Arresto cardiaco: il probabile impatto sul cuore delle polveri sottili.

Lo suggerisce una recente ricerca. Il problema riguarda anche alcune aree del nostro Paese, dove si registrano picchi esagerati. Sotto accusa, in particolare, il traffico dei veicoli.

Tra le numerose cause dell’arresto cardiaco potrebbe esserci l’inquinamento atmosferico. Lo suggerisce uno studio coordinato dall’Università di Sydney e pubblicato sulla rivista Lancet Planetary Health, secondo il quale il problema può essere provocato dalle polveri sottili (soprattutto del diametro di 2,5 micrometri, le Pm2,5), specie quelle prodotte dal traffico di veicoli. «Il problema – commenta Pier Mannuccio Mannucci, professore emerito di Medicina interna all’Università di Milano – è quello dei picchi. Se è vero che i livelli di inquinamento, in generale, si sono ridotti rispetto al passato, resta il fatto che negli ultimi tempi, anche in molte aree italiane, i livelli di questi inquinanti superano le soglie tollerabili, anche per brevi periodi, e fanno danni». I risultati della ricerca dovrebbero quindi preoccupare non solo chi vive nelle più inquinate metropoli estere, come New Delhi o Pechino, ma pure gli abitanti di Milano e della Pianura Padana, dove si sono recentemente registrati picchi esagerati di polveri sottili. Ma qual è il ruolo svolto da queste particelle? «Interferiscono con gli stimoli elettrici del cuore che sovrintendono alla sua funzione di pompa del sangue, provocano aritmie responsabili dell’arresto cardiaco. E poi ci sono gli effetti a lungo termine dello smog, che favoriscono l’aterosclerosi e la trombosi
(spesso all’origine di infarti e ictus, perché danneggiano i vasi sanguigni, ndr). In ogni caso, le persone più a rischio sono gli anziani». Insomma, tutti sono consapevoli che la cattiva qualità dell’aria può danneggiare bronchi e polmoni, favorendo pure la comparsa di tumori, ma l’impatto sul cuore non è ancora preso nella dovuta considerazione. «Le società scientifiche di prevenzione cardiovascolare – commenta Massimo Volpe, presidente di una di queste, la Siprecdevono preoccuparsi non solo dei classici fattori di rischio cardiovascolare, come diabete, obesità e ipertensione, ma anche di quelli ambientali». Tanto più che lo studio ha dimostrato come i danni da inquinamento si manifestino anche al di sotto delle soglie di sicurezza degli inquinanti certificate dall’Oms. Redazione Nurse Times  
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