Una goccia di rossa speranza: ciò che bisogna sapere sulla donazione di sangue

La donazione di sangue consiste in un atto volontario di cessione di una parte del proprio volume di sangue

Ogni anno, migliaia di persone vengono ricoverate presso le strutture sanitarie per problemi ematologici, dall’anemia alle patologie neoplastiche che colpiscono l’organismo, tenendo in considerazione anche i contesti traumatici ed interventi chirurgici

Tutte condizioni che richiedono come trattamento minino delle trasfusioni di sangue.

Eppure, puntualmente ogni anno, intere regioni si ritrovano, nel senso letterale, “prosciugate” ed hanno la necessità di promuovere campagne di donazione sangue, appunto perché scarseggia e non vi è abbastanza per trattare questi contesti patologici.

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Ma in tutto ciò…

Cosa si fa in una donazione sangue?

La donazione di sangue consiste in un atto volontario di cessione di una parte del proprio volume di sangue, da destinarsi poi per l’esecuzione di trasfusioni laddove vi sia effettivamente la necessità. Bisogna svolgere la distinzione iniziale tra donazione sangue intero, donazione mediante aferesi, e donazione multicomponente (in soluzioni additive): la prima, prevede la raccolta di un volume di 450 mL, al netto della soluzione anticoagulante impiegata. Eccezionalmente, in casi particolari e motivati ed ai fini dell’utilizzo dell’unità è possibile accettare uno scostamento del 10% del volume. Dovrebbe avere una durata complessiva di circa 10 min. La seconda, prevede la raccolta di emoderivati tramite il meccanismo dell’aferesi (ha una durata maggiore, che oscilla tra i 90-120 min) e si distingue, a sua volta in:

  • Plasma, volume tra 600-700 mL;
  • Piastrine, volume adeguato a contenere un minimo di 3,0 x 1011 piastrine per unità;
  • Granulociti, volume massimo di 400 mL, con un contenuto da a 3 x 108 granulociti per Kg di peso del ricevente.

Tutti possono donare o ci sono delle eccezioni?

All’interno di questo processo, chiaramente vi sono dei criteri d’inclusione ed esclusione per gli aspiranti donatori. Per quanto riguarda i criteri d’inclusione abbiamo:

  • Età compresa tra 18 e 65 anni
  • Peso non inferiore a 50 Kg
  • PA sistolica inferiore o uguale a 180 mm di mercurio
  • PA diastolica inferiore o uguale a 100 mm di mercurio
  • FC regolare, compresa tra 50 e 100 battiti/minuto
  • Hb > 13,5 g/dL nell’uomo
  • Hb > 12,5 g/dL nella donna

A questi, che sono ritenuti i requisiti generali, si aggiungono poi condizioni ed eccezioni particolari: i soggetti di età superiore ai 65 anni (fino a 70 anni) possono eseguire una donazione previa valutazione clinica del medico responsabile; i donatori eterozigoti per alfa o beta talassemia possono essere accettati per la donazione di sangue intero, nell’ambito di protocolli definiti dal Servizio Trasfusionale, con valori di emoglobina non inferiori a 13 g/dL nell’uomo e 12 g/dL nella donna; i soggetti rilevati portatori di emocromatosi, con documentazione clinica di assenza di danno d’organo, possono essere accettati per la donazione di sangue intero.

L’attuale Normativa non porta riferimenti al digiuno predonazione; pertanto in assenza di indicazioni, fa fede quanto previsto dal Comitato degli Esperti del Consiglio d’Europa: “Il digiuno prima del salasso non è strettamente necessario, salvo particolari condizioni pre-analitiche raccomandabili in alcuni esami di controllo (es. glicemia); può essere ammessa una leggera colazione”.

Dopo la donazione il donatore deve osservare adeguato riposo sulla poltrona o sul lettino da prelievo e ricevere congruo ristoro comprendente l’assunzione di liquidi in quantità adeguata. Al donatore debbono inoltre essere fornite informazioni sul comportamento da tenere nel periodo post-donazione.

Il numero massimo di donazioni di sangue intero nell’anno non deve essere superiore a 4 per l’uomo e per la donna non in età fertile, a 2 per la donna in età fertile. L’intervallo tra due donazioni non deve essere inferiore a 90 giorni.

Invece i criteri d’esclusione sono:

Nota 1: Sono permanentemente esclusi i soggetti che hanno ricevuto trapianto di cornea, sclera o dura madre, o che sono stati trattati con estratti della ghiandola pituitaria, o con antecedenti medici o familiari che comportano un rischio di contrarre TSE (demenza a rapida progressione, malattie neurologiche degenerative comprese le patologie di origine sconosciuta); i soggetti che hanno soggiornato per più di sei mesi cumulativi nel Regno Unito nel periodo 1980-1996; i soggetti che hanno subito intervento chirurgico o trasfusione di sangue o somministrazione di emoderivati nel Regno Unito dal 1980 al 1996. (quesito presente nel questionario d’ammissione)

La donazione è una procedura dolorosa?

Il dolore che il donatore percepisce deriva fondamentalmente dall’inserimento del device medicale (agocannula di calibro grande) per l’attuazione della procedura; poi, se si seguono gli accorgimenti che il personale sanitario esperto ci comunica, non si dovrebbe andare incontro ad alcuna problematica (sono tipici l’intorpidimento, lo stato di debolezza e la lieve ipotensione perché l’organismo cerca di adattarsi alla lieve riduzione di sangue avvenuta). Ma che prezzo ha, il dare la possibilità ad altri di poter stare meglio?

La sensazione, la soddisfazione, la percezione del dono a fin di bene, la condivisione…tutte queste emozioni non hanno alcun prezzo e superano la barriera della paura di tale procedura.

DONATE! A presto colleghi!

 

Pasquale Fava

Redazione Nurse Times

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