Vaccini anti-Covid nelle comunità residenziali: priorità e modalità di implementazione ad interim nel nuovo rapporto Iss

Il documento fornisce indicazioni utili in merito alla vaccinazione di ospiti residenti e operatori coinvolti.

Dalle comunità socio-assistenziali (Rsa, strutture per disabili e per persone con problemi di salute mentale) alle carceri. Dai centri di prima e seconda accoglienza per stranieri e per italiani ai centri di recupero per le dipendenze patologiche. Dalle case di alloggio per persone con Hiv/Aids alle case famiglia fino alle comunità religiose. Le comunità residenziali nel loro insieme sono accomunate da un elevato livello di rischio di infezione da coronavirus, individuale e collettivo, in conseguenza delle condizioni strutturali e di coabitazione, e pertanto rappresentano una priorità per il raggiungimento degli obiettivi della campagna di vaccinazione anti-Covid.

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Alcune di queste strutture – si pensi alle carceri – presentano fattori di rischio quali sovraffollamento, scarsa ventilazione, impossibilità di mantenere le distanze interpersonali e di isolare i casi. Altre, quali ad esempio i centri di accoglienza, sono caratterizzate da un considerevole turnover della popolazione presente, nonché da mobilità da/per la comunità, e dunque sono particolarmente esposte al pericolo di introduzione dell’infezione e al conseguente verificarsi di focolai epidemici.

Da questo scenario e nell’ambito di un’occasione quale l’emergenza COVID-19 e la necessaria campagna vaccinale di massa, è scaturito il rapporto Iss dal titolo Vaccinazione contro COVID-19 nelle comunità residenziali in Italia: priorità e modalità di implementazione ad interim, in cui gli esperti analizzano le caratteristiche peculiari dei vari e differenti contesti residenziali presenti a livello nazionale, con l’intento di fornire una serie di indicazioni utili a supportare l’implementazione delle strategie per la vaccinazione degli ospiti residenti e degli operatori coinvolti

. Ad esempio:
  • fare in modo che servizi di salute pubblica, quali la vaccinazione, siano culturalmente adeguati, adattati alle caratteristiche specifiche della popolazione oggetto dell’intervento, inclusi gli aspetti legati alla comunicazione e all’informazione;
  • ottenere il consenso informato, indispensabile per la somministrazione del vaccino, in modo tale da garantirne la volontarietà, la corretta informazione e la comprensione da parte della persona delle procedure e dei possibili effetti collaterali anche qualora esistano barriere linguistiche, culturali o cognitive;
  • mettere a punto strategie per superare nella popolazione fragile e vulnerabile barriere di tipo finanziario, linguistico, culturale, logistico, ecc., contribuendo in tal modo ad obiettivi quali l’equità di accesso a servizi di prevenzione e la lotta alle disuguaglianze in salute, come previsto dai Sustainable Development Goal.

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