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Stipendi di infermieri e oss in Rsa: Confsal e Snalv Confsal contro le disparità regionali

Lettera al ministro Calderoli e alla Conferenza delle Regioni per chidere l’apertura di un tavolo di confronto che porti a un’armonizzazione degli stipendi su scala nazionale.

Confsal e la sua federazione di categoria, Snalv Confsal, scrivono una nota al ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli e alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano per segnalare la disparità di trattamento economico tra i lavoratori italiani del settore socio-sanitario-assistenziale e chiedere l’apertura di un tavolo di confronto al fine di trovare un’armonizzazione degli stipendi su scala nazionale

I sistemi di tariffazione adottati dalle Regioni per l’erogazione dei servizi socio-sanitari-assistenziali-educativi variano da una regione all’altra, con ricadute significative non soltanto sull’organizzazione dei servizi e sulla qualità delle prestazioni erogate, ma anche sulle condizioni di lavoro del personale impiegato. La disomogeneità tra stipendi vigente ha comportato pesanti ripercussioni sulla qualità del lavoro svolto in Rsa, residenze protette, case di cura, comunità terapeutiche e varie strutture socio-sanitarie.

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I lavoratori hanno pagato pesantemente le difficoltà finanziarie del comparto, svolgendo turni spesso massacranti e percependo una retribuzione nettamente inferiore rispetto ai colleghi che, a parità di professionalità e mansioni, svolgono la medesima prestazione lavorativa presso strutture pubbliche.

“Sinora la crisi del settore è ricaduta interamente sui dipendenti, costretti a svolgere spesso turni massacranti – dichiara Maria Mamone, segretario generale Snalv Confsal, che insieme a Raffaele Margiotta, segretario generale Confsal, ha indirizzato la nota alle istituzioni regionali -. Inoltre le loro retribuzioni sono nettamente inferiori ai colleghi che, a parità di mansioni e professionalità, lavorano nel pubblico impiego”.

Il problema deriva dall’abbondanza di norme e tariffe diverse, spesso non aggiornate, che non consentono alle parti sociali di prevedere, a livello nazionale, trattamenti retributivi e normativi adeguati alla professionalità dei lavoratori. La situazione è complessa, ma non insormontabile.

“Serve subito una regia nazionale che, in accordo con le Regioni, stabilisca un sistema di accreditamento unico per tutto il Paese – affermano Mamone e Margiotta -. Confsal e Snalv Confsal si dichiarano sin da subito disponibili a un’armonizzazione retributiva del Ccnl di categoria nelle Regioni in cui sarà possibile raggiungere tale scopo”.

E ancora: “L’obiettivo comune di tutte le parti deve essere, a nostro avviso, la garanzia di una parità di trattamento tra i profili professionali che svolgono medesime mansioni, a prescindere dallo specifico comparto in cui sono impiegati (sanità pubblica, sanità accreditata, sanità privata, socio-sanitario-assistenziale-educativo accreditato). Soltanto in questo modo si riuscirà a garantire un servizio adeguato agli utenti fragili, programmando, altresì, uno sviluppo del comparto a medio-lungo termine in relazione all’incessante incremento del fabbisogno”.

Confsal e Snalv Confsal chiedono l’impegno urgente della Conferenza delle Regioni, che possa fungere da apripista ai decreti che il Governo deve adottare entro il prossimo 31 gennaio 2024, in attuazione della riforma sull’assistenza agli anziani.

“Ci stiamo battendo nei tavoli regionali per consentire il miglioramento delle condizioni lavorative dei dipendenti, che serve sia a evitare fughe di massa verso il comparto pubblico, come abbiamo assistito negli ultimi tempi, sia a fronteggiare l’incessante incremento del fabbisogno di servizi, derivante da una popolazione sempre più anziana”, conclude Mamone.

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