Nel cervello si nasconde un orologio biologico che “tagga” le nostre esperienze quotidiane, marcandole con l’orario e mettendole in ordine temporale un po’ come fa Instagram quando pubblichiamo le storie. In questo modo nasce la percezione soggettiva del tempo, grazie ad una rete di neuroni localizzata nella cosiddetta “corteccia entorinale laterale” posta vicino all’area cerebrale che regola la percezione dello spazio.
Lo dimostra lo studio pubblicato sulla rivista Nature dai ricercatori norvegesi del Kavli Institute for Systems Neuroscience, diretto dal neuroscienziato Edvard Moser che nel 2014 ha vinto il Nobel per la medicina grazie alla scoperta del ‘Gps’ del cervello.
“Oggi abbiamo una buona comprensione del modo in cui il cervello processa lo spazio, mentre la nostra conoscenza del tempo è meno coerente”, spiega Moser. Per colmare questa lacuna, i ricercatori norvegesi hanno monitorato l’attività cerebrale di topi di laboratorio, riuscendo a registrare per la prima volta un forte segnale, proveniente dalle profondità del cervello, che è capace di codificare il tempo
. A produrlo è un circuito neuronale che “fornisce la marca temporale agli eventi e li mette in ordine in un’esperienza”, precisa il Premio Nobel.“Il nostro studio – aggiunge il primo autore, Albert Tsao – rivela come il cervello genera il senso del tempo quando viviamo un evento. Il circuito non codifica il tempo in modo esplicito, ma piuttosto misura il tempo soggettivo che deriva dal flusso dell’esperienza”. Modificando le attività svolte, ovvero il contenuto stesso dell’esperienza, è possibile alterare il corso del segnale temporale scandito dall’orologio, modificando di fatto la percezione soggettiva del tempo.
Redazione Nurse Times
Fonte: www.ansa.it
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