Aifa approva rimborsabilità di olaparib per carcinoma ovarico e mammario con mutazione eni BRCA

In presenza della mutazione dei geni BRCA, i tumori dell’ovaio e i carcinomi mammari possono essere trattati con una terapia mirata in grado di tenere sotto controllo la malattia e di cambiare la pratica clinica. Recentemente l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha approvato e stabilito la rimborsabilità di una terapia mirata, il farmaco olaparib.

Olaparib serve per il trattamento di mantenimento di prima linea di pazienti adulte con tumore ovarico avanzato (stadio III e IV) epiteliale di grado elevato o con tumore delle tube di Falloppio o primitivo del peritoneo, che presentano una mutazione di BRCA1 o BRCA2 (germinale e/o somatica) e che hanno mostrato una risposta completa o parziale dopo chemioterapia standard di prima linea a base di platino.

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I tumori della mammella e dell’ovaio, in Italia, occupano rispettivamente il primo e il decimo posto fra tutte le neoplasie femminili e possono presentare una caratteristica in comune, la mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2, che da oggi determina la scelta della cura di queste malattie.

Le donne che ereditano la mutazione BRCA1 hanno una probabilità dal 60 all’80% di ammalarsi di tumore mammario e del 40% di sviluppare un tumore ovarico nel corso della vita. Le percentuali sono inferiori per il gene BRCA2, rispettivamente pari al 40 al 70% per la mammella e al 18% per l’ovaio.

Ora l’Aifa ha stabilito la rimborsabilità di olaparib in prima linea di mantenimento per il carcinoma ovarico e per il carcinoma mammario metastatico triplo negativo che presentano la mutazione genetica.

«Mancano efficaci strumenti di screening per il carcinoma ovarico e quasi 8 pazienti su 10 sono già in fase avanzata al momento della diagnosi – dice Nicoletta Colombo, direttore del Programma di Ginecologia Oncologica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano -.

Inoltre il 70% delle donne con carcinoma ovarico in stadio avanzato va incontro a recidiva entro due anni. 

I risultati dello studio internazionale SOLO-1 (che ha coinvolto 391 donne) mostrano come il trattamento di mantenimento di prima linea con olaparib riduca la percentuale di recidive nelle pazienti con tumore ovarico BRCA mutato.

I dati di follow-up a cinque anni dallo studio hanno mostrato come olaparib riduca il rischio di progressione della malattia o morte del 67% e aumenti la sopravvivenza libera da progressione ad una mediana di 56 mesi rispetto ai 13,8 mesi del placebo.

A cinque anni, il 48,3% delle pazienti trattate con olaparib è rimasto libero da progressione di malattia rispetto al 20,5% del placebo. L’esecuzione del test BRCA al momento della diagnosi assume un ruolo fondamentale. Solo in questo modo siamo in grado di identificare tempestivamente le pazienti che possono beneficiare di un trattamento in grado di cambiare la storia della malattia e, per la prima volta, con intento curativo in fase avanzata».

Fonte: corriere.it (V. Martinella)

Cristiana Toscano

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