Corrono ben 90 chilometri tra Mazzè e Carmagnola, nel Torinese. Un’ora e un quarto di strada se ci vai in macchina, molto di più se opti per i mezzi pubblici. Quando Antonio De Bernardo, 75 anni residente a Mazzè, ha saputo che l’Asl To4 aveva deciso di ricoverare la moglie nella casa di riposo Anni Azzurri di Carmagnola, gli son venute le lacrime agli occhi: “E come faccio io?”.
A giorni la moglie, Anna Rampin, 78 anni, dovrebbe essere dimessa dall’ospedale di Chivasso, dov’è stata ricoverata mercoledì scorso. A un certo punto s’è messa a guardare un punto fisso sul soffitto. Antonio ha capito che stava succedendo qualcosa di brutto e ha chiamato il figlio Gian Luigi, 50 anni, residente a Poirino. Insieme, e di corsa, si sono precipitati al Pronto soccorso del nosocomio chivassese, dove i medici hanno diagnosticato un decadimento cognitivo. Tutto bene! Pericolo scampato! Più o meno…
“Mio padre abita a Mazzè – tuona Gian Luigi -. Come potrebbe mai fare 90 chilometri per andare e 90 per tornare? Ma questi ce l’hanno un cuore oppure no?”. E al danno si aggiunge la beffa: per il ricovero alla Anni Azzurri bisogna scucire la bellezza di 52 euro al giorno, cosa che non sarebbe successa a San Giorgio.
“Io non capisco come si siano fatti i calcoli – prosegue Gian Luigi -. Una cosa così è inaccettabile. Mio padre è monoreddito. Ha una pensione di 1.300 euro al mese. Come potrebbe darne loro 1.560? E poi mia mamma non è un pacco postale che butti di qua e di là, un po’ come ti pare. Insomma, sono basito”.
Dall’Asl avrebbero cercato di stemperare, dicendo che si tratterebbe di una sistemazione temporanea: “Mi ha detto che lei è una semplice impiegata. Mi ha detto che poi vedremo. Mi ha spiegato che è stata la commissione a decidere la destinazione. Mi ha detto che si impegneranno per trovare un posto a Chivasso. Sia come sia, mia madre a Carmagnola non ci va, questo è sicuro. Ho un contratto che ho firmato. L’Asl deve dare l’autorizzazione per San Giorgio”.
Al fondo di un corridoio dell’ospedale di Chivasso, il povero Antonio abbassa la testa. Non sa più cosa dire, né cosa pensare. Si sente solo e abbandonato. E’ da un anno e mezzo che accudisce senza alcun aiuto la moglie: la cambia, la pulisce, le fa da mangiare. Un anno e mezzo fa aveva iniziato le pratiche per ottenere un minimo di supporto.
Il 22 maggio la prima visita dell’Unità di Valutazione geriatrica dell’Asl To4. Poi la visita al Fatebenefratelli di San Maurizio. Il 22 giugno si era presentato alla sua porta un funzionario del Cissac di Caluso, promettendo una oss per un’ora al giorno. Da allora non aveva più sentito nessuno.
A fine luglio il figlio aveva sollecitato una risposta, che era arrivata a stretto giro con una bella notizia: il progetto sarebbe partito da lunedì 4 settembre. Il finale sembrava scritto: quel “progetto” non partirà, e per Antonio, all’orizzonte, si prospetto un nuovo calvario.
Redazione Nurse Times
Fonte: Giornalelavoce.it
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