Anche tumore raro può avere una cura, grazie a Incyte

È di pochi giorni fa il parere positivo dal ‘Committee for Medicinal Products for Human Use’ dell’Ema per l’autorizzazione in commercio condizionata del pemigatinib, un farmaco target per la cura di una rara forma di tumore, il calangiocarcinoma.

Incyte è la giovane biofarmaceutica che metterà a disposizione questo farmaco per l’Italia e a livello globale. Onofrio Mastandrea, General Manager di Incyte, spiega cosa significa avere a disposizione questa nuova cura per un tumore che, poiche’ raro, spesso è privo di trattamenti terapeutici. 

“Il parere positivo è un importante traguardo di cui sono personalmente orgoglioso: grazie all’approvazione riusciremo a mettere a disposizione la prima opzione di trattamento per i pazienti affetti da colangiocarcinoma, localmente avanzato o metastatico, con fusioni o riarrangiamenti dell’FGFR2 e in progressione dopo almeno una linea di terapia sistemica: una nuova possibilita’ di cura che i pazienti attendevano da oltre dieci anni. Inoltre, se la Commissione Europea dara’ il via libera all’immissione in commercio, pemigatinib sara’ il primo farmaco lanciato a livello globale da Incyte, considerando che la Food & Drug Administration americana lo ha già approvato ed il farmaco è già commercializzato negli USA. Anche in Italia stiamo avviando, in questi giorni, le pratiche per il percorso di rimborsabilità del pemigatinib, così da cercare di mettere a disposizione della comunità scientifica e dei pazienti pemigatinib il prima possibile” ha detto all’agenzia Dire Onofrio Mastandrea.

“Negli ultimi dieci anni, – continua Mastandrea, – non ci sono state novita’ in questo settore specifico: prima del pemigatinib non c’erano farmaci approvati da EMA per il colangiocarcinoma e non esistono standard di cura disponibili. Attualmente c’e’ solo la chemioterapia come prima linea di trattamento che – con i suoi principi generali – agisce però senza una specificità di azione. Invece, il pemigatinib è una target therapy: ha infatti la capacità di legarsi al target molecolare, ovvero il FGFR2, che è alla base dei processi di cancerogenesi di alcune forme di colangiocarcinoma. I pazienti candidabili al trattamento con pemigatinib devono esprimere alterazioni o riarrangiamenti dell’FGFR2, che è il bersaglio molecolare del farmaco”. 

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L’età media in cui la malattia compare è attorno ai 50 anni, con una maggioranza dei pazienti affetti che si attesta – nei Paesi occidentali – intorno ai 65 anni e anche meno”. 

Il programma di studio FIGHT, in cui siamo impegnati, è finalizzato esattamente all’utilizzo dello stesso pemigatinib anche per il trattamento di altre altri tumori solidi, come il tumore della vescica, ed ematologici. Nel programma FIGHT rientra anche un importante studio condotto con un approccio agnostico, che significa provare ad utilizzare pemigatinib per la cura di tumori che esprimono alterazione del target FGFR2, indipendentemente dalla sede del tumore stesso. Ciò apre a nuove prospettive per il trattamento di diverse forme tumorali nei prossimi anni“.

Il lavoro condotto sul pemigatinib e la recente opinione positiva del CHMP dimostrano che anche un tumore raro può avere una cura. “In Europa parliamo di circa 6-8000 pazienti affetti da colangiocarcinoma, di cui il 10-16% con alterazione del target FGFR2. In Italia circa 60 persone convivono con questa forma di tumore, un numero molto limitato a cui stiamo dando una speranza; se si considera che la durata di risposta e’ di circa 8 mesi, parliamo di un allungamento dell’aspettativa di vita importante. Ad oggi la chirurgia rimane l’unica opzione curativa, ma molto spesso nemmeno quella può’ essere una strada percorribile, a causa di una diagnosi tardiva e degli alti tassi di recidiva. Per cui, avere una terapia, perlopiù target, rappresenta un risultato molto importante per i pazienti e per la comunità scientifica. Tutto cio’ e’ pienamente in linea con i valori che ci siamo dati come Incyte, ossia ‘follow the science’, ovvero seguire e applicare la scienza, perseguire le nuove scoperte, e ‘solve-on’, ovvero rendere le nuove scoperte soluzioni adatte e percorribili per i pazienti” conclude Mastandrea.

Fonte: dire.it (C. Organtini)

Cristiana Toscano

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