Dopo l’iniezione di organici del “Decreto Rilancio” (subito 9.600 unità), la Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) ha avviato con le altre istituzioni il progetto a livello nazionale dell’infermiere di famiglia/comunità (IF/C), previsto nel Patto per la Salute e previsto dalla legge 77/2020, quella di conversione del decreto Rilancio appunto.
Le forme contrattuali sono quelle indicate dal decreto Rilancio e la strada tracciata è quella del suo inserimento a pieno titolo nel distretto.
Le Regioni hanno messo a punto un documento, appena approvato dalla Conferenza dei Presidenti, che rende uguale la figura dell’IF/C su tutto il territorio, approvato dalla Conferenza delle Regioni il 10 settembre e che ora potrà e dovrà essere attuato su tutto il territorio nazionale in modo omogeneo.
Il documento delle Regioni e il position statement della FNOPI – pubblicato come ulteriore ebook della Federazione – chiariscono bene cosa è, cosa non è, e quali sono le potenzialità e le peculiarità anche formative, organizzative e collaborative di questa figura, che di fatto esiste da anni in molte realtà locali, ma che ora andrà codificata, organizzata, normata e formata in tutte le Regioni.
Ma le Regioni hanno anche sottolineato che dell’IF/C c’è bisogno in fretta per l’urgenza determinata dal fenomeno epidemico da SARS-CoV-2 e per le “potenzialità determinate dall’introduzione di tale professionista sanitario per il potenziamento delle cure primarie” e per questo hanno messo a punto il loro documento.
È un professionista della salute che riconosce e cerca di mobilitare risorse all’interno delle comunità, comprese le competenze, le conoscenze e il tempo di individui, gruppi e organizzazioni della comunità per la promozione della salute e del benessere nella comunità. Cerca di aumentare il controllo delle persone sulla loro salute.
È di riferimento, secondo le Regioni, per tutta la popolazione (ad es. per soggetti anziani, per pazienti cronici, per istituti scolastici ed educativi che seguono bambini e adolescenti, per le strutture residenziali non autosufficienti, ecc.…) con particolare attenzione alle fragilità per cui secondo le Regioni è opportuno concentrare il focus dell’IF/C su tale target identificato attraverso l’analisi dei dati epidemiologici e sociodemografici.
Lavora in modo proattivo, come illustra il modello FNOPI recepito dalle Regioni. Non aspetta solo le prescrizioni, ma intercetta autonomamente i suoi assistiti di cui conosce le problematiche di salute. La finalizzazione dell’azione fondamentale degli IF/C mira al potenziamento e allo sviluppo della rete sociosanitaria con un’azione che si sviluppa dentro le comunità e con le comunità.
L’IF/C fa una valutazione dei bisogni di salute; prevenzione primaria, secondaria e terziaria; conosce i fattori di rischio prevalenti nel territorio di riferimento, la relazione d’aiuto e l’educazione terapeutica; stende piani assistenziali infermieristici, individua quesiti di ricerca infermieristica.
Ma orienta anche ai servizi, fa una valutazione, indicazione e prescrizione dei presidi necessari.
È lui che attiva consulenze infermieristiche, si occupa della formazione dei caregiver e delle persone di riferimento.
Soprattutto collabora a strategie assistenziali di continuità ospedale territorio, definisce e contribuisce a protocolli, procedure, percorsi e progetta e attua gruppi di auto mutuo aiuto.
La FNOPI spiega che non è l’infermiere di studio del medico; non è l’infermiere che garantisce solo prestazioni (siano esse in AID e ADI), ma collabora con tutti e può erogare prestazioni correlate alle sue specifiche competenze clinico assistenziali.
Al contrario di altre professioni sanitarie, l’infermiere di famiglia e comunità (e in generale l’infermiere) non è una figura tecnica perché il suo intervento non si esaurisce con la prestazione erogata a fronte di una bisogno, ma agisce in modo preventivo, proattivo e partecipativo rispetto al paziente e anche alla sua famiglia perché questi siano in grado di comprendere la loro situazione e di affrontarla secondo i parametri necessari all’assistenza e alla tutela della salute, ma anche da punto di vista sociale e di integrazione per una qualità di vita migliore.
E non va confuso nemmeno con l’infermiere ADI, ma svolge una funzione integrata e aggiuntiva, anche se può erogare direttamente cure infermieristiche complesse.
Le sue competenze secondo la FNOPI sono definite in percorsi formativi specifici post-laurea (tra cui Laurea Magistrale, Dottorato, Master di I e II Livello: oggi sono formati così oltre 6mila infermieri).
E per le regioni sono competenze di natura clinico assistenziale e di tipo comunicativo-relazionale. L’IF/C deve possedere capacità di lettura dei dati epidemiologici e del sistema-contesto, deve avere un elevato grado di conoscenza del sistema della Rete dei Servizi sanitari e sociali per creare connessioni ed attivare azioni di integrazione orizzontale e verticale tra servizi e professionisti a favore di una risposta sinergica ed efficace al bisogno dei cittadini della comunità.
L’IF/C secondo il modello FNOPI può attivarsi su prescrizione ma anche autonomamente in particolare per quanto riguarda la promozione di modelli di prossimità e di proattività anticipatori del bisogno di salute rivolti a tutta la popolazione, malata o sana.
Questo deve avvenire in un bacino di utenza definito che sia coerente con le condizioni geografiche e demografiche del territorio di riferimento e che condivida con gli altri attori principali del territorio tra cui Mmg e Assistenti sociali
La sua azione si svolge a casa delle persone, negli ambulatori infermieristici, nelle strutture intermedie e afferisce ai servizi infermieristici del distretto di riferimento.
Le Regioni sono d’accordo: “l’IF/C è inserito all’interno dei servizi/strutture distrettuali e garantisce la sua presenza coerentemente con l’organizzazione regionale e territoriale (Case della Salute, domicilio, sedi ambulatoriali, sedi e articolazioni dei Comuni, luoghi di vita e socialità locale ove sia possibile agire interventi educativi, di prevenzione, cura ed assistenza). Agisce nell’ambito delle strategie dell’Azienda sanitaria e dell’articolazione aziendale a cui afferisce, opera in stretta sinergia con la medicina generale, il Servizio sociale e i professionisti coinvolti nel setting di riferimento in una logica di riconoscimento degli specifici ambiti professionali e di interrelazione ed integrazione multiprofessionale”.
“Ringraziamo i presidenti delle Regioni, la Commissione salute e il suo coordinatore Icardi per l’impegno e il risultato ottenuto. Vogliamo dare il nostro contributo al Paese e lo vogliamo fare assieme a tutti gli altri professionisti della salute – aggiunge – consapevoli che tutte le energie dovranno essere orientate a garantire il diritto alla salute dei cittadini: la Federazione è pronta a collaborare da subito con Governo, Parlamento, Regioni e Associazioni di cittadini e pazienti per dare attuazione concreta a questo professionista essenziale per il territorio”.
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