Caso Diciotti, le verità nascoste: scabbia, vestiti bruciati, donne da curare

Dai documenti del ministero della Salute emergono particolari sin qui sconosciuti.

Documenti riservati e testimonianze raccolte nel ministero della Salute raccontano una storia finora nascosta sul caso Diciotti. La nave della Guardia costiera, con a bordo 177 migranti raccolti il 16 agosto, attracca nel porto di Catania alle 23:49 del 20 agosto. Per i successivi due giorni – recita un report interno – il ministero s’informa “esclusivamente attraverso i media”. A bordo, due medici volontari dell’Ordine di Malta. A terra, quelli dell’Ufficio sanitario marittimo, che danno “reperibilità h24”, ma a cui è preclusa ogni attività.

La mattina del 22 agosto la capitaneria comunica ai medici “l’assenza di novità di carattere sanitario”. E il comandante della Diciotti, Massimo Kothmeir, rassicura: “Situazione tranquilla”. Ma alle 11 lo stesso Kothmeir scende dalla nave, si precipita nel presidio sanitario e chiede di essere visitato, “dovendo conferire con il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, che, sfidando l’assenza di nullaosta sanitario, è in arrivo per un’ispezione. Alle 14 la capitaneria dà il nulla osta “per urgenti motivi di indagine”, predisponendo “un percorso protetto” per il procuratore.

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Per la prima volta, a quasi otto giorni dal naufragio, qualcuno sale a bordo per sincerarsi delle condizioni sanitarie. Non è un medico, ma un magistrato. I migranti vivono giorno e notte all’aperto, dormono per terra, dispongono di due water e due docce per tutti. Il procuratore minorile di Catania, Caterina Ajello, chiede lo sbarco dei 27 minori non accompagnati.

Alle 20 la prefettura allerta telefonicamente i medici a terra. In quattro arrivano al molo di Levante, in attesa dell’autorizzazione che Matteo Salvini dà via Facebook. Alle 22:40 comincia lo sbarco dei minori: 25 uomini e 2 donne di nazionalità somala ed eritrea, visitati per oltre un’ora. Due hanno ferite da arma da fuoco; 18 su 27 presentano “segni e sintomi di scabbia”. All’esito di “un’accurata anamnesi”, i medici registrano che “in nessun caso la durata del viaggio dal Paese di origine risulta inferiore a due mesi”.

Sulla banchina, ai malati vengono somministrati i primi farmaci anti-scabbia e cambiati gli abiti. Quelli vecchi saranno bruciati in un luogo appartato. Di notte vengono portati nei centri di accoglienza, dove si attiva il protocollo per “escludere l’incubazione di malattie infettive”. Per scongiurare un’epidemia, i medici prescrivono anche “la sanificazione della nave e del tratto di banchina” dov’è avvenuto lo sbarco, “nonché dei mezzi utilizzati per il trasporto dei migranti”. I timori maggiori riguardano i migranti rimasti a bordo: 75 su 150 “presentano scabbia; cinque in stato avanzato”. Il primo trattamento medico “viene eseguito a bordo”.

La sera del 22 agosto cambia anche il tenore delle comunicazioni tra il ministra della Salute, Giulia Grillo, e i suoi collaboratori, ai quali chiede: “Abbiamo mandato ispettori a bordo?”. Risposta: “No, al momento non risultano necessità di evacuazione”. L’indomani la Grillo parla con Palazzo Chigi. Le dicono di “comunicare che la situazione sanitaria è sotto controllo”. Quindi “nessuna emergenza”.

Il ministro chiede aggiornamenti periodici. Ne riceve ogni 6/8 ore. “Purtroppo scabbia e pediculosi sono quasi la norma in situazioni così precarie”, le spiegano. Nessuna attività da parte del ministero per altri due giorni, sebbene il 23 il comandante della nave dica a Riccardo Magi, deputato di + Europa salito a bordo: “Siamo già oltre il tempo massimo”.

Il 24 i migranti cominciano lo sciopero della fame e della sete. Il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gianfranco Miccichè, porta a bordo biancheria intima per le donne, “che non si cambiano da due settimane”. Undici gli raccontano di aver subito violenze in Libia. A Roma è un giorno agitato. La Grillo si chiede se aprire un fronte umanitario nel Governo. Nella chat dei ministri parla delle donne, vorrebbe farle scendere. Nessuna risposta. Si ferma. “Manca copertura politica”: Di Maio vuole tenere la linea dura. Anche per un comunicato stampa serve l’autorizzazione a Palazzo Chigi. La verità è che “siamo stati scarsamente coinvolti e poco informati dai ministero dell’Interno e delle Infrastrutture».

La Grillo vuole cautelarsi. Ordina alla sua segreteria di raccogliere tutta la documentazione, “perché finora non è chiaro chi ha fatto cosa”. Chiede dello sciopero della fame e se il trattamento antiscabbia sia somministrato a tutti. Assolutamente sì, le dicono, “è fondamentale in situazione di tale promiscuità, oltre al cambio abiti e alla disinfestazione dei locali”.

II comandante Kothmeir spiega in pubblico che “la condizione dei migranti è più che soddisfacente”. La mattina del 25 chiede riservatamente per iscritto un sopralluogo “in relazione al perdurare della permanenza a bordo e tenuto conto del mutevole quadro meteo”. Teme per la “popolazione ospite” e per l’equipaggio. Si attiva il reparto regionale patologie infettive. Otto tra medici e infermieri salgono a bordo. E scrivono: “i migranti 101 e 182 hanno scabbia e sospetta tubercolosi; i migranti 82, 120 e 179 scabbia e sospetta polmonite; il 97 fistola uretrale infettata. Necessari ulteriori urgenti accertamenti clinici ed esami di laboratorio”, che sulla nave “è impossibile eseguire”.

Inoltre “viene segnalato il caso di 11 donne, di cui 3 affette da scabbia, per le quali si sospetta una pregressa violenza sessuale”, e si chiede di attivare il codice rosa “previo accertamento clinico ostetrico-ginecologico”. Tutte queste “ulteriori operazioni sanitarie – concludono – si ritiene debbano essere attivate nel più breve tempo possibile, stante l’evolutività delle patologie, la promiscuità attuale e l’eventuale diffusione ai mèmbri dell’equipaggio”.

È il primo report sanitario analitico del ministero, a dieci giorni dal soccorso. Viene inviato agli altri ministeri. A questo punto, tutti sanno. Il contrammiraglio Sergio Liardo, sentito dalla Procura, mette a verbale: “La situazione a bordo resta sempre precaria e tende ad aggravarsi”. Il comandante della Diciotti allestisce tende da campo sul ponte. Al ministero aumenta la fibrillazione. Da Palazzo Chigi arriva l’okay per un comunicato stampa, mentre il dipardmento prevenzione si attrezza “per lo sbarco dei migranti fragili, con trasferimento al reparto infettivologico dell’ospedale Garibaldi».

La Grillo parla con il medico a capo del presidio di Catania. Si attendono “i test di laboratorio per eventuali quarantene a bordo”. Chi sta peggio deve scendere, a costo di fare una forzatura. Nel pomeriggio sbarcano “sei migranti che necessitano di urgenti accertamenti clinici ed esami di laboratorio”. Poi la Grillo viene rassicurata da Palazzo Chigi: la vicenda è in via di soluzione. A mezzanotte il Viminale autorizza lo sbarco. “Abbiamo costantemente assicurato ogni necessaria assistenza ai migranti, sempre privilegiando la salvaguardia delle vite umane e della dignità delle persone”. Così il premier Conte in Senato, il 12 settembre. Ma in quei giorni, al ministero della Salute, non ne erano così certi.

Redazione Nurse Times

Fonte: La Stampa

 

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