Caso Taroni, confermata la condanna a 30 anni per l’infermiera killer

Per i giudici d’appello non ci sono dubbi: uccise il marito e la madre. L’avvocato difensore preannuncia il ricorso in Cassazione.

I giudici della Corte d’Assise e d’Apello di Milano hanno confermato la condanna a 30 anni per Laura Taroni, l’infermiera dell’ospedale di Saronno condannata per aver ucciso con un sovradosaggio di farmaci il marito Massimo Guerra e la madre Maria Rita Clerici. Anche in primo grado l’imputata, che ha scelto di essere giudicata con rito abbreviato, era stata condannata a 30 anni.

Alcuni infermieri avevano segnalato anomalie nelle cartelle cliniche firmate dall’anestesista. La commissione interna all’ospedale, istituita proprio per esaminare quei decessi anomali, alla fine aveva deciso di non segnalare il comportamento del vice primario del Pronto soccorso alle autorità. La donna è stata assolta con formula piena, invece, dall’accusa di omicidio del suocero Luciano Guerra, deceduto dopo il ricovero in ospedale a Saronno. Tutti gli omicidi, secondo l’accusa, sarebbero avvenuti mediante la somministrazione di farmaci utilizzati normalmente per la sedazione profonda.

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Leonardo Cazzaniga, medico ed ex direttore del Pronto soccorso di Saronno, invece, è stato rinviato a giudizio dal gip per nove morti in corsia e per l’omicidio, in concorso con l’amante, del marito e della madre della donna. Cazzaniga è stato anche rinviato a giudizio per la morte del suocero dell’infermiera.

Per il sostituto pg Nunzia Ciaravolo non vi è “alcun ragionevole dubbio” sulla responsabilità della donna in entrambi i delitti. Per questo ha chiesto e ottenuto la conferma della sentenza sia per Taroni, che per altri quattro suoi coimputati, medici e dirigenti dell’ospedale, condannati a pene fino a 1 anno e 4 mesi con le accuse, a vario titolo, di omessa denuncia, favoreggiamento e falso. “Guerra è stato seviziato – ha sostenuto il pg nelle contro repliche –, perché gli è stato fatto credere di essere diabetico. Aveva solo 46 anni ed è stato avvelenato da sua moglie”.
Secondo Ciaravolo, non vi sono dubbi neanche sull’omicidio dell’anziana, morta dopo un malore il 4 gennaio di cinque anni fa: “Maria Rita Clerici non aveva nessuna patologia, soffriva ogni tanto di emicrania. Le è stata fatta un’iniezione poco prima di morire. I suoi ultimi momenti li ha passati sul pavimento, mezza nuda, davanti ai soccorritori, a cui è stato impedito di compiere qualsiasi manovra. Era già quasi in coma, mentre sua figlia, infermiera, non fa nulla”.

L’imputata, dal canto suo, ha respinto con forza le accuse durante le dichiarazioni spontanee. “Non ho mai avuto intenzione di uccidere nessuno – ha detto prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio –, e non l’ho mai fatto. Né tantomeno avrei ucciso il padre dei miei bambini, che sono ancora qui a lottare”.

“Laura ci ha traditi come famigliare e come professionista. Non posso non pensare al male che ha fatto ai miei nipoti, a noi e a tutte le persone che continueranno a soffrire per colpa sua”, ha detto Gabriella Guerra, cognata dell’infermiera e sorella di Massimo Guerra. Il legale che assiste lei e altri famigliari, Laura Scarrone, dopo il verdetto ha dichiarato: “Non possiamo provare soddisfazione di fronte a una famiglia che è stata devastata. Ringraziamo però la Procura generale perché ha fatto di tutto per restituire l’immagine di Guerra come quella di una vittima, e non più di un persecutore”.
Questo, invece, il commento di Monica Alberti, avvocato difensore dell’infermiera: “Per noi è stato un duro colpo. Leggeremo le motivazioni (saranno depositate entro 90 giorni, ndr) e certamente faremo ricorso in Cassazione”.

Redazione Nurse Times

Fonte: Tgcom24

 

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