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Antibiotico resistenza: sarà davvero l’apocalisse del futuro? E se lo fosse già? Scenari presenti e futuri

E’ di questi giorni la pubblicazione di un Report in Gran Bretagna sulla problematica dell’antibiotico resistenza, voluto fortemente dal Primo Ministro D. Cameron e realizzato in collaborazione con Organizzazioni indipendenti, allo scopo di proporre soluzioni da un punto di vista non solo prettamente sanitario, ma anche economico e sociale. Il Report fa luce su una problematica ben nota agli addetti ai lavori, ma sconosciuta ai più, quella dell’antibiotico resistenza, che è la capacità di un microorganismo di resistere all’azione di un antibiotico. La proiezione, se nessuna misura verrà intrapresa, è di 10 milioni di vittime ogni anno da qui a qualche decennio. Per anni gli esperti di sanità pubblica hanno messo in guardia le persone sull’uso indiscriminato di antibiotici per patologie causate da virus, come influenza e raffreddore, su cui non hanno alcuna efficacia.

Ma proprio quest’uso indiscriminato ha creato il fenomeno dell’antibiotico resistenza e lo sviluppo di super batteri che stanno diventando un serio pericolo per la sanità pubblica in tutto il mondo. Nonostante questi avvertimenti, sembra che il messaggio non sia passato.

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Nel corso di quest’ultimo mese un gruppo di ricercatori americani ha pubblicato uno studio su JAMA (JAMA. 2016;315(17):1864-1873. doi:10.1001/jama.2016.4151), da cui emerge che il 30% degli antibiotici prescritti dai medici in area critica è assolutamente non necessario. La cosa più sconcertante che emerge è che in tutto questo hanno un ruolo poco chiaro, se non ambiguo, gli operatori sanitari ed in particolare i medici che continuano a prescrivere gli antibiotici, anche quando non dovrebbero adducendo come scusanti le pressanti richieste dei pazienti ed un’incertezza nello stabilire una diagnosi certa e/o ancor peggio uno scopo “preventivo”, realizzando nei fatti quella “medicina difensiva”, che è un ulteriore problema per tutti i sistemi di Welfare nel mondo e per il nostro Servizio Sanitario Nazionale in particolare.

Il problema dell’antibiotico resistenza quindi oltre ad essere un problema prettamente comportamentale come detto, ha altre dimensioni, la prima riguarda la scoperta dei nuovi antibiotici che è rallentata notevolmente negli ultimi anni, le ultime molecole immesse sul mercato risalgono alla fine degli anni ’80. L’obiettivo 10 nuovi antibiotici entro il 2020, sostenuto anche dal Governo americano e dal Presidente B. Obama, sembra essere un obiettivo irrealistico. Vi sono al momento diverse molecole in sperimentazione, ma i tempi per una loro immissione in commercio sono lontani.

Altra problematica riguarda gli ospedali che sono diventati reservoir di superbatteri,

 resistenti questi ultimi ad una o più classi di antibiotici. Un’ultima dimensione poco considerata infine è quella dell’uso degli antibiotici in zootecnia. Basti pensare che negli USA il 70% degli antibiotici venduti sono utilizzati nell’agricoltura.

Come già anticipato questo dell’antibiotico resistenza è un problema di cui le principali organizzazioni sanitarie stanno già occupandosi, a partire dall’Organizzazione mondiale della Sanità, con il “Piano globale sull’antibiotico resistenza” approvato nel Maggio dell’anno scorso dalla 68a Assemblea Mondiale della Sanità. Questo Piano è stato emanato al fine di dare dei suggerimenti operativi ai Paesi membri usando un approccio incrementale, che prevede la messa in campo, nei prossimi 5-10 anni di azioni pratiche e diversificate tra loro, per combattere questo fenomeno.

Queste azioni sono strutturate attorno a 5 capisaldi che sono:

  • L’aumento della consapevolezza e della conoscenza del fenomeno dell’antibiotico resistenza attraverso una comunicazione, educazione e formazione efficaci;
  • Il rafforzamento delle conoscenze basate sull’evidenza attraverso la sorveglianza e la ricerca;
  • La riduzione dell’incidenza delle infezioni attraverso appropriate misure di sanitizzazione, igiene e prevenzione delle infezioni;
  • Lo sviluppo di un’economia sostenibile che tenga conto delle necessità di tutti i Paesi, di un incremento nello sviluppo di nuovi antibiotici, e dell’uso dei vaccini e altri interventi;
  • L’ottimizzazione dell’uso degli antimicrobici per la salute degli uomini e degli animali.

Il fenomeno dell’antibiotico resistenza nel nostro Paese è ancor più drammatico, l’Italia difatti è il Paese Europeo con la percentuale più alta di resistenza verso quasi tutti gli antibiotici. Per far fronte a questa problematica si è già attivato il Ministero della Salute e alcune Regioni, come l’Emilia Romagna, che hanno avviato campagne di sensibilizzazione che invitano a far buon uso degli antibiotici e che si rivolge trasversalmente ai pazienti e agli operatori sanitari.

Questa dell’antibiotico resistenza è una problematica di grande attualità di cui sentiremo ancora parlare e con la quale ci dovremo ancora confrontare. Questa visione apocalittica del problema potrebbe già rivelarsi drammaticamente nei prossimi anni, anziché nei prossimi decenni. E poiché questo è un problema che ci riguarda tutti dovremmo consapevolmente affrontare la questione da subito, ognuno per la sua sfera di competenza, perché come suggerisce lo slogan utilizzato dalla Campagna della Regione Emilia Romagna: “Antibiotici, è un peccato usarli male. Efficaci se necessari, dannosi se ne abusi”.

Rosaria Palermo

Fonti

apps.who.int

www.who.int

www.salute.gov.it

salute.regione.emilia-romagna.it

www.corriere.it

www.bbc.com

www.huffingtonpost.com

www.washingtonpost.com

www.vox.com

JAMA.

Rosaria Palermo

Infermiera dal 1994. Attualmente, infermiera specialista del rischio infettivo presso l'ARNAS Garibaldi di Catania. Ho una laurea magistrale e due Master, uno in Coordinamento e l'altro in Management del rischio infettivo. Faccio parte del Direttivo di ANIPIO (Società Scientifica degli Infermieri Specialisti del Rischio Infettivo) dal 2016. Penso che lo scatto nella nostra professione debba essere culturale, prima di ogni cosa. Nelson Mandela diceva che la conoscenza è l'arma più potente di cui gli esseri umani dispongano, ed è ciò che permetterà alla nostra professione di ritagliarsi gli spazi che le competono.

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