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Addio al posto fisso e agli scatti di fascia per gli statali: intervista esclusiva ad Andrea Bottega

In esclusiva per i lettori di NurseTimes l’intervista al Segretario Nazionale del sindacato Nursind, dott. Andrea Bottega, sulla presunta bozza del nuovo testo unico del pubblico impiego, firmata dal Ministro Marianna Madia e ripresa anche nel nostro articolo “Addio al posto fisso e agli scatti di fascia per gli statali: presentata la bozza del dlgs Madia”

…di Andrea Bottega

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La riforma “top secret” – lo dice la parola stessa – ci sono solo indiscrezioni di stampa che, nell’incontro di martedì 26, la ministra Madia ha definito come le solite notizie giornalistiche infondate e che di bozze ce ne sono tante e con diverse versioni. In sostanza la stessa risposta che ha dato sui precedenti provvedimenti le cui indiscrezioni poi si sono dimostrate veritiere.

Personalmente ritengo che anche qui un fondo di verità ci sia e che l’articolo del Corriere della sera non tocchi quelle più rilevanti (posto fisso e scatti automatici). Tutto sommato la precarietà del posto di lavoro è già presente nell’attuale versione del testo unico basta leggere l’art. 33 e seguenti. Per quanto riguarda gli scatti automatici non so se la bozza si riferisca a quelli dei Magistrati perché nel nostro caso (comparto sanità) tutto è già confluito nel fondo per la contrattazione decentrata.

Ciò che rileva invece, almeno dal punto di vista sindacale, è lo spazio di agibilità che all’interno del novellato dlgs 165/2001 sarà riservato alle organizzazioni sindacali e le materie che saranno oggetto di contrattazione e non più riserva di legge.

Questi, a mio parere, sono i due veri nodi da sciogliere; e la tempistica non è irrilevante.

Sempre nell’incontro di martedì scorso la ministra ha chiesto alle organizzazioni sindacali la disponibilità a “lavorare assieme” (cioè dare un contributo di idee facendo pervenire anche note tecniche) nella stesura dell’atto di indirizzo per il rinnovo dei contratti e nella predisposizione della bozza di revisione del testo unico sul pubblico impiego. Al tavolo non è stata presentata alcuna bozza di provvedimento o di atto di indirizzo su cui lavorare, però non si è mancato di ribadire la necessità di ripartire al più presto con la contrattazione tanto che la ministra ha dato mandato al presidente Aran di convocare entro il 10 settembre i sindacati per raccogliere i pareri per elaborare i testi.

Le dichiarazioni della Madia fatte durante l’incontro e quelle a mezzo stampa confermano la trasmissione agli organi competenti della bozza di decreto per febbraio 2017. Dopo i relativi pareri potrà essere definitivamente emanato.

Come dicevo poc’anzi la tempistica non è irrilevante ed è forse emblematica per intuire dove il governo vuole andare a parare nelle relazioni sindacali. Il combinato disposto di contratto, legge di stabilità, nuovo testo unico (TUPI) va letto nella contingenza del momento politico.

Mi spiego: l’appuntamento cruciale per la vita del governo è il referendum costituzionale sulla legge Renzi-Boschi di riforma di ben 47 articoli su 139 della Costituzione!

Tutto ruota attorno a questa data.

Se vincerà il Sì il governo e le relative politiche sul pubblico impiego sperimentate fino ad oggi saranno rafforzate, se vincerà il No il governo attuale dovrà prendere atto che non ha il mandato popolare per compiere le riforme e dovrà cedere il passo a politiche più vicine alle esigenze, fin qui sacrificate, dei cittadini (compresi quelli che servono la Nazione).

L’ordine cronologico più ovvio dovrebbe essere questo: bozza di nuovo TUPI, aumento delle risorse per il rinnovo dei contratti nella legge di stabilità 2017, atto di indirizzo e apertura della contrattazione.

La bozza di Testo unico deve sicuramente essere antecedente l’apertura dei tavoli contrattuali perché solo sapendo che relazioni sindacali sono definite dalla legge e quali materie sono oggetto di contrattazione si possono scrivere i contratti senza che siano disapplicati un minuto dopo la stipula. Anche la legge di stabilità 2017 deve essere antecedente la contrattazione perché solo conoscendo la disponibilità economica si possono rivedere le retribuzioni dei lavoratori.

Ora, se ipotizziamo come data del referendum costituzionale la fine di ottobre o i primi di novembre pare ovvio che entro tale termine se c’è qualcosa di buono e utile per i lavoratori deve venir fuori per aumentare l’adesione alle politiche governative (i sì) mentre se c’è qualcosa di spiacevole o poco gradito ai dipendenti pubblici sarà meglio rimandare a dopo il voto e intanto adottare una narrazione basata sull’ottimismo e la promessa (nell’ultima conferenza stampa post consiglio dei ministri Renzi ha dichiarato si essere “pronto a dare di più agli statali”, quindi più soldi se si voterà sì al referendum e se ci sarà ancora lui premier…). Se quindi il dlgs novellato vedrebbe una valorizzazione del pubblico dipendente sarebbe disponibile un testo prima del voto referendario e non ci sarebbe bisogno di aspettare febbraio…ma probabilmente così non è.

E i sindacati che fanno?

Forse la risposta a questa domanda è il vero motivo dell’incontro di martedì scorso: la ministra a nome del governo voleva capire che autunno i sindacati del pubblico impiego stanno preparato. Dopo 7 anni di blocco delle retribuzioni e della contrattazione e del turn over saranno incazzati?

Macchè! La CISL ha anticipato tutti e ha subito chiarito con la segretaria Furlan che la riforma è da “sette più” e la Cisl è per il sì al referendum.

La CGIL ha seguito a ruota facendo sapere che la direzione del sindacato ha deciso di non ostacolare il governo. Del resto c’è in gioco la successione alla Camusso e la sfida pare sia tra la neo segretaria della Funzione Pubblica, Serena Sorrentino, e il segretario della Fiom Maurizio Landini che si è schierato apertamente per il NO alla riforma.

Se i due maggiori sindacati del pubblico impiego sono piegati sulle posizioni di governo come pensate sarà l’autunno?

Personalmente, penso che se al referendum costituzionale vinceranno i Sì avremmo una ulteriore stretta sui diritti dei lavoratori e una ulteriore limitazione alla contrattazione e quindi alla possibilità di esprimere al meglio la rappresentanza dei lavoratori.

Viviamo al crepuscolo dell’epoca dei diritti, dove lo Stato non è più la risposta ai bisogni dei cittadini, dove ogni confine è stato abbattuto e riproporlo risulta inutile, dove il consenso è virtuale e si esprime con un clic o un “like”, dove l’economia e la finanza non sono più strumenti per migliorare l’esistenza ma valori che decidono la vita e morte di persone e Stati.

Tutto questo deve farci riflettere sul nostro senso di rappresentanza dei lavoratori e sull’attuazione dei diritti fondanti la Repubblica; una Repubblica fondata sul lavoro, una Repubblica che si impegna a rimuovere gli ostacoli per garantire l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Per questi diritti vale la pena lottare e mobilitarsi perché la dignità della persona umana si esprime anche attraverso il lavoro, la giusta retribuzione e il concorso di ciascuno di noi al progresso della società.

Se i grandi sindacati confederali non sentono la voce dei lavoratori stanchi di essere umiliati nella negazione dei loro diritti, allora propongo che siano i sindacati autonomi della sanità (i veri vincitori dell’ultima rilevazione della rappresentatività) a farsi portavoce di questa indignazione.

 

Giuseppe Papagni

Giuseppe Papagni

Nato a Bisceglie, nella sesta provincia pugliese, infermiere dal 94, fondatore del gruppo Facebook "infermiere professionista della salute", impegnato nella rappresentanza professionale, la sua passione per l'infermieristica vede la sua massima espressione nella realizzazione del progetto NurseTimes...

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