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Carenza di infermieri in Ulss 8 Berica, come invertire la rotta? Le riflessioni di Nursind Vicenza

“In Ulss 8 Berica ci vorrebbero 250 infermieri in più per completare gli organici che servono anche per le case di comunità e come infermieri di famiglia, ma la nostra Ulss sta cercando di rendere più attrattiva questa professione. In parte ci è già riuscita con il contratto integrativo, che ha distribuito molto incarichi professionali. Basti pensare che nei prossimi anni l’Ulss 8 ne metterà a disposizione 330, mentre l’Ulss 7 arriva sì e no a 20. È una direzione che non piace a tutti, ma il futuro è questo”. Così Andrea Gregori (foto), segretario provinciale di Nursind Vicenza, sulla carenza di infermieri in Ulss 8 Berica.

Un fenomeno causato anche dai numerosi casi di abbandono della professione nel servizio pubblico: “Il fenomeno delle dimissioni inattese, cioè degli infermieri che abbandonano il servizio prima di aver maturato la pensione, è lievemente rallentato – spiega Gregori al Giornale di Vicenza – . La flessione è passata dal 52% al 43%. Le motivazioni sono diverse. Qualcuno, ma è una minima percentuale, lascia per stanchezza: non ce la fa più a svolgere una professione al servizio della salute. Gli altri preferiscono optare per il privato o se ne va all’estero. Le maggiori sofferenze nella nostra Ulss, la scorsa estate, le abbiamo avute soprattutto in rianimazione, dove siamo arrivati a una carenza anche di 10-12 infermieri. E poi ci sono vuoti a macchia di leopardo”.

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Le cause del logorio degli infermieri sono ben note: lavoro usurante e malpagato; stress lavoro-correlato, con conseguenti casi di ansia e burnout, specie nei servizi di emergenza e urgenza; aggressioni in continuo aumento, mancanza di incentivi e di valorizzazione. Tutte motivazioni che portano al calo di attrattività della professione, dimostrata dai numeri in calo delle iscrizioni alle scuole di specializzazione. “Anche quest’anno – dice Gregori – non abbiano riempito i posti disponibili, e nei mesi scorsi il 30% degli iscritti al primo anno ha abbandonato il corso. Hanno capito che avevano sbagliato scelta, che non era il loro lavoro”.

Possibili soluzioni? Gregori le passa in rassegna: “In Veneto ci sono alcune proposte regionali. Si parla, ad esempio, di un assegno di studio per favorire chi vuole intraprendere questa professione e di un incremento dei fondi contrattuali per il personale sanitario”.

Il segretario di Nursind Vicenza dice infine la sua sull’introduzione a livello nazionale della nuova figura dell’assistente infermiere: “In materia si sta facendo parecchia demagogia. A mio parere, invece di fare dialettica inutile, si deve capire se possa diventare un’opportunità reale, ragionando da professionisti e non con la pancia, sospettando che si tratti solo di rubarci il lavoro”.

E ancora: “Se vogliamo essere riconosciuti come una professione intellettuale, dobbiamo muovere più la testa che le mani. Se l’infermiere si convince di avere una responsabilità complessiva nella gestione dell’assistenza, allora assumerà un ruolo rilevante. Più competenza, più specializzazione, e figure da coordinare sotto di lui. Se pensa di dover fare tutto, compresa la bassa manovalanza, allora non ci siamo”.

Redazione Nurse Times

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