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Tumore al seno, Aifa approva tucatinib come terza linea di trattamento per la fase avanzata

Il nuovo farmaco, in combinazione con l’anticorpo monoclonale trastuzumab e chemioterapia (capecitabina), risulta particolarmente efficace contro le metastasi cerebrali.

L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha approvato la rimborsabilità di tucatinib come terza linea di trattamento per la fase avanzata del tumore al seno, destinata cioè a chi ha una progressione della malattia dopo due precedenti terapie. Il nuovo farmaco è mirato contro la proteina HER2 e risulta particolarmente efficace contro le metastasi cerebrali.

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“Secondo le ultime stime, in Italia vivono oltre 50mila persone, prevalentemente donne, con un tumore del seno metastatico – afferma Lucia Del Mastro, ordinario dell’Università di Genova e direttore della Clinica di Oncologia medica dell’Irccs Ospedale Policlinico San Martino –. Di queste, circa il 15% presenta la forma di tumore al seno detta HER2 positiva, che è particolarmente aggressiva, ma contro cui dal 2000 abbiamo diverse armi terapeutiche mirate”.

Nella maggior parte dei casi il carcinoma mammario metastatico non può essere ancora guarito, ma è possibile tenerlo sotto controllo per lunghi periodi, proprio grazie a queste terapie. “Resta però un forte bisogno clinico di armi ancora più efficaci per le pazienti con carcinoma della mammella metastatico HER2 positivo, già trattate con le opzioni terapeutiche standard – aggiunge l’esperta –. Questo tipo di tumore, infatti, tende a ripresentarsi e fino al 50% delle pazienti sviluppa metastasi cerebrali”.

Tucatinib è un inibitore tirosin-chinasico di nuova generazione che agisce bloccando la replicazione delle cellule tumorali con un meccanismo d’azione diverso rispetto alle altre terapie disponibili. Mostra un importante vantaggio non solo nel controllo di malattia, ma anche nella sopravvivenza, soprattutto nelle pazienti con metastasi encefaliche sia stabili che attive. E’ stato approvato in combinazione con l’anticorpo monoclonale trastuzumab e chemioterapia (capecitabina).

Nello studio HER2CLIMB, che ha portato alla sua approvazione, la sopravvivenza globale mediana a due anni è stata di 24,7 mesi con il regime a base di tucatinib, rispetto a 19,2 mesi del gruppo di controllo. Dopo questo periodo, era vivo il 51% dei pazienti vs il 40%. Inoltre il 29% di pazienti trattati con tucatinib non aveva riscontrato una progressione di malattia, rispetto al 14% del gruppo di controllo (e questi benefici si aggiungono a quelli già ottenuti con le prime due linee di trattamento). Infine la combinazione ha mostrato un’elevata tollerabilità

, mantenendo o migliorando la qualità di vita.

“Tucatinib ha permesso di ridurre il rischio di morte del 34% in tutta la popolazione studiata, e addirittura del 52% nelle pazienti con metastasi cerebrali – spiega Michelino De Laurentiis, direttore del Dipartimento di Oncologia senologica e toraco-polmonare dell’Istituto Nazionale Tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli –. E’ infatti una piccola molecola in grado di superare la barriera emato-encefalica e raggiungere il cervello, per bloccare direttamente lo stimolo di proliferazione della proteina HER2”.

L’approvazione europea della combinazione con tucatinib era avvenuta nel febbraio 2021 e l’Italia è stata abbastanza celere nello stabilire la rimborsabilità, arrivando prima di Spagna e Francia. Affinché però le pazienti ricevano le terapie più appropriate, non solo dal punto di vista farmacologico, è fondamentale che siano prese in carico all’interno delle Breast Unit e che si attivi una collaborazione con il medico di base e le strutture sanitarie del territorio.

“Le pazienti con malattia metastatica devono essere prese in carico da un team multidisciplinare, cioè dai centri di senologia in grado di intercettare e soddisfare il loro bisogno di cura globale e nel lungo periodo – precisa Giuseppe Curigliano, professore di Oncologia medica all’Università di Milano e direttore della Divisione Sviluppo di nuovi farmaci per terapie innovative all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano –. Nell’ottica di avviare un percorso di convivenza con una malattia cronica come il tumore mammario metastatico è fondamentale valorizzare il punto di vista della paziente per disegnare in maniera sartoriale l’iter di cura. Gli studi clinici, infatti, stanno sempre più includendo tra i loro obiettivi la valutazione della qualità di vita e degli esiti del trattamento riferiti dal paziente”.

Redazione Nurse Times

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