Solo il 38% dei medici di famiglia si è detto disposto a fare tamponi rapidi. Inoltre, non solo un dottore su tre vuole fare tamponi rapidi, ma di questi molti sono quelli che stanno aspettando che la propria Asl indichi un luogo più sicuro del proprio studio dove effettuare i test sui propri pazienti senza rischiare di infettare chi è in sala d’attesa.
Se Valle d’Aosta e Trento dichiarano di aver avuto il 100% di adesioni, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata e Sardegna non sanno ancora quanti dottori potranno contare perché gli accordi territoriali con i diretti interessati li hanno da poco firmati (riporta La Stampa – P. Russo). Intanto, il Piemonte è fermo al 35%, la Lombardia al 25, la Toscana al 16 e le Marche all’8%.
Nella gestione dell’emergenza la grande assente la medicina del territorio. Esempio palese: sulla carta, in molte occasioni, è rimasta la figura dell’infermiere di famiglia. Dei 9600 infermieri da assumere, con gli 818 milioni stanziati per il biennio 2020-21 dal Decreto agosto, ne sono stati arruolati a malapena il 10% (meno di un migliaio). Ora gli ospedali sono sono al collasso e arriva anche l’accusa alle Regioni della Corte dei Conti.
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