Ospedale Donna e Bambino di Verona, 4 settembre 2020. Ansa Filippo Venezia
Alice non sopravvisse, mentre Benedetta riportò danni irreversibili. Una vita spezzata, l’altra compromessa: due neonate colpite tragicamente dal batterio killer che si era annidato in un rubinetto all’Ospedale della Donna e del Bambino di Verona e che, tra il 2018 e il 2020, uccise quattro neonati e ne colpì altri 96.
A tre anni esatti dall’esplosione dello scandalo Citrobacter, che portò alla clamorosa chiusura del Punto nascite più importante del Veneto, quello di Borgo Trento, per sanificarlo e scongiurare il contagio di altri neonati nel reparto di Terapia intensiva neonatale, la Procura di Verona accelera e chiede il processo per sette indagati.
Con la maxi richiesta di rinvio a giudizio appena depositata dal procuratore reggente Bruno Bruni, su cui spetterà al gup esprimersi (a meno che gli indagati non optino per riti alternativi al processo), vengono confermate, nei confronti dei sette indagati (medici, ex dirigenti, manager dell’ospedale), le accuse di omicidio colposo e lesioni gravissime in relazione a due soli casi di contagio: per Benedetta, la bambina padovana che ha riportato danni irreversibili, e per la morte di Alice, figlia di mamma-coraggio Elisa Bettini.
A rischiare il processo sono: Paolo Biban, allora primario della Pediatria a indirizzo critico); Francesco Cobello, ex dg dell’Aoui; Giuliana Lo Cascio, ex direttrice della microbiologia; Chiara Bovo, ex direttore sanitario; Giovanna Ghirlanda, ex direttore ospedaliero; Stefano Tardivo, del Dipartimento di Igiene e gestione ospedaliera; Evelina Tacconelli, direttrice di Malattie infettive.
Secondo i superperiti della Procura di Verona, la piccola Benedetta è tra i bimbi di cui, se l’ospedale fosse intervenuto adeguatamente, e soprattutto con più tempestività, si sarebbe potuto evitare che venisse colpita e gravemente danneggiata dal Citrobacter.
Alice, invece, non ce l’ha fatta. Era nata prematura, ma sana, il 4 marzo 2020 nella maternità di Peschiera del Garda. Fu poi trasferita nella Terapia intensiva neonatale dell’Ospedale della Donna e del Bambino di Verona. E’ stata l’ultima vittima del batterio che in meno di due anni, tra i 100 bimbi colpiti, ha ucciso Elisabeth, Nina, Leonardo e Alice, provocando danni irreversibili a Davide, Maria, Jacopo, Barbara, Fares e Benedetta.
Al termine della maxi inchiesta i pm di Verona hanno confermato la richiesta di rinvio a giudizio per i casi di Benedetat e Alice, ma chiesto l’archiviazione per i precedenti otto casi più gravi. “Una chiusura delle indagini al ribasso”, ha protestato Francesca Frezza, mamma di Nina, che si è opposta all’archiviazione, chiedendo una nuova consulenza tecnica e la riapertura delle indagini.
Redazione Nurse Times
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