Tatuaggi: l’abusivismo in era Covid e il rischio melanoma

Gli operatori del settore chiedono una regolamentazione ad hoc e una formazione adeguata per poter esercitare.

Una persona su quattro si pente della scelta di essersi praticata tatuaggi. La “marcia indietro”, però, non è una scelta facile in un settore che, specialmente a causa delle chiusure per l’emergenza Covid, ha visto dilagare l’abusivismo, con aumentati rischi sanitari. Tanto chei tatuatori lanciano un appello per un progetto di legge che regolamenti tutto il settore e la richiesta di una formazione adeguata per poter esercitare.

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La denuncia, non a caso, viene dal webinar “Il melanoma nascosto nel tatuaggio”, organizzato dall’Intergruppo Melanoma Italiano (IMI). Proprio la diagnosi di melanoma, tumore della pelle particolarmente aggressivo, può essere non facile nella pelle ricoperta dai tatuaggi, per la difficoltà di individuare o valutare il neo sospetto. E la pratica del tatuaggio comporta anche altri rischi: il 3,3% dei tatuati ha palesato una complicanza più o meno importante, percentuale che sale al 6,6% in caso predominino gli inchiostri rossi o gialli. Il tatuaggio è una moda che ha contagiato il 20% della popolazione europea, pari a oltre 60 milioni di persone.

“Di questi – dichiara Ignazio Stanganelli, presidente IMI e direttore della Skin Cancer Unit IRCCS – Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori –, 7 milioni sono italiani. Le donne sono un po’ più degli uomini, ma non sappiamo quanti sono quelli che hanno tatuaggi estesi su ampie aree corporee, che sono quelli che più facilmente possono nascondere un neo sospetto”.

Una moda che, ed è motivo di allarme, ha contagiato anche i minori, perchè il 7,7% di chi si è sottoposto a questa pratica ha tra i 12 e i 18 anni. “Un dato preoccupante – è stato spiegato nel corso del webinar –, visto che i tatuaggi si possono eseguire solo dai 16 anni in poi e occorre comunque una liberatoria scritta dei genitori”. In questo frangente è fondamentale più che mai anche il ruolo nel campo dell’informazione fornita delle associazioni dei pazienti.

“Un adeguato programma divulgativo – conclude Giovanna Niero, presidente dell’Associazione Italiana Malati di Melanomafavorirebbe la consapevolezza dei rischi e funge da guida per un migliore stile di vita, potenziando la relazione tra clinici ed utenti”.

Redazione Nurse Times

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