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Consiglio di Stato: “No a stabilizzazione per sanitari assunti con cooperativa o agenzia interinale”

Il Consiglio di Stato ha confermato quanto stabilito dal Tar di Napoli, rigettando il ricorso dei lavoratori precari di una “azienda ospedaliera della Campania”.

Nel corso di un ricorso al Tar di Napoli i lavoratori precari di una “azienda ospedaliera della Campania” hanno visto respinte le loro richieste di stabilizzazione. Avevano svolto prestazioni lavorative in diversi ruoli professionali in virtù di contratti flessibili e di somministrazione ottenuti tramite cooperative o agenzie interinali selezionate dall’amministrazione sanitaria.

I ricorrenti hanno contestato la delibera del direttore generale dell’azienda ospedaliera, datata 1° luglio 2020, che ha escluso il personale in somministrazione dalla procedura di stabilizzazione prevista dall’art. 20, comma 2, del D.lgs. 25 maggio 2017, n. 75. Secondo i ricorrenti, la disposizione speciale dell’art. 10, comma 10, dello stesso Decreto legislativo, applicabile al settore sanitario, avrebbe dovuto prevalere sulle altre norme che escludono i contratti di somministrazione in tutti gli altri settori della pubblica amministrazione.

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Tuttavia il Tar di Napoli ha respinto le richieste dei ricorrenti, sostenendo che la disposizione speciale del comma 10 dell’art. 10 del D.lgs. n. 75 del 2017 non era applicabile per motivi di diritto intertemporale. Tale disposizione, modificata dall’art. 1, comma 468, della legge 27 dicembre 2019 n. 160, aveva infatti efficacia limitata fino al 31 dicembre 2019 per l’indizione delle procedure concorsuali straordinarie.

La questione è finita di fronte al Consiglio di Stato, che con sentenza del 18 luglio 2023 ha rigettato il ricorso degli appellanti: “Per il personale dirigenziale e non dirigenziale del Servizio sanitario nazionale, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 543, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208, la cui efficacia è prorogata al 31 dicembre 2019 per l’indizione delle procedure concorsuali straordinarie, al 31 dicembre 2020 per la loro conclusione, e al 31 ottobre 2018 per la stipula di nuovi contratti di lavoro flessibile ai sensi dell’articolo 1, comma 542, della legge 28 dicembre 2015, n. 208”.

Dalla richiamata disciplina risulta evidente che il contratto di somministrazione non dà titolo alla stabilizzazione (comma 9). La Corte Costituzionale, con sentenza n. 250 del 21 dicembre 2021, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 20, comma 9, del D.lgs. n. 75 del 2017, nella parte in cui esclude i lavoratori utilizzati in base a contratti di somministrazione di lavoro presso le pubbliche amministrazioni dalla possibilità di essere “stabilizzati” alle dipendenze di quest’ultime, alle condizioni previste dai commi 1 e 2 del medesimo art. 20, rispettivamente, per i lavoratori titolari di contratto di lavoro a tempo determinato e quelli titolari di contratto di lavoro flessibile.

L’efficacia delle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 543, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (che invece dispongono in deroga a tale precetto) è stata prorogata al 31 dicembre 2019 per l’indizione delle procedure concorsuali straordinarie, e al 31 dicembre 2020 per la loro conclusione (comma 10). Nel caso di specie, la procedura di cui è causa è stata indetta successivamente a tale data. La presenza di atti sostanzialmente programmatori in data anteriore al 31 dicembre 2019 non può avere rilievo sulla disciplina applicabile, che non può che essere quella presente alla data dell’avviso pubblico finalizzato alla stabilizzazione del personale precario.

Per il Consiglio di Stato non può assumere rilievo neppure la circostanza che l’efficacia che il comma 10 dell’art. 20 del D.lgs. 25 maggio 2017, n. 75, a norma dell’art. 1, comma 468, della Legge 27 dicembre 2019, n. 160, sia stata prorogata, a decorrere dal 1° gennaio 2020, al 31 dicembre 2019 per l’indizione delle procedure concorsuali straordinarie, e al 31 dicembre 2020 per la loro conclusione. L’art. 20, comma 1, dello stesso decreto legislativo stabilisce infatti che la indizione delle procedure debba avvenire in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni, che risulta incontestato essere stato nuovamente approvato nel 2020 (delibera della Giunta regionale n. 139 del 17 marzo 2020). Di conseguenza il ricorso è stato respinto e la sentenza impugnata è stata confermata.

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