata del vaccino Pfizer/BioNTech in vista di una riunione di un gruppo di esperti indipendenti che domani consiglieranno all’agenzia se concedere o meno l’autorizzazione all’uso di emergenza. L’analisi dell’agenzia in sostanza conferma i dati degli studi della casa produttrice, rilevando che “non sono stati identificati problemi di sicurezza specifici”, e confermando una “forte protezione” anche dopo la prima dose. Il vaccino è stato giudicato sicuro ed efficace, due requisiti che fanno credere che domani ci sarà l’approvazione ufficiale.

Per la sicurezza totale, comunque, i vaccinati farebbero bene a proteggersi fino a una-due settimane dalla seconda dose, quindi a circa un mese dalla prima inoculazione. «Per la protezione ci vogliono settimane: la risposta immunitaria ha bisogno di tempo per “maturare” ed essere ottimale – spiega Sergio Abrignani, immunologo dell’Università Statale di Milano e dell’Istituto di Genetica molecolare “Romeo ed Enrica Invernizzi” –. Normalmente servono due settimane dalla seconda iniezione per avere un buon livello di protezione. Dato che abbiamo fatto una corsa contro il tempo per arrivare al vaccino, alcuni dettagli arriveranno dopo ulteriori studi, in maniera più definitiva. Per ora assumiamo che anche il vaccino Pfizer si comporti come tutti gli altri, come sembra, perché hanno visto che la protezione si sviluppava poche settimane dopo la seconda dose. Parliamo sempre di protezione dalla malattia».

L’efficacia del vaccino arriva fino al 95%, una cifra alta, se si pensa che quello dell’influenza arriva al 40-60%. E quel 5% di persone che non saranno protette? «In tutte le vaccinazioni il 100% non esiste e qualcuno non sarà protetto – chiarisce Abrignani –. Chi è vaccinato, però, qualora si ammalasse di Covid-19, farebbe la malattia in modo attenuato. La Pfizer ha dichiarato che quei 7-8 pazienti, che si sono infettati negli studi di efficacia di Fase 3 nonostante il vaccino (rispetto ai 162 che avevano ricevuto il placebo), non hanno avuto una forma severa di malattia. Si conferma quindi quello che vale anche per l’influenza: le persone che si ammalano lo stesso evitano le complicanze peggiori».

L’Europa si è già assicurata la sua fetta di vaccino grazie a un contratto firmato il 10 novembre con Pfizer e BioNTech, il quarto dopo quelli siglati con AstraZeneca, Sanofi-Gsk e Johnson & Johnson. L’accordo, annunciato da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, consta di due parti: la prima per la fornitura di 200 milioni di dosi, a cui potrà essere aggiunta un’opzione per altri 100 milioni, assegnati con criteri da stabilire. La quota riservata all’Italia, per ora relativa alla prima tranche, è il 13,51% del totale, ovvero 27 milioni di dosi. La ripartizione avviene sulla base della popolazione di ciascuno Stato membro rispetto al totale degli abitanti Ue.

Redazione Nurse Times

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