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Catania: primo impianto percutaneo in Italia di valvola mitralica HighLife a cuore battente

 

Tanto clamore ha destato in questi ultimi giorni la notizia del primo impianto in Italia di valvola mitralica HighLife per via percutanea e a cuore battente, eseguito dal Prof. Corrado Tamburino presso l’unità di Cardiologia Interventistica, dell’Ospedale Ferrarotto di Catania un vero centro di eccellenza

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Tanto scalpore sui media non è, a mio avviso, solo da ricondurre ad un intervento tanto innovativo, che ha permesso di impiantare una valvola mitralica ad un paziente che altrimenti sarebbe stato inoperabile a causa delle sue condizioni cliniche, ma anche al fatto che questo stesso intervento, sia stato realizzato in una città del meridione, ossia Catania, che fa del Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare un vero centro di eccellenza non solo nazionale, ma anche internazionale.

L’eccezionalità di questo intervento risiede nell’aver scelto un approccio di tipo percutaneo, a cuore battente, senza sternotomia e circolazione extracorporea. Il Ferrarotto, dicevamo è un centro di eccellenza e all’avanguardia per ciò che concerne i trattamenti percutanei delle valvole cardiache a paziente sveglio. Sempre nello stesso centro infatti è stato realizzato il primo impianto in Italia di valvola aortica e clip della valvola mitrale, a paziente sveglio.

Abbiamo cercato di capire quale sia il motivo che fa di questo centro una vera eccellenza a livello mondiale. Tanto per cominciare nel Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare afferiscono la Cardiochirurgia, la Cardiologia, l’Angiologia, la Chirurgia vascolare, la Chirurgia toracica e la Cardiologia pediatrica, ma anche le migliori professionalità, medici ed infermieri, che fanno sì che si possano trattare in maniera non convenzionale pazienti che arrivano da tutta Italia e anche dall’estero.

Questa struttura tra l’altro richiama anche medici che vogliono acquisire queste nuove metodologie da ogni parte del mondo. Inoltre si eseguono interventi in video conferenza per formare e far acquisire ai professionisti che non possono giungere nella nostra terra, nuove metodologie di approccio ai pazienti cardiopatici.

Alla base di tanto successo, dunque, vi sono una tecnologia spinta, tecniche innovative e lavoro di gruppo. Abbiamo deciso di capirne di più chiedendo ai diretti interessati di spiegarci come sia possibile fare buona sanità anche in una Regione del Sud Italia, la Sicilia, che vive perennemente in lotta per far quadrare i conti di una Sanità dissestata da anni di malgoverno e crisi economiche perduranti.

Abbiamo chiesto di rispondere a qualche nostra domanda al Direttore del Dipartimento cardio-toraco-vascolare, Prof. Corrado Tamburino e alla Coordinatrice infermieristica, Sig.ra Nancy Miraglia, che ringraziamo per la loro grande disponibilità.

E’ di questi giorni l’esternazione del Segretario nazionale Anaao Assomed, Costantino Troise, il quale afferma che: “Al Sud si muore di più e si vive di meno, ci si ammala di più e si guarisce di meno, di più si viaggia alla ricerca di speranze, insieme trasferendo risorse alle regioni più ricche, la garanzia dei LEA è più spesso un optional”. L’intervento da lei realizzato Professore ed i numeri che riuscite a fare in termini di prestazioni annuali dimostrano che in realtà, anche qui da noi è possibile fare buona sanità, come si conciliano a suo modo di vedere questi due aspetti?

Anche se la forbice Nord-Sud è una condizione nota che ovviamente non riguarda solo la sanità, credo sia importante fare dei distinguo ed evitare generalizzazioni. La collaborazione con la Regione nel nostro caso è stata fondamentale per lanciare e mantenere ad alti livelli il programma di cardiologia interventistica valvolare e strutturale. Noi da parte nostra mettiamo impegno, competenze ed entusiasmo. Negli ultimi anni ho assistito ad un fenomeno di migrazione al contrario, con pazienti che sono giunti a Catania, alla nostra osservazione, da altre parti d’Italia o persino del mondo

”.

Ed inoltre, questo approccio di tipo percutaneo a cuore battente , senza sternotomia e circolazione extracorporea, utilizzato per sostituire la valvola mitralica di un paziente che altrimenti sarebbe stato inoperabile, ci dimostra quali passi avanti abbia fatto la cardiologia interventista, quali sono le innovazioni che dobbiamo aspettarci per il prossimo futuro in ambito emodinamico?

Indubbiamente, stiamo attraversando una fase di grande progresso e innovazione. I pazienti di oggi hanno molte più opzioni a disposizione di quelli di 10-20 anni fa. La terapia percutanea della stenosi aortica si sta consolidando sempre di più come una alternativa alla chirurgia in un numero sempre crescente di pazienti. La terapia della insufficienza mitralica si trova in una fase di sviluppo più precoce, in particolare per quanto riguarda la sostituzione della valvola rispetto alla riparazione, ma il numero di pazienti trattati sta crescendo in tutto il mondo. Un nuovo campo di interesse riguarda il trattamento della valvola tricuspide, anche questo agli stadi iniziali. Le sfide per il futuro riguardano una comprensione della curabilità di questi interventi, e naturalmente la tecnologia ci metterà a disposizione dispositivi sempre più sicuri e performanti”.

A seguire abbiamo chiesto alla Coordinatrice infermieristica dell’Emodinamica, la Sig.ra Nancy Miraglia, quanto segue.

L’immagine che ha accompagnato sulla stampa la realizzazione di questo intervento è stata quella dell’équipe dell’emodinamica del Ferrarotto di Catania, medici ed infermieri tutti assieme, a dimostrazione del fatto che il lavoro di gruppo paga sempre. In questo contesto iperspecialistico in che modo si inserisce il lavoro del Coordinatore infermieristico?

Non posso che concordare con l’osservazione che il lavoro di team sta alla base del successo di procedure così complesse. Ciascun professionista deve operare in sintonia con gli altri mettendo a disposizione le proprie competenze. Il coordinatore infermieristico ovviamente non ha solo un ruolo di supervisione logistica ma deve comprendere gli aspetti tecnici della procedura per rappresentare un punto di riferimento in tutte le situazioni contingenti per gli infermieri che dirige ed il personale medico che gli si rivolge”.

E ancora, è di questi giorni il riconoscimento del professionista infermiere “specialista” e dell’infermiere “esperto”, come da Tavolo di contrattazione tra le professioni infermieristiche ed il ministero della Salute, che tipo di formazione è richiesta agli infermieri che lavorano in emodinamica e quale il percorso di studi da loro realizzato?

Il laboratorio di emodinamica si caratterizza per l’utilizzo delle moderne biotecnologie al servizio della diagnostica e della cura di diverse patologie cardiovascolari. Gli infermieri che vi operano si trovano ad agire in un ambiente altamente tecnologico. All’infermiere di emodinamica si richiede quindi una preparazione specifica che integri il sapere disciplinare con l’acquisizione di conoscenze specialistiche, tali da garantire interventi assistenziali appropriati, efficaci e sicuri. Gli aspetti assistenziali devono considerare le attività di competenza e quelle svolte in collaborazione con gli altri membri dell’equipe, di responsabilità propria e condivisa, e le risorse disponibili”.

Ringraziando ancora il Prof. Tamburino e la Coordinatrice infermieristica Sig.ra Miraglia per la loro disponibilità, possiamo concludere affermando che laddove le istituzioni, i professionisti e le nuove tecnologie si mettono al servizio dei pazienti, è possibile realizzare dei centri di eccellenza dove sperimentare quotidianamente una Sanità più giusta ed equa, per tutti i cittadini italiani.

Rosaria Palermo

Rosaria Palermo

Infermiera dal 1994. Attualmente, infermiera specialista del rischio infettivo presso l'ARNAS Garibaldi di Catania. Ho una laurea magistrale e due Master, uno in Coordinamento e l'altro in Management del rischio infettivo. Faccio parte del Direttivo di ANIPIO (Società Scientifica degli Infermieri Specialisti del Rischio Infettivo) dal 2016. Penso che lo scatto nella nostra professione debba essere culturale, prima di ogni cosa. Nelson Mandela diceva che la conoscenza è l'arma più potente di cui gli esseri umani dispongano, ed è ciò che permetterà alla nostra professione di ritagliarsi gli spazi che le competono.

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