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Stefania Giacomini: cari infermieri, siate il più “umani” possibili

Giornalista professionista ex RAI oggi direttore della web tv Goodinitaly sulle eccellenze italiane di ogni campo, vicepresidente di Italian Talent Association, promotrice del prestigioso premio ITA per il giornalismo e le personalità dell’enogastronomia e del design italiano, vicepresidente dell’UNGP, autrice di 3 libri (“Il successo vien con l’abito”, “Alla scoperta del set” e “Moda e mass media”), docente a contratto all’Università “La Sapienza”, docente onorario all‘Università di Lusong in Cina: si presenta così Stefania Giacomini, in un’intervista esclusiva per Nurse Times.

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L’infermiere è per la giornalista una figura professionale essenziale per la cura del paziente indicata dal medico o chirurgo, che può agire solo successivamente al loro consenso, e afferma che il relativo titolo accademico, come ogni altro, è valido se corrisponde alla capacità pratica della professione che si viene chiamati a svolgere. Altrimenti è carta straccia.

“Durante la mia vita – afferma la Giacomini – per 17 anni ho seguito mia madre affetta dal Morbo di Alzheimer; ho incontrato infermieri di ogni tipo sia del servizio sanitario pubblico che di quello privato, e in genere ho trovato professionalità.

In seguito ho perso mio padre, proprio quest’anno, a 90 anni, dopo un periodo di sofferenza per lui, ospite della struttura convenzionata “Quinta Stella” ed ho potuto constatare che il personale è stato molto vicino a lui e a me anche nei momenti difficili compreso il suo decesso.

Sicuramente è vero che avere più infermieri preparati e professionali riduce rischi per il paziente, oggi manca proprio questo tipo di figura nella sanità. L’unico consiglio che si può dare ai politici è ‘meno parole e più fatti’ soprattutto nel settore sanitario.”

Concludendo l’intervista, lascia un messaggio per tutti gli infermieri: ”Cari infermieri, il vostro ruolo è delicato, la vostra professionalità indispensabile ma un vostro sorriso allevia molto spesso la sofferenza. Ecco il consiglio che darei: essere, per ciò che si può fare, il più ‘umani’ possibili. Restare tanti mesi in un ospedale o clinica è sempre molto spiazzante per il paziente che cerca una parola di conforto oltre che efficienza: familiari e parenti arrivano solo per poche ore la settimana, mentre voi siete un’altra ‘famiglia’ dove si condividono dolori e gioie, vittorie e sconfitte sulle malattie più gravi”.

Savino Petruzzelli

Redazione Nurse Times

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