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Ulss 2 Marca Trevigiana, l’infermiera Fanni Guidolin si dimette: “Sono stata calpestata”

Diffidata dall’Azienda per aver pubblicato su Instagram alcuni video in cui parlava di sessualità, la professionista ha deciso di rassegnare le dimissioni. La nostra intervista.

Ha destato parecchio clamore la vicenda legata alle dimisioni di Fanni Guidolin, infermiera enterostomista, specialista nella riabilitazione del pavimento pelvico e team leader enterostomisti dell’Ulss 2 Marca Trevigiana. E’ lei stessa, da noi contattata, a riepilogare l’accaduto: “Tutto è nato da alcuni video, da me pubblicati su Instagram, in cui parlo di sessualità dal punto di vista comportamentale, con uno scopo puramente educativo e informativo. In quei video, girati nel mio giardino, fuori dall’orario di lavoro, affronto l’argomento in modo molto diretto, senza tabù, con leggerezza, ma in modo mai volgare. Anzi, con un linguaggio assolutamente professionale, giacché ho anche conseguito un diploma di consulente sessuale che mi attribuisce competenze avanzate in materia”.

Qualcuno, però, ci ha visto qualcosa di male: “Quei video, lo ribadisco, erano animati da un nobile intento, ossia quello di far avvicinare all’argomento soprattutto i giovani, che spesso confondono la sessualità con il sesso porno.

Eppure hanno destato lo sdegno di qualcuno, che non ho ancora individuato e che ha ritenuto di dover segnalare la cosa al direttore generale dell’Ulss (Francesco Benazzi, ndr), il quale, anziché chiamarmi per un confronto diretto, mi ha mandato una diffida, intimandomi di non pubblicare altri contenuti social ‘lesivi dell’immagine aziendale’ e di non parlare nemmeno con la stampa”.

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Uno sviluppo della vicenda che Fanni non si sarebbe mai aspettata: “Sono caduta dalle nuvole, anche perché una diffida dovrebbe essere una questione interna, e invece è arrivata ai giornali. che hanno chiamato il direttore generale per saperne di più. E lui ha rilasciato dichiarazioni gravissime, anche alle tivù locali. Dichiarazioni che mi hanno ferito profondamente”.

Ecco alcune delle frasi attribuite dagli organi di informazione al direttore Benazzi: “I video sono un po’ spinti”; “Come dipendente sanitaria, serve anche un certo decoro… Senza bisogno di fare le pose”; “Non mi pare una cosa corretta che un’operatrice sanitaria, né psicologa né sessuologa…” (Il Gazzettino).

Oppure: “Un conto è fare corsi per spiegare a parole, un conto sono i video in cui vengono mimate pose di pratiche sessuali”; “Fare un corso di sessuologia è altro rispetto a questo. Si fa un po’ fatica a concepire una cosa di questo tipo” (Corriere del Veneto). E ancora: “La signora non è né una psicologa né una psicoterapeuta”; “Deve fare l’infermiera”; “E’ solo un richiamo per riaggiustare ciò che sta facendo dal punto di vista visivo” (Antenna Tre).

“Ciò che il direttore evidentemente non si aspettava – riprende Fanni – è la risonanza non solo mediatica, ma anche social delle sue dichiarazioni, contro le quali i miei follower sono subito insorti, difendendomi come persona e come professionista, ma anche ringraziandomi per l’utilità di quei video. A quel punto lo stesso direttore ha fatto marcia indietro, dichiarando che era stato tutto chiarito e che potevo tornare a esprimere liberamente le mie opinioni. Tengo a ribadire che, rispetto a quanto mi era stato contestato, non è emersa alcuna rilevanza di inappropriatezza della forma e del contenuto. Nè è emerso un mio comportamentpo lesivo dell’immagine o contro il regolamento”.

Questa, nel dettaglio, la posizione assunta dall’Ulss in una nota diffusa dopo le dimissioni dell’infermiera: “L’Ulss 2 prende atto delle dimissioni della dottoressa Fanni Guidolin, rassegnate nonostante l’esito positivo della vicenda.

In relazione alla vicenda stessa si sottolinea come la divulgazione della notizia della diffida non sia in alcun modo riconducibile all’Azienda sanitaria. L’Ulss 2 ha sempre ribadito alla dottoressa Guidolin, come sottolineato nel comunicato congiunto dei giorni scorsi, la possibilità di esprimere le sue opinioni, nel rispetto dei doveri di continenza e delle regole dei codici di comportamento che presidiano il rapporto di lavoro pubblico”.

A quel punto, però, Fanni aveva già maturato la sua decisione: “Per tre notti ho elaborato il trauma derivante dalla diffida. Da ‘fiore all’occhiello dell’Azienda’, come lo stesso direttore generale mi aveva in precedenza definito, sono diventata un problema.

Ho riflettuto sulla mia carriera, sul mio impegno al servizio di tante nobili cause, come ad esempio quella della Lilt (Lega italiana per la lotta contro i tumori, ndr), e ho capito di non poter restare neanche un giorno in più nei ranghi dell’Ulss 2 Marca Trevigiana. Per questo ho rassegnato le dimissioni: non potevo accettare di essere stata calpestata”.

Una decisione accompagnata da amare riflessioni: “Chi possiede competenze avanzate dà spesso fastidio. Se sei un professionista ambizioso, l’ospedale non è il posto per te. Sebbene non te lo dicano chiaramente, ti fanno capire che devi restare in silenzio, mantenere un profilo basso. Ciononostante, voglio lanciare un messaggio agli infermieri che studiano per ottenere una specializzazione, per conseguire un master, e lo lancio anche nella mia veste di docente dell’Università di Padova, dell’Università Bicocca di Milano e dell’Università di Ferrara, oltre che di ambasciatrice italiana Board of Ostomy in Europa: non smettete di credere nelle vostre competenze, nella vostra vocazione”.

Fanni continuerà a prestare servizio in tre ospedali del territorio (Castelfranco Veneto, Montebelluna e Treviso) fino al 16 gennaio 2023. E poi? “Non ho ancora cominciato a far girare il mio curriculum, ma ho gia ricevuto cinque importanti proposte da ambulatori privati e ospedali che accolgono i liberi professionisti, riconoscendone le comptetenze. Di sicuro non lavorerò mai più come dipendente, ma apriro partita Iva. Non ho paura di rimettermi in gioco, e in tal senso mi danno forza gli attestati di stima e di solidarietà che ho ricevuto da tanti pazienti e da tanti colleghi”.

Ma c’è la possibilità che questa vicenda abbia una coda giudiziaria? “Ci sto seriamente pensando, anche perché la diffida e l’essere sbattuta sui giornali mi hanno fatto stare tanto male da dovermi rivolgere a uno psicoterapeuta. Avevo smesso di mangiare e di dormire. Insomma, un vero incubo. Prima di adire le vie legali, però, voglio capire se ciò possa aiutarmi a stare meglio o, al contrario, rappresentare un’ulteriore fonte di stress”.

Redazione Nurse Times

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