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Bocca e Covid: la scoperta dell’Università di Bari

Un recente studio dell’Università di Bari ha spiegato come la salute e la condizione della nostra bocca può aiutarci a riconoscere il Covid-19.

Lo studio clinico dal titolo “Lesioni orali in pazienti sintomatici affetti da Covid-19: studio clinico-patologico su 123 casi condotto presso l’Ospedale Universitario Policlinico di Bari con proposta di nuova classificazione” ha avuto come scopo dell’indagine quello di identificare le lesioni orali nei pazienti con Covid-19. A parlarne lagazzettadelmezzogiorno.it.

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Lo studio ha cercato di comprendere da cosa dipendessero le lesioni e se la loro individuazione potesse essere utile a fini prognostico-terapeutici. Per questa ragione sono stati studiati 123 pazienti nel periodo tra ottobre e dicembre 2020.

Le lesioni riscontrate nel distretto orale (guance, lingua, labbra, gengive, palato duro e molle) sono state classificate in 4 gruppi e in alcuni casi sottoposte ad esame istologico. I risultati hanno permesso di associare la comparsa di particolari tipi di lesioni orali nella fase iniziale del Covid-19, con un andamento severo della stessa connotata da complicanze trombotiche diffuse.

La comparsa ed il rilievo di lesioni orali in fase iniziale suggerisce di iniziare le terapie anti-infiammatorie ed anticoagulanti più precocemente.

“Fino ad oggi – spiega il prof. Gianfranco Favia, direttore della UOC di Odontostomatologia del Policlinico di Bari e della Scuola di specializzazione in Chirurgia Orale dell’Università di Bari – pur con svariati milioni di contagi nel mondo non si conosceva la importanza di queste lesioni nel distretto oro-faringeo dei pazienti malati di Covid-19. Quindi, non essendoci dati, abbiamo cominciato questo studio sistematico su un alto numero di pazienti, svolto con estrema difficoltà e rischio da parte degli operatori sanitari coinvolti, per vari motivi: a) i pazienti presenti nei reparti Covid di Pronto Soccorso (direttore prof Vito Procacci) e di Rianimazione 1 (direttore prof Nicola Brienza) sono molto sofferenti e critici, spesso con difficoltà respiratorie e quindi indossano maschere facciali a pressione positiva di ossigeno, o nei casi più gravi tubi endotracheali, b) le ispezioni del cavo oro-faringeo sono tecnicamente difficili, e molto a rischio per chi le effettua per le microparticelle di aerosol di Flügge che sono il massimo vettore di trasmissione del virus”.

Cristiana Toscano

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