Ecco, siamo arrivati al quinto convegno Slow nursing. Qualcuno che ha fede potrebbe pensare che è un risultato miracoloso. Invece, più semplicemente, questo percorso esprime l’impegno e la tenacia di alcune persone convinte della necessità di realizzare uno spazio di pensiero utile alla riflessione sulla professione infermieristica e la società, anche se in questi anni diversi ostacoli si sono frapposti alla realizzazione del progetto. Ma forse proprio gli ostacoli hanno permesso al movimento di riflettere ed elaborare maggiore consapevolezza riguardo identità e condivisione dei principi, e infine hanno determinato una spinta indispensabile per arrivare sin qui.
Il vissuto di questi anni ha indotto il movimento a una profonda elaborazione, che ha sortito i principi fondativi. Tra questi spiccano, e divengono fattore discriminante per l’adesione, “onestà, coerenza, generosità”. Tutti e tre sono indispensabili e devono essere compresenti per divenire infermiere, divenire cittadino. Ed ecco svelato il nostro compito: innescare una riflessione sul significato di cura nella società e su quale ruolo debba avere l’infermiere, come pure il cittadino. Questo convegno è indicato a chi è veramente motivato a condividere il pensiero per contribuire alla comprensione della situazione attuale, partendo certamente dalle esperienze del passato per poter edificare la memoria del futuro.
Orgoglio e tenerezza
“Orgoglio” non come presunzione e ostentazione, ma come legittima fierezza per la dignità della propria vita e della professione. Ora per l’infermiere parlare di orgoglio, in una società dove sono sempre più diffuse precarietà e schiavitù, sembrerebbe non avere senso. È invece necessario attivare proprio questo sentimento per recuperare, se non addirittura acquisire, la dignità professionale e, di conseguenza, l’indispensabile e dovuto riconoscimento sociale.
“Tenerezza” come attenzione alla cura dell’altro e soprattutto di noi stessi. Perché per curare gli altri non si può essere malati o sofferenti. “Tenerezza” come attenzione al destino dell’altro, di cui bisogna prendersi cura e in cui, nel contempo, infondere empatia, rispetto e impegno nella condivisione della cura. Perché “l’altro” di oggi potremmo essere “noi” domani.
Luciano Urbani
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